La poesia delle nuove generazioni: Kevin Tommasone

di Lucia Caruso

Marzo è il mese della Poesia. Da questo spazio vogliamo lanciare un incoraggiamento ai poeti della nuova generazione, capaci di vedere le cose con occhi speciali, quelli che non si fermano all’apparenza. In particolare ci soffermerremo su  un giovane poeta, Kevin Tommasone. Originario di Rovellasca, a due passi da Como, poco più che ventenne può essere un esempio per tutti. Lavora, studia e scrive versi. La sua raccolta, “Com’è che non riesci più a volare” Versi  PubMe edizione, è in stampa. Attendiamo di conoscere l’eventuale evoluzione del percorso poetico del Tommasone, ammirati dalla perseveranza di questo giovane talento. Perseveranza, sì perché fare poesia oggi è come gridare nel deserto. Abbiamo apprezzato la prima silloge, “Il mondo in versi”, pubblicato da PubMe nella collana Belle Époque Poetry. Di questo testo , uscito nel 2022, abbiamo curato la prefazione. Di seguito un estratto.

« La domanda più ovvia è se abbia senso scrivere poesie in una società come quella attuale.

Nel volume Il mondo in versi  Kevin Tommasone ha fornito ampia risposta. Distribuite in sei sezioni, le sue poesie raccontano il quotidiano, il vissuto di un giovane uomo che vive tutte le ansie, le contraddizioni e le storture del nostro tempo. Questo è possibile perchè il Tommasone conduce una vita assolutamente normale, senza clamori o avventure stra-ordinarie. Anzi, per certi versi la sua esistenza può dirsi piuttosto complicata da quelle problematiche che attanagliano tanti di noi. Con la differenza che lui riesce ad affontarle – e non si sta dicendo superarle- con l’animo del fanciullino di pascoliana memoria. Con semplicità ma non per questo minore profondità, con gli occhi di un bambino: E mi sento un po’ un bambino,/ripensandoci lo sono, perché in te ci son cascato/e non ricordo più chi sono. /Tu che sei un sogno/ma non lo sai, /tu che rendi felice/un bambino pieno di guai. (da Un bambino) «Un bambino pieno di guai», davvero potente e insolita questa immagine del fanciullo, scanzonato per antonomasia, ma con un cumulo di problemi sulle spalle. Eppure sta parlando del «potere dell’amore». L’amore non è gioia nei versi di Kevin Tommasone, non è abbandono sereno ma paura: E vivrò nella paura, /nella paura di vedere/ ungiorno spento il tuo sorriso.” (La parte migliore di me). Oppure è un’insana follia come quella che sfocia nel femminicidio, tema di stringente attualità. Violenza è debolezza, /violenza è ignoranza,/che sia fisica e esteriore, /a parole e dentro al cuore, /stai fermo e non sfiorarla/ neanche con un fiore. (25 Novembre) Si tratta di un fenomeno così frequente ormai che corriamo il rischio di assuefarci, ma il monito del poeta rivolto all’uomo violento è fermo e deciso: «stai fermo». In altre occasioni l’amore si traduce in ricordo e una lei gli «Torna in mente» e lui vorrebbe guardarla ancora «per raccontarle ogni sua lacrima». Il tema del ricordo è presente in altre liriche della sezione “La scoperta dell’io”. Quella più intimistica. E allora tu lettore ti chiedi: ma quanti anni ha questo poeta che pare portare su di sé un carico, un pesante fardello in cui il tempo trascorso si traduce in «ore passate a aspettare» (Ricordo)? È giovane, eppure si sente e si riconosce “stanco” ma anche pieno di dubbi e impaurito che le sue aspettative si sbriciolino sotto i suoi occhi. La giovane età del nostro poeta non gli ha fatto sconti. Ha scoperto anzitempo quanto possa essere crudele la vita ma lui ricorda ogni cosa e, senza rancore, /riserbo nel petto/gioia e dolore (Ricordo),procede senza fare più distinzione tra passato e presente che, compenetrandosi, si annullano. E non cede alla tentazione dell’illusione: calpesto questo prato/dove forse nel passato, /c’è passato il mondo intero, /finto e falso ma incantato. /finto e falso ma incantato. (Filo conduttore). Quell’incantato, reiterato a fine verso, sempre in posizione di rilievo suggerisce l’idea che in questo prato continui l’affannosa ricerca di quel quid che potrebbe portarlo lontano. Magari per realizzare l’inespresso. Ad apertura della raccolta veniamo subito introdotti nel mondo della parola. Il nostro poeta non esita a dichiararsi parola-dipendente. Non mi stancherò di scrivere, /fino a quando smetterò di vivere, /di una vita qualunque/o una vita estrema. /La penna decisa/e la voce che trema.