La Chiesa e il coronavirus: riflessioni sulla sospensione delle messe
Gianluca Martone torna a parlare della sospensione dei riti religiosi disposta anche nel Sannio per fronteggiare la diffusione dell’epidemia di coronavirus, una scelta che Martone ritiene incomprensibile proprio perché una chiesa “non è un luogo di rischio, ma un luogo di salvezza”.
Caro Direttore, vorrei fare alcune riflessioni sulle recenti disposizioni decise dall’Arcidiocesi di Benevento in merito all’emergenza Coronavirus, che sta sconvolgendo non solo l’Italia, ma il mondo intero.
Il comunicato in questione diffuso lo scorso 9 marzo da Mons. Accrocca recita: “Carissimi, non sempre riusciamo a capire fino in fondo il senso di quanto ci è chiesto di vivere: stiamo attraversando giorni difficili, ma non vogliamo – e non dobbiamo! – perdere la speranza. Non possiamo commettere imprudenze, dobbiamo rigettare ogni superficialità, è doveroso adeguarsi alle norme emanate dalla pubblica autorità quand’anche faticassimo nel comprenderle ed è necessario pure non farsi prendere dal panico, che spingerebbe a scelte ancora peggiori. Questi giorni passeranno, ma a ognuno di noi è chiesto di fare la propria parte perché essi lascino dietro di sé minor dolore e meno danni possibili. In forza di ciò, visto il Comunicato della CEI dell’8 marzo 2020 e in ottemperanza al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020 circa la sospensione a livello preventivo, fino a venerdì 3 aprile, sull’intero territorio nazionale delle “cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”, si dispongono i seguenti provvedimenti, da rispettare rigorosamente, sull’intero territorio diocesano: 1. da oggi, 9 marzo 2020, le Messe con il concorso di popolo rimangano sospese, per cui si è dispensati dall’obbligo di assolvere al precetto festivo, invitando, comunque, tutti i fedeli a unirsi in preghiera nelle proprie abitazioni in comunione con i propri presbiteri, che devono celebrare quotidianamente in privato la Santa Messa nella forma prevista dal Messale Romano “Messa senza popolo”. Le chiese rimangano aperte per la preghiera individuale, garantendo la possibilità di accedere al Sacramento della Penitenza rispettando la distanza richiesta di almeno un metro e non utilizzare i confessionali ma luoghi più ampi come la sacrestia o ambienti adiacenti la chiesa, a condizione che sia possibile garantire la dovuta riservatezza del Sacramento. Si sospendano le Messe esequiali; è consentita la benedizione della salma in occasione della sepoltura al cimitero, come previsto dal rituale delle Esequie. Tutto ciò alla presenza dei soli familiari stretti. Si sospendano anche i matrimoni, i Battesimi e le Cresime in forma pubblica, consentendone, in via del tutto eccezionale, la celebrazione ( qualora non si possa rinviare) in forma strettamente privata e senza Messa, alla presenza dei soli testimoni, padrini e familiari stretti, rispettando la distanza prevista dalla normativa. Siano sospese le processioni, le feste e altre manifestazioni parrocchiali. Inoltre non si prevedano incontri di catechesi, iniziative pastorali e riunioni di altro genere, annullando, in ogni caso, eventi precedentemente fissati. Si consiglia, inoltre, con le dovute precauzioni, di non disattendere a quelle che sono le opere di misericordia corporale, soprattutto di non far mancare il Viatico e il Sacramento dell’unzione degli Infermi. Si utilizzino i nuovi mezzi di comunicazione per coltivare la pietà e la devozione del popolo di Dio, diffondendo il seme della Parola nel campo del Signore. Carissimi, voci sincere e appassionate mi chiedono di non interrompere le celebrazioni, perché si ha bisogno dell’eucaristia come del pane. È vero! Ma è vero pure che non si può tentare Dio, sfidando la prudenza. Anche questa volta ce la faremo… Impariamo a trarre il bene anche dal male. V’invito perciò a intensificare la preghiera personale e familiare, ad alimentare questo tempo di digiuno eucaristico con il pane della Parola, a trarre vantaggio dalle restrizioni imposte per leggere i grandi maestri della spiritualità cristiana. Possano questi giorni difficili accrescere il nostro amore al Signore, così da poter celebrare la Pasqua “non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità” ( 1Cor 5,8). Con affetto sincero vi saluto e di cuore vi benedico! Benevento , dal Palazzo Arcivescovile, il 9 marzo dell’Anno del Signore 2020. Felice Accrocca. Arcivescovo Metropolita”.
Nel leggere questo comunicato, che mi ha lasciato molto amareggiato e anche indignato, mi pongo tre riflessioni:
1) Recito testualmente: “E’ doveroso adeguarsi alle norme emanate dalla pubblica autorità quand’anche faticassimo nel comprenderle ed è necessario pure non farsi prendere dal panico, che spingerebbe a scelte ancora peggiori. Questi giorni passeranno, ma a ognuno di noi è chiesto di fare la propria parte perché essi lascino dietro di sé minor dolore e meno danni possibili”. Da quando, mi chiedo, la Chiesa Cattolica, la Sposa di Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto per la nostra Redenzione, si adegua alle indicazioni governative, lasciando senza la Santa Messa e senza la Santissima Eucarestia i fedeli e il gregge? Dov’è la Fede di San Giovanni Bosco che, durante il colera che sconvolse Torino nel 1854, disse ai suoi fedeli queste meravigliose parole: “Il sabato 5 agosto, festa della Madonna della Neve, raccolse i ricoverati attorno a sé, e annunziando la comparsa del flagello raccomandava a tutti sobrietà, temperanza, tranquillità di spirito e coraggio, e insieme confidenza in Maria Santissima, e una buona confessione e una santa comunione. “Causa della morte – soggiungeva – è senza dubbio il peccato. Se voi vi metterete tutti in grazia di Dio e non commetterete alcun peccato mortale, io vi assicuro che niuno di voi sarà tocco dal colèra; ma se mai qualcuno rimanesse ostinato nemico di Dio, e, quel che è peggio, osasse offenderlo gravemente, da quel momento io non potrei più essere garante né di lui, né per qualunque altro della Casa” ?
2) Il nostro grande Santo del nostro Sannio San Pio da Pietrelcina, disse: “Il mondo potrebbe reggersi senza il Sole, ma non senza la Messa”.
Io mi chiedo: Come si può chiedere ai fedeli, già amareggiati, sconvolti e oppressi da questo grave problema, di stare lontani per un mese dalla Santa Messa e dalla Santissima Eucarestia, che coincide con la Quaresima? Nostro Signore Gesù Cristo nel Vangelo di San Matteo capitolo 11 cosi parlù:” “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
Purtroppo, non possiamo andare a cibarci del Pane di Vita Eterna e andare da Nostro Signore, in quanto i Pastori all’arrivare del lupo sono fuggiti, come disse sempre Nostro Signore Gesù Cristo nel Vangelo di San Giovanni al capitolo 10: “In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore”.
