Nella rassegna teatrale al San Marco, Assanti dedica anche un omaggio al grande Modugno
Una serata, in cui il pubblico non è stato numeroso, cosi come lo spettacolo avrebbe meritato, forse a causa del pericolo della diffusione del Covid 19 (coronavirus), abbiamo riascoltato in forma cantata ed abilmente recitata, le più belle canzoni del cantautore pugliese, Domenico Modugno, morto prematuramente, a seguito di un ictus che lo colpi negli studi di Mediaset, dove era intento alle prove per lo spettacolo dal titolo: “La luna nel pozzo”, e nel cui camerino attese, per lungo tempo, i soccorsi.
La tristezza ci ha invaso quando Gianfranco Ricciotti, la voce del gruppo, ha raccontato la fine di Modugno. Ma Modugno è entrato a pieno titolo nella leggenda della musica italiana ed internazionale. Basti pensare alla canzone “Volare”, che a suo tempo ha venduto 20 milioni di copie, ed è stata tradotta in ben sette lingue, tanto da essere definita, il secondo inno d’Italia, perché laddove si canta “Nel blu, dipinto di blu”, si pensa immediatamente alla bellezza del nostro paese.
La canzone nacque in una strana circostanza, come ci ha spiegato Ricciotti: nel 1957, in un’assolata giornata d’agosto a Roma, dove, in Piazza del Popolo, Modugno aveva fissato l’appuntamento con Franco Migliacci. Il nostro cantautore, però, soggiacendo alle beltà di una donna, si dimenticò dell’appuntamento.
Migliacci dopo averlo atteso invano per tutto il giorno, decise di comprare una bottiglia di rhum, che bevve tornando a casa. Ma si soffermo anche a comprare un quadro, che continuò intensamente a guardare a casa.
Da quella strana giornata, dall’ammirazione soprattutto del quadro, e da tutti i pensieri che gli girarono per la testa, venne a Migliacci, il grande paroliere, l’ispirazione del testo della celeberrima canzone, desideroso come era di alzarsi “nel blu, dipinto di blu, felice di stare lassù…” La canzone, presentata al Festival di Sanremo, cointerpretata anche dal giovanissimo e bravissimo Johnny Dorelli, vinse il festival del 1958 ed è diventata a giusto titolo la pietra miliare della canzone leggera della musica italiana.
Il gruppo di Ricciotti, formato da Dino Base al piano, Gino Ferro al basso, Gigi Lorusso alla batteria e da Manuel Trabucco al sax, ci ha presentato le canzoni di Modugno, che si sono susseguite seguendo un filo logico, quello della affermazione artistica di Modugno, che iniziò nel 1950, con “Amara terra Mia”, “Lu pesci spada”, fino al momento in cui conobbe la moglie, Franca Gandolfi, da cui ebbe tre figli e alla dedicò “La più bella sei tu” e “Resta c’rnme'”. Ma la moglie gli ispirò ancora “Notte di Luna”, in cui sembra di vedere materializzarsi il suo paese natio, Polignano a Mare.
Nella vita artistica di Modugno, le donne hanno sempre avuto un ruolo importante. Infatti, quale autrice, ricordiamo un’altra donna, Enrica Bonaccorti, che gli scrisse le parole per una delle sue più belle canzoni, “La lontananza” che Ricciotti ci ha anche bissato, mentre la grande Gigliola Cinguetti ha presentato a Sanremo, “Dio come ti amo”.
Modugno vince ancora a Sanremo l’anno dopo, il 1959, con “Piove”, la malinconica rappresentazione dell’addio tra un militare e la bella ragazza che ha frequentato nel periodo di leva. Le lacrime si frammischiano alla pioggia. Non poteva mancare poi la struggente canzone dal titolo “Il maestro di violino”, le cui musiche furono scritte dal M.° Pippo Caruso. In realtà Modugno si è occupato sempre di temi particolarmente delicati e profondi, come in questo caso: l’innamoramento tra un maestro e la sua allieva, con soli trent’anni di differenza.
L’attenzione non è mancata su quelle che Ricciotti ha definito ragazze madri: “Lazzarella”, scritta con Pazzaglia, e la struggente “Piange il telefono”, che è stata per tantissimo tempo prima classificata alla Hit Parade del tempo. Altro tema affrontato nella sua vita artistica fu quello del suicidio, che forse segnò la sua vita, perché ben due persone scelsero di porre fine alla propria esistenza: il Principe Raimondo Lanza di Torbia e successivamente il padre. Il nobile siciliano, dimostratosi grande mecenate del cantautore, per averlo introdotto nell’alta società del tempo, nel 1954, a soli 39 anni, si suicidò. A lui è ispirata la celeberrima canzone Vecchio frac, mentre la canzone “Meraviglioso” è un vero e proprio inno alla vita, nata anch’essa dopo un fatto di cronaca, cioè dal tentativo di un signore di volersi gettare da un ponte, tentativo sventato da un passate che riuscì a farlo desistere dalla sua assurda determinazione.
ll brano ci invita a guardare alla natura, alle cose belle e piacevoli che ci accadono in vita e a viverle. malgrado le indubbie difficoltà quotidiane. Altra persona, a lui carissima, che decise di porre fine alla sua vita, fu il già nominato padre, Cosimo, comandante del Corpo delle Guardie Municipali a San Pietro Vemotico, nel brindisino, quando, nel 1960, i medici gli diagnosticano un male ritenuto incurabile. Da lui, il piccolo Minimo aveva imparato fin da bambino a suonare la chitarra e la fisarmonica, ereditando una grande passione per la musica. Il figlio di Cosimo, Domenico, aveva quasi profeticamente affrontato il tema del suicidio cinque anni prima.
Nel chiudere la serata, il direttore artistico, Giambattista Assanti, ha voluto ringraziare tutti i suoi collaboratori ed ha anticipato anche la presentazione della prossima rassegna con i seguenti film: Pinocchio, La dea Fortuna e Hammamet, coronavirus permettendo. Il prossimo 5 aprile, ci sarà lo spettacolo con Enrico Montesano, dal titolo: “One Man Show”, con i pezzi forti del suo repertorio.
Per le prenotazioni al botteghino del Cinema Teatro S. Marco, il costo dei biglietti è di euro 25,00 in platea ed euro 20 in galleria.
Per informazioni e prenotazioni è possibile chiamare i numeri: 3456679430 – 3343405841.
Siamo noi tutti che dobbiamo ringraziare Giambattista Assanti, per aver creduto nella riapertura di un cinema, nel centro storico della città, e forse la stessa Benevento avrebbe dovuto rispondere con una maggiore partecipazione, nelle rassegne cinematografiche.
Quello di Montesano sarà uno spettacolo sicuramente indimenticabile.
Maria Varricchio