(Poesia) Utilizzare bene le parole non è sicuramente semplice e non è raro per colui che scrive, in prosa o in poesia, incappare nella sindrome da foglio bianco. Per quanto ci si concentri, per quanti sforzi si facciano, niente! L’idea rimane là, imbrigliata in sé stessa e allora cosa si può fare? Niente/Si resta/ a fissare il vuoto, /mille pensieri per la testa, /mille zattere nella tempesta” (Niente). In questo caso il poeta non può che ammettere la sua sconfitta: ho finito le parole/. Non parlo da tanto,/forse ho chiuso anche il cuore. (Non scrivo) Ecco la paura del poeta: “finire le parole”, non riuscire a trovare i termini giusti per esprimere sé stesso. È così importante riuscire a dialogare principalmente con il proprio io che, senza più parole, teme che anche il suo animo sia bloccato, “chiuso”, inaccessibile. Kevin, tuttavia, non si crogiola in questa condizione e rincorre la parola, la afferra, la manipola, la piega a suo piacimento, la strapazza come un amante troppo esigente, la mette e si mette alla prova. In questo volume di poesie Kevin Tommasone compie un viaggio, una sorta di percorso iniziatico con la sola guida del suo “io” più intimo. Inizialmente traccia i confini dei suoi interessi attraverso “La forza della parola”, che sa sprigionarsi anche nell’idioma inglese e spagnolo (“Key Poetry). Poi si immerge totalmente nelle “Immagini di vita”, che anche quando non sono reali e concrete sviluppano tematiche note ai più. Allora è il tocco del poeta a renderle particolari e accade che anche la “Sabbia” appaia diversa: Disegna schiuma sugli scogli, /sceglie spiagge dove coricarsi, /dove stravolgere/ e cancellare il confine. A quale confine pensa il poeta? A noi piace immaginare quello tra il finito e l’infinito. L’attenzione alla vita, quella reale, in questa sezione assume anche contorni assai delicati, come per esempio in “Insieme”, dedicata ad una coppia di anziani che continuano a camminare, cioè a vivere, «tenendosi per mano». Èun’immagine semplice ma potente e il poeta la dipinge con estrema naturalezza e senza retorica. E il viaggio, dopo l’affermazione del Potere dell’amore, prosegue con Osservo il mondo e lo descrivo. Si noti la peculiarità del titolo. Usa la prima persona singolare, a differenza di tutte le altre parti i cui titoli suggeriscono concetti generali anche se lasciano ben intuire l’ambito di riflessione. Qui, invece, il tono cambia e l’argomento diventa più specifico perché implica una prospettiva particolare. Il mondo, attentamente scrutato, diventerà oggetto di descrizione. Si tratta della sezione più corposa dell’intero volume, ben ventidue testi attraverso i quali, via via che si procede nella lettura,  si avverte che l’autore si immerge nella quotidianità da cui riesce a trarre immagini davvero significative e di una modernità che è raro trovare nella poesia dei nostri giorni.Gli argomenti affrontati sono molteplici e spaziano agevolmente da un campo all’altro. Ciò che tuttavia accomuna le poesie di questa parte è una forma di sottile e malcelata sfiducia nei confronti del mondo che Kevin Tommasone osserva. L’attuale società è indagata con occhi impietosi e ne esce piuttosto malconcia. Nella sua visione del mondo il poeta vede gli uomini come incoscienti perché non hanno ancora capito che è iniziato il “Conto alla