Un Punto di Vista Psicologico Sulle Dipendenze a Benevento
La sera dell’11 dicembre un malcapitato, additato poi come spacciatore, è stato preso e catturato dalle forze dell’ordine di Benevento.
E’ stato trovato con 850 grammi di droghe presso il rione ferrovia di Benevento. Aveva tra le mani le 3 più potenti droghe di questo tempo. Aveva 700 grammi di Hashish, 155 grammi di Cocaina e 3200 Euro. Ed ora che lo “spacciatore” si trova presso la Casa Circondariale di Benevento come disposto dal magistrato della Procura di Benevento siamo tutti più sicuri.
Uno spacciatore di meno. Un’altra persona cattiva alla quale dare la colpa dei problemi di Benevento.
Ma da quando dare la colpa a qualcuno ha mai risolto i problemi ?
In psicologia il fenomeno del “capro espiatorio” è stato molto studiato. Uno strumento potentissimo, spesso al servizio di chi non si vuole prendere la responsabilità. Ad oggi i ricercatori seri, quelli che amano la scienza, lo sanno bene che non esiste una sola causa delle cose. Difatti i modell sono quelli che si dicono più intelligenti, perché riescono a prendere in considerazioni più variabili. Invece il nostro senso comune non ci riesce, e cerchiamo in tutti i modi di appiattire la realtà dando la colpa a cose o persone fuori da noi. In questo modo noi siamo salvi, i cattivi sono gli altri.
Ci dovrebbe spaventare sapere che il meccanismo del capro espiatorio, trovare un colpevole fuori da noi, è uno dei meccanismi più usato dai regimi che hanno perpetrato le maggiori stragi. Ad esempio per Hitler la colpa delle difficoltà del popolo tedesco erano da attribuire principalmente agli Ebrei.
Per noi di Benevento la colpa è degli spacciatori.
Ma che stai dicendo, allora dovremmo lasciare andare questi delinquenti ?
Non è questo il punto.
IMPORTANTE
Pensare di migliorare una società mettendo uno spacciatore in galera è come pensare di avviare un processo di guarigione attaccando i sintomi di un malattia.
Così come in medicina siamo diventati bravissimi ad attaccare i sintomi ed in psicologia a demonizzare l’ansia, in sociologia siamo diventati esperti nell’attribuire la maggior parte dei disagi di una società a pochi malcapitati.
Ma ad oggi sappiamo che confondere il sintomo con la malattia è un errore. Sappiamo che la febbre non è il problema, anzi è un necessario meccanismo di difesa. Il problema è forse un’infezione che il corpo sta combattendo attraverso la febbre.
Diciamo quindi che la febbre è un sintomo di un’infezione in atto. Lo stesso principio è applicabile nel mondo delle relazioni in società.
“Ogni società ha i suoi particolari crimini, e questi crimini sono i sintomi della sua malattia generale, e non la malattia in se”.
Sì, Benevento ha una malattia e l’aumento del consumo di cocaina, hashish e altre droghe ne sono i sintomi.
Sintomi che potremmo sintetizzare come lo sviluppo di dipendenze di vario genere (alcool, gioco d’azzardo, ecc..).
E quindi funziona combattere la malattia attaccando i suoi sintomi?
Vi consiglio di porre questa domanda al vostro medico, ma dal mio punto di vista attaccare i sintomi di un problema è semplicemente tagliare una ennesima testa dell’idra.
Morto un papa se ne fa un altro e arrestato questo spacciatore qualcun altro prenderà il suo posto. Perché ?
Perché il problema non è lo spacciatore;
Il Problema è
Perché i Beneventani hanno bisogno di consumare hashish, cocaina, alcool, ecc.. diventandone dipendenti ?
Una domanda scomoda, molto scomoda, ma che ci avvicina ad un mondo più vivo in quanto più interconnesso. Improvvisamente scopriamo come forse il mondo è molto più complesso di quello che sembra.
ATTENZIONE:
Non sto demonizzando nè le sostanze, nè le dipendenze, nè Benevento. Anche perchè il problema è molto più vasto di Benevento.
Secondo la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2024, in Italia il contesto è contrassegnato complessivamente “da trend in aumento, sia in rapporto ai consumi sia ai reati penali”.
E ancora dalla Relazione:
“In un simile contesto, si conferma il trend in crescita del consumo di sostanze psicoattive tra i giovani …. Aumentano, infatti, le percentuali di studenti tra i 15 e i 19 anni che riferiscono di aver usato almeno una volta nel corso dell’anno cocaina (dall’1,8% al 2,2%), stimolanti (dal 2,1% al 2,9%), allucinogeni (dall’1,6% al 2%) e Nuove Sostanze Psicoattive (dal 5,8% al 6,4%). Anche stime riferite al 2022 hanno indicato una risalita della spesa per sostanze stupefacenti che è tornata ai livelli pre-pandemia COVID-19 con 16,4 miliardi di euro”.
INSOMMA GLI ITALIANI SI DROGANO DI PIÙ
La domanda delle domande è: Come mai questo aumento ?
Da un punto di vista psicologico non potremmo capire come mai questo aumento se non capiamo come funziona il meccanismo delle dipendenze.
E per farlo ci vengono in soccorso il sacrificio di migliaia di topi che si sono sacrificati per la scienza.
Il più classico esperimento
Mettete un topo in gabbia, da solo, con due bottiglie d’acqua. Una contiene solo acqua. L’altra anche eroina o cocaina. Quasi ogni singola volta in cui l’esperimento viene ripetuto, il topo finirà ossessionato dall’acqua drogata, e tornerà a chiederne ancora fino al momento in cui morirà.
Finale della storia: La Droga Uccide.
Ma non senti che c’è qualcosa che non va in questo esperimento ?
Come ti sentiresti in una gabbia, da solo tutto il giorno ?
E’ evidente che questi esperimenti non considerano il contesto ma fortunatamente qualcuno se ne è accorto:
Il Nuovo Esperimento
Così negli anni ’70 un docente di psicologia a Vancouver di nome Bruce Alexander notò qualