Il Coronavirus ci ricorda la peste di manzoniana memoria
In questi giorni sto tornando indietro nel tempo, cioè sto ringiovanendo un pò, perché rivivo i tempi del ginnasio, quando in V°, al Liceo Ginnasio “P.Giannone” di Benevento, studiavamo e commentavamo “I promessi Sposi” di Alessandro Manzoni.
Il tema centrale era in realtà l’amore effimero e temporaneo di Don Rodrigo, signorotto del luogo, nei confronti di una ragazza di paese, di nome Lucia Mondella, prossima alle nozze con il proprio fidanzato, Renzo Tramaglino. Dal momento in cui Don Rodrigo apprezza le bellezze della ragazza, inizia il racconto, che come tutti sappiamo ha un risvolto patriottico, poiché è storicamente ambientata nella Milano spagnola, ma il Manzoni voleva far riferimento, al tempo in cui fu scritto, alla dominazione austriaca nel Lombardo-Veneto. Infatti l’autore afferma: “Così vanno le cose o meglio così andavano…”. Un romanzo storico dunque in cui ritroviamo alcuni personaggi del tempo realmente vissuti, nel racconto degli avvenimenti del tempo.
Grande spazio viene dato anche alla epidemia che sconvolse e martoriò la Lombardia del tempo, ma soprattutto l’autore sottolinea come essa arrivò in città…
Oggi, la peste di Milano che Manzoni racconta ed inquadra in un più grande disegno divino, torna più che mai alla ribalta: in realtà nessuno di noi avrebbe mai potuto pensare alla situazione che si è creata rapidamente, silenziosamente, senza alcun preavviso: ci troviamo ora a combattere una “guerra”, senza conoscere il nemico che si materializza nei nostri simili e che non sappiamo dove e quando ci colpirà.
Io per prima avevo sempre pensato che l’uomo con la sua intelligenza, la sua capacità, il suo sapere avrebbe avuto sempre il controllo di tutto, affidandosi alla scienza ed alla tecnologia che hanno compiuto passi giganteschi. Mi ritenevo al sicuro di tutto, perché spesso le malattie sono state curate, alcune debellate, altre controllate, ma non avrei mai pensato ad una epidemia, o peggio ancora ad una pandemia.
Credo che tutti noi siamo stati presi quasi alla sprovvista o comunque convinti che tutto si sarebbe risolto, in breve tempo, senza alcun sconvolgimento.
Il Corona Virus–Covid 19, invece, ci ha fatto cambiare idea su tutto ed in brevissimo tempo, lasciandoci sconcertati, meravigliati, increduli. Eppure è accaduto e accade ancora oggi. Ogni giorno la Protezione Civile comunica un bollettino di resoconto di questa guerra: contagiati, morti, guariti, tamponi eseguiti, mappa del contagio.
E qui credo che siamo tornati ai bollettini di guerra, ascoltati alla radio dai nostri genitori e nonni, durante l’ultimo conflitto mondiale, con il fiato sospeso, con la speranza nel cuore di sentire presto nominare la parola: “Fine”.
Abbiamo dunque approntato le prime misure di sicurezza, iniziando con l’isolamento domiciliare delle persone sospette, senza praticare il tampone, per poi solo in caso di conclamati sintomi, passare ad effettuare i tamponi. Una volta ottenuto il risultato positivo si è proceduto con il ricovero in ospedale e nei casi più gravi all’intubazione dei pazienti.
In tutto questo, in prima linea, non dobbiamo dimenticare tutti gli operatori sanitari, che vivono anch’essi questa situazione con enorme disagio e forse anche con la paura del contagio. Nel compimento del loro dovere, che in questo caso fa di loro dei veri e propri eroi, non devono essere assolutamente dimenticati.
Di qui, il grido di tutti gli operatori sanitari affinché vengano fatti i tamponi a tutti coloro i quali si sono trovati esposti al contagio, anche per poterli rassicurare sullo stato di salute. Abbiamo tutti il dovere di riguardarci, ma i medici e gli infermieri devono recarsi negli ospedali, nelle case di cure, di riabilitazione, esponendosi al pericolo.