rovescia “e continuano a spadroneggiare sulla terra. Queste poesie lasciano pensare ma soprattutto ci dicono che Kevin non si fida di questo mondo, del suo tempo. Tuttavia non si erge a giudice e si mette nella mischia perché è di tutti non saper essere liberi. Significativamente la sezione si chiude con “L’attesa”perché: in un mondo di vizi, /di una corsa infinita, /è solo il tempo dell’attesa/che ci tiene ancora in vita. / Quindi il nostro giovane poeta lascia aperto uno spiraglio. Un fascio di luce che possa illuminare il mondo. Il viaggio de “Il mondo in versi” sta per concludersi. Manca l’ultima tappa, quella fondamentale. Ad essa Kevin Tommasone ha voluto affidare un messaggio per lui molto importante. Si mette a nudo con le liriche raccolte sotto il titolo “La scoperta dell’io” e le affida al lettore. Guidare chi legge alla scoperta dell’io è una peculiarità dell’arte poetica. È dunque evidente che il poeta deve fare innanzitutto i conti con sé stesso, È confuso e solo in un deserto/arido/e inabitato. Costretto ad indossare una maschera in cui non si riconosce. Allora cerca di darsi delle regole, molto semplici e di buon senso, condivisibili se solo la smettessimo di cercare l’impossibile; se solo tenessimo sotto controllo la nostra sfrenata ansia di afferrare tutto; se solo facessimo silenzio; se solo ci fermassimo ad ascoltare esclusivamente il battito del nostro cuore: fermati un istante, /resta in silenzio/e poi segui il battito del tuo cuore (Battito.) Nel momento in cui il poeta si rifugia in sé stesso, forse rievocando immagini petrarchesche, osserva le sue stesse impronte, lasciate mentre correva incontro ai suoi sogni. Ma si rende conto che questo accadeva quando non conosceva ancora sé stesso. È una verità che senza alcuna riserva rivela ai suoi lettori, muti e indispensabili interlocutori delle sue riflessioni. Chiude l’intera raccolta una poesia che ci sembra la più adeguata a raccontare il riscatto dell’io poetico che, dopo aver tanto combattuto (Combatti) finalmente trova la forza di dichiarare la sua vittoria su chi ha ostacolato il suo cammino. È riuscito a riempire il vuoto, quello stesso vuoto che lo rendeva simile a coloro che lo ritenevano Troppo poco: Forse tu sei troppo poco, /dicevano, /non volevano colmassi il vuoto/che loro stessi avevano./Eppure mi è bastato, /eppure l’ho riempito, /quel bicchiere mezzo vuoto/da cui gli altri bevevano,/e ho scoperto il fuoco/dove gli altri lo oscuravano. La scoperta del fuoco non è annunciata con rullo di tamburi, ma in tono disteso e sereno, con la consapevolezza che la cosa che più conta è che la luce sia arrivata. In tanti versi di questa raccolta abbiamo avvertito la forza impellente di esprimere idee e sentimenti, quell’ impulso difficile da domare e che ti fa trascorrere ore intere, di notte, al buio a costruire immagini che irrefrenabilmente devi tradurre in versi. Questa ansia, questo afflato guidano piacevolmente il lettore che si riconosce costantemente nella quotidianità, fatta di paure, di ansia, di tormento, di dolore, di cadute e rinascite, descritta con molta semplicità e – ci sia concesso- profondità da Kevin Tommasone. Leggendo i suoi versi possiamo dunque dare una risposta alla domanda iniziale: la poesia ha senso solo se racconta il quotidiano, che il vero poeta sa rendere universale.


L’AUTRICE

Nata a Benevento, dopo gli studi liceali ha conseguito la laurea in Lettere Classiche all’Università degli Studi di Pisa. Si è dedicata alla docenza presso il liceo classico di Saronno (VA). Attualmente vive tra Benevento e Saronno.  Appassionata di Arte, Musica, Teatro e curatrice di spettacoli teatrali, ha tenuto numerosi corsi di Scrittura Creativa. Articolista per Sannio Matese Magazine, ha scritto svariati libri, pubblicati dal gruppo editoriale PubMe

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