Antonio Scurati, vincitore del Premio Strega 2019, a colloquio con Stefano Petrocchi
Profetica è stata la risposta che Antonio Scurati (nella foto), autore di “M. Il figlio del secolo”, edito da Bompiani, ha dato a Tiziana Panella, quando nella presentazione dei finalisti a Benevento, ha risposto alla impertinente domanda della bella giornalista, conduttrice di Tagadà su La 7, affermando che, se per due anni consecutivi era arrivato secondo, ora doveva arrivare primo.
Ed infatti il suo racconto è stato premiato, perché scelto da 228 soggetti, che lo hanno preferito agli altri quattro finalisti. In realtà questo libro ha presentato in maniera inusuale e staccata la figura di un uomo, il dittatore Benito Mussolini (Predappio 29 luglio1883 – Giulino di Mezzegra 28.04.1945), che grazie al sostegno della borghesia e dei latifondisti agrari, riuscì a raccogliere in sé tutto il potere e ad imporre la rivoluzione industriale e tecnologica insieme. Per realizzare questi obiettivi occorreva eliminare qualunque forma di libertà e di opposizione, così come in realtà accadde, ove necessario, anche gli oppositori dell’ideologia imperante, vedi il delitto Matteotti.
Scurati, questa volta ospite alla Rassegna Benevento Città Spettacolo, nella rubrica che ogni anno ospita il vincitore di turno del Premio Strega, nell’intervista con Stefano Petrocchi, ha manifestato il suo ottimismo verso i nostri giovani, perché ha avuto modo di verificare che il suo libro non viene letto solo dagli ottuagenari, che ricordano bene gli accadimenti di quegli anni. Il Prof. Scurati ha sottolineato che vi è una differenza tra maschi e femmine, perché la percentuale di donne che leggono é maggiore rispetto a quella dei maschi. Ha ritenuto doveroso precisare che non è affatto dispiaciuto che ci sia un numero maggiore di donne che leggono e studiano, ma lo è per i maschi che non sono buoni lettori.
Ha continuato con esposizione della sua ricerca, rigorosamente storica, che si è tramutata in romanzo, che attinge a fonti storiche. Un personaggio politico italiano, quello del dittatore, sul quale noi non possiamo fare storia, perché non abbiamo ancora il necessario distacco temporale ed emotivo.
Non per questo, però, la figura del dittatore italiano non è oggetto di studi ed attenzioni, anche nelle fiction. Pensiamo al film di Carlo Lizzani, del 1974 ben interpretato da Rod Staiger in “ Mussolini ultimo atto”, in cui sono stati presentati gli ultimi giorni del dittatore; l’amore infelice e profondo, con cui gli dedicò la vita Claretta Petacci, interpretata egregiamente da Lisa Gastoni, devota a lui fino all’inverosimile. Due figure che vengono uccise insieme, dopo di che i loro corpi, esposti al pubblico ludibrio, furono appesi alla stazione della Esso. ”Il dittatore andava giustiziato, ma la sua donna andava risparmiata”, qualcuno così ha commentato la fine di Claretta.
Se ciò non avvenne, è stata la diretta conseguenza del clima di odio che si crea sempre durante una guerra, in qualunque parte del mondo, Come Claretta, infatti, ci sono tante vittime, immolate sull’altare dell’amore.
Da questa drammatica conclusione parte un altro recente film ”Sono tornato”, di Luca Miniero, che nella scena iniziale, ci presenta Mussolini, interpretato da Massimo Popolizia, tornato in vita. Egli si scioglie dalle corde che lo legano ed inizia il suo girovagare nella città, dove viene per prima soccorso, ironia della sorte, da una coppia di omosessuali, in vita da lui perseguitati, perché, non corrispondenti allo stereotipo del maschio virile e combattente, rappresentavano pertanto un subdolo pericolo per l’esercito e per l’impero.
Durante il film, il dittatore vive la realtà dei nostri giorni, in cui predomina l’intrattenimento televisivo, costituito per la maggior parte da trasmissioni culinarie. Questo film, mi è particolarmente piaciuto, perché utilizzando la figura di Mussolini,il regista mette a nudo indirettamente, tutte le storture della nostra attuale società. Viene di conseguenza spontaneo domandarsi :” Come stiamo usando la libertà che i nostri nonni hanno conquistato a carissimo prezzo, con la vita? Siamo veramente degni del loro sacrificio? Era proprio questa la società che essi sognavano?”. Quando Pertini e Saragat sono riusciti ad evadere dal carcere, il primo , si congedò da Saragat, dicendo:” Ci rivedremo in un’Italia migliore!”. Ricordiamo che abbiamo avuto l’onore di averli poi, entrambi quali occupanti la maggiore carica dello Stato, quella di Presidente della Repubblica.
A questi interrogativi dobbiamo rispondere con tutta sincerità, e se ci sono delle imperfezioni, nel nostro essere “ democratici”, regoliamoci di conseguenza, proprio per onorare la memoria di tanti morti, per la libertà.
Maria Varricchio
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