Il dolore e la fede – Un viaggio nel Mistero
di Mons. Pasquale Maria Mainolfi
Martedì 11 febbraio, Memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, a 167 anni dalla prima apparizione a Bernadette Soubirous nella grotta di Massabielle e 33ma Giornata Mondiale del Malato, alle ore 18.00, l’Arcivescovo Felice Accrocca presiederà la Celebrazione Eucaristica nella Parrocchia di San Gennaro in Benevento e sarà amministrato il Sacramento della Unzione degli infermi agli anziani e ammalati presenti. Il Coro Maranatha’ diretto dal m° Antonello Luongo animerà la Liturgia. L’evento sarà organizzato dalla Comunità parrocchiale di San Gennaro in collaborazione con l’Unitalsi e l’ufficio diocesano di Pastorale Sanitaria.
Dov’è Dio in mezzo a guerre e disgrazie senza fine? Un interrogativo vecchio come il mondo. In queste vicende dolorose Dio sembra tacere, nel mentre il pianto dei suoi figli si fa più intenso. La reazione più sbrigativa è quella che afferma: Dio non esiste, inutile disturbarlo, di fronte alla drammaticità e gravità degli eventi occorre arrendersi. Chi è potente e ricco ha maggiori mezzi per difendersi o curarsi, ma chi è povero è destinato a soccombere. Altri dicono: di fronte alle disgrazie Dio non si cura degli uomini, come già ipotizzava Epicuro. Se cerchiamo una risposta nella Bibbia, senza la giusta preparazione, la nostra confusione si moltiplica. Dio si prende cura di noi, è il Pastore Bello e anche buono che lascia le 99 pecore nell’ovile pur di recuperare quella smarrita e una volta ritrovata, pieno di gioia la carica sulle sue spalle e tutto contento la riporta a casa ( Cfr Lc 15,4-7). Ora, se Dio misericordioso è così premuroso con i suoi figli, perché negli eventi drammatici e dolorosi, sembra distratto? Il dolore rimane un mistero e dinanzi alla sofferenza giova più il silenzio che la parola. Nella passione di Gesù Cristo comprendiamo che il Signore non è un Dio “crocifiggente” l’uomo, ma un Dio “crocifisso” per l’uomo (Cfr Lc 22,31; 23,33-46). Questo Dio crocifisso come uno schiavo è il rifiuto del modello di Dio dell’assoluto disinteresse divino nell’Olimpo. Il nostro Dio non è il dio “delle mosche” di Sartre, che vede gli uomini crogiolarsi nei loro mali, mentre Lui assiste allo spettacolo dall’alto del suo Olimpo nei cieli. Egli, invece, è un Dio nudo, inchiodato su una forca incrociata, è un Dio che è “uomo dei dolori esperto del soffrire ” (Is 53,3), un verme non un uomo” (Salmo 22,7). Un Dio che rinuncia alla sua potenza, è il Dio sfigurato che grida al Padre il suo abbandono. La maschera del Dio olimpico viene superata dal Dio crocifisso. Sulla croce rifulge la scelta di Dio: Dio è con i perduti, Dio sta dalla parte degli ultimi, degli infermi, dei poveri, dei perseguitati, degli smarriti, degli oppressi, di coloro che non contano niente. La Croce è dunque la rivoluzione del concetto di Dio. Noi abbiamo spesso un concetto di Dio che è la proiezione delle nostre fobie e delle nostre grandezze, per noi la potenza è la prepotenza che schiaccia ed elimina gli altri. Ma Dio non è fatto così. Nella Croce Dio rivela la “forza dell’amore”. Egli è “impotenza di amore” (Dietrich Bonhoeffer). Ovviamente l’approccio a questo mistero si può fare soltanto nella fede. La ragione vacilla e va in confusione. Dio è “il nostro collega di strazio” e la risposta al perché del dolore innocente non la invia scritta sulla carta ma sulla carne piagata del Figlio crocefisso e resuscitato. Da quando Dio si è fatto crocifiggere, ha reso valido