3) Nonostante questa drammatica scomparsa della vera Fede Cattolica, in Francia e in Polonia ci sono ancora Vescovi cattolici che parlano da Veri Pastori di Dio. Mons. Pascal Roland, Vescovo di Ars Belle, ha affermato: “Più che l’epidemia di coronavirus, dobbiamo temere l’epidemia di paura. Da parte mia, mi rifiuto di cedere al panico collettivo e di sottomettermi al principio di precauzione che sembra motivare le istituzioni civili. Quindi non intendo impartire istruzioni specifiche per la mia diocesi: i cristiani smetteranno di incontrarsi per pregare? Rinunceranno a trattare e aiutare i loro fratelli? A parte le elementari precauzioni che tutti prendono spontaneamente per non contaminare gli altri quando sono malati, non è opportuno aggiungere altro. Dovremmo ricordare che in situazioni molto più gravi, quelle delle grandi piaghe, e quando i mezzi sanitari non erano quelli di oggi, le popolazioni cristiane hanno manifestato il loro valore con momenti di preghiera collettiva, nonché con l’aiuto ai malati, l’assistenza ai moribondi e col seppellire i defunti. In breve, i discepoli di Cristo non si allontanarono da Dio o si nascosero dai loro simili, ma piuttosto il contrario. Il panico collettivo a cui stiamo assistendo oggi non rivela la nostra relazione distorta con la realtà della morte? Non manifesta l’ansia che causa la perdita di Dio? Vogliamo nascondere che siamo mortali e, essendo chiusi alla dimensione spirituale del nostro essere, perdiamo terreno. Avendo tecniche sempre più sofisticate ed efficienti, intendiamo dominare tutto e nascondere che non siamo i signori della vita. A proposito, teniamo presente che la coincidenza di questa epidemia con i dibattiti sulle leggi di bioetica ci ricorda la nostra fragilità umana. Questa crisi globale ha almeno il vantaggio di ricordarci che viviamo in una casa comune, che siamo tutti vulnerabili e interdipendenti e che la cooperazione è più urgente della chiusura dei nostri confini. Inoltre, sembra che tutti abbiamo perso la testa. In ogni caso, viviamo nella menzogna. Perché improvvisamente focalizziamo la nostra attenzione solo sul coronavirus? Perché nascondere che ogni anno in Francia l’influenza stagionale banale colpisce tra 2 e 6 milioni di persone e provoca circa 8.000 decessi? Sembra anche che abbiamo eliminato dalla nostra memoria collettiva il fatto che l’alcol è responsabile di 41.000 decessi all’anno e che si stima che 73.000 siano i decessi causati dal tabacco.
Lontano da me, quindi, l’idea di prescrivere la chiusura delle chiese, la soppressione delle Messe, l’abbandono del gesto di pace durante l’Eucaristia, l’imposizione di questa o quella modalità di comunione considerata più igienica (detto ciò, ognuno può fare come vuole), perché una chiesa non è un luogo di rischio, ma un luogo di salvezza. È uno spazio in cui accogliamo colui che è la Vita, Gesù Cristo, e dove, attraverso Lui, con Lui e in Lui, impariamo a vivere insieme. Una chiesa deve rimanere quello che è: un luogo di speranza. Dovremmo rinchiuderci nelle nostre case? Dovremmo saccheggiare il supermercato del quartiere e accumulare riserve per prepararci ad un assedio? No! Perché un cristiano non teme la morte. È consapevole di essere mortale, ma sa in chi ha posto la sua fiducia. Crede in Gesù, che afferma: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; e tutti coloro che vivono e credono in me non moriranno mai” (Giovanni 11, 25-26) Sa di essere abitato e animato dallo “Spirito di colui che risuscitò Gesù dai morti” (Romani 8, 11). Inoltre, un cristiano non appartiene a se stesso, la sua vita deve essere offerta, perché segue Gesù, che insegna: “Chi vuole salvare la propria vita la perderà; ma chi perde la sua vita per me e per il Vangelo la salverà” (Marco 8, 35). Certamente, non si espone imprudentemente, ma nemmeno cerca di preservarsi. Seguendo il suo Maestro e Signore crocifisso, il cristiano impara a donarsi generosamente al servizio dei suoi fratelli più fragili, in vista della vita eterna.
Quindi, non cediamo all’epidemia della paura! Non siamo morti viventi”! E in Polonia, I Vescovi polacchi hanno deciso di aumentare il numero di messe domenicali per evitare eccessivi assembramenti di fedeli, come ha annunciato l’Arcivescovo Stanislaw Gadecky, Presidente dei Vescovi Polacchi. Lo dico con grande amarezza. Invidio positivamente i fratelli polacchi e chiedo loro di pregare per noi poveri fedeli italiani, privati della Santa Messa e della Santissima Eucarestia, a causa della pavidità e della mancanza di Fede dei nostri Pastori.
Con stima.
Gianluca Martone