I recenti fatti di cronaca che hanno visto protagonista la nostra città con il caso di Villa Margherita, un importante centro di riabilitazione, in cui, zitto zitto, si è insinuato il virus provocando il contagio di ben 52 persone, di cui 27 fuori provincia e 25 di Benevento, Apollosa, Calvi, Circello, Montesarchio, Pago Veiano, Paolisi, Pontelandolfo, S. Giorgio Del Sannio, Torrecuso.
Moltissime dunque le persone che, ignare, hanno visitato la struttura: familiari, amici, operatori sanitari a vario titolo, alcuni dei quali attendono a volte anche con sintomi conclamati, l’esito del tampone.
Analoga situazione si è verificata presso il Centro Minerva srl di Ariano Irpino, che offre trattamenti riabilitativi, anche in regime ambulatoriale e residenziale, che come sappiamo è situato in una cittadina definita “zona rossa”, già da molto tempo e dove i primi 23 contagiati, sono stati trovati positivi al corona virus. Immediatamente i malati sono stati trasferiti al P.O. “Frangipane” di Ariano Irpino, per le cure del caso. Il 1 aprile però è scoppiato il grido d’allarme delle operatrici del centro che, dopo cinque giorni di stremato ed ininterrotto lavoro, hanno chiesto assistenza per loro stesse, focalizzando l’attenzione anche sulla possibilità di esse sostituite.
Un insieme di problematiche, in una situazione in cui ci sentiamo vulnerabili, ma, come ha sottolineato il governatore De Luca, i tamponi devono essere fatti in primis ai sanitari. Non possiamo permetterci di perdere altre vite umane. Interessante è stato anche il SILC, il Sindacato Italiano Lavoratori Confederati, che, a questo proposito, ha sollecitato l’intervento delle autorità, in un’azione comune ed efficace.
A questo punto dobbiamo augurarci che questa pandemia finisca al più presto, anche se la nostra virologa. Dott.ssa Ilaria Capua, ha detto che ci sono “zero possibilità che questo virus scompaia con l’estate”, mentre l’OMS ha affermato: “Questa lotta è ancora lunga”.
Per il futuro, dobbiamo pensare che il nostro mondo può essere sconquassato da un momento all’altro da future epidemie, che inevitabilmente, vista la circolazione repentina e costante di persone e merci, potrà nuovamente sorprenderci, ma la prossima volta dovremo essere preparati, con ospedali più attrezzati, ricercatori pronti a studiare i vari virus e batteri che ci aggrediranno. Dovremo ricordarci per tempo della sanità, della ricerca, della prevenzione, incoraggiando i giovani a rimanere in Italia, dove la sperimentazione è possibile.
Un ringraziamento particolare dobbiamo anche alle forze dell’ordine, che in questo momento non sono rimaste chiusi in casa, ma sono costantemente presenti sul territorio, esposte al contagio, come accaduto a quel carabiniere, cardiopatico, che è deceduto alcuni giorni fa.
Proprio ieri a Benevento vi è stato un singolare episodio, quando un signore 58enne, sospetto contagiato, è fuggito dal P.S. dell’Ospedale “S. Pio” di Benevento, perché colto da una crisi di panico. E’ stato raggiunto dalla Polizia Municipale presso il parcheggio del Supermercato Carrefour ed è stato infine, con l’autoambulanza, riaccompagnato in ospedale. Grande è dunque la preoccupazione di ognuno di noi, così come è facile cadere nel panico, nella solitudine, nella disperazione più totale.
A tal proposito l’Inail, agendo in stretta cooperazione con la Protezione Civile, ha già varato nel mese di marzo, le opportune indicazioni per le denunce d’infortunio sul lavoro, occorsi agli operatori sanitari, ivi compreso il trattamento dei casi mortali, casi che, fino al momento in cui scriviamo, sono nel numero di 80 medici e di 25 infermieri.
Da ora in poi, ogni volta che entreremo negli ospedali, ricordiamoci della scelta di vita fatta dai sanitari, che hanno messo la loro vita a disposizione della nostra.
Maria Varricchio