il dolore. Non ha spiegato il teorema del dolore ma ha chiamato l’uomo a partecipare alla redenzione del mondo. Il silenzio di Dio non è “l’assenza” di Dio ma è la sua “presenza” in un altro modo: la presenza silente di Dio. Dio condivide in prima persona la sorte di chiunque soffre, anche se soffre giustamente, come il delinquente carcerato. La solidarietà di Cristo con i dolori degli uomini, è una simbiosi di sofferenza. San Paolo afferma: “Io completo nella mia carne ciò che manca alle sofferenze di Cristo, a favore del corpo di lui che è la Chiesa” ( Colossesi 1,24). Dio senza l’uomo non vuol fare tutto. L’uomo senza Dio non può fare nulla. Così il dolore diventa redentivo. Dopo aver ricevuto l’Eucaristia io divento Cristo e devo poter dire: questo è il mio corpo che io dò per i miei figli, i miei alunni, i miei amici, per un mondo diverso da quello che sto vivendo e per cui sto soffrendo, questo è il mio sangue che voglio spargere anche oggi per voi. La mia sofferenza è così innestata in quella di Cristo. Ecco perché San Paolo arriva a dire: “sovrabbondo di gioia in ogni mia tribolazione” ( 2 Cor 7,4). Il venerabile Giacomo Gaglione di Marcianise, scrive poco prima di morire il libro “Cinquant’anni di Croce per saper sorridere “. E lo scrive da immobilizzato, con un corpo ridotto a un pezzo intero di dolore diurno su un letto di ferro. Benedetta Bianchi Porro, soleva ripetere : “Vivere è bello”. A 17 anni si iscrive alla facoltà di medicina e poi diventa cieca, sorda, muta e può solo comunicare attraverso un alfabeto convenzionato con la mamma. Solo davanti alla sofferenza noi possiamo acquisire la totale comprensione dell’amore di Dio. Noi abbiamo anche oggi, grazie a Dio, una Chiesa di martiri. La Croce vuol dire saper pagare di persona. Il dolore, da “maledizione” è diventato “una vocazione” perché benedizione e partecipazione al mistero della lotta contro il male. Paul Claudel così si esprime : “Il dolore è una mandorla amara che si getta sul ciglio di strada. Ripassi un giorno per questa strada di pianto. Ed ecco il prodigio. Ritrovi un mandorlo in fiore “. Anche la morte, grazie a Cristo, racchiude già in sé il germe della resurrezione. Ogni giorno facciamo questa esperienza: all’oscurità della notte fa seguito il chiarore dell’alba, alla non conoscenza del bambino, fa seguito lo studio del giovane, alla malattia fa seguito la guarigione, al chicco che marcisce nella terra segue la spiga che d’estate biondeggia. Il sofferente Giobbe afferma: “Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono” ( 42,5 ). Solo nel Crocefisso Signore risorto, troviamo la risposta al dolore e all’apparente assurdità del suo silenzio. Scopriamo il suo misterioso disegno di salvezza: il Signore vuole aver bisogno della nostra sofferenza.
Le sconfinate bellezze dell’Universo stupiscono ma, al tempo stesso, sviliscono quelli che si fanno incantare dagli effetti e vogliono cimentarsi a cercare la Causa (il Dio della Creazione), senza venirne a capo. Non la trovano e si rifugiano nella non essenzialità dottrinale di una religiosità modale, rituale e accomodante, a volte anche vaneggiante. Dio, però, c’è sempre (anche sui campi di guerra) e si rivela a ciascuno! Ma – opino – che si manifesti dentro di noi (v. S. Agostino) comunicando con il nostro spirito (l’ambito che gli appartiene più degli altri). Purtroppo, temo che (un poco tutti), ma soprattutto i ricchi, i potenti e i padroni delle guerre cercano di scansarLo, ponendo il loro spirito in “on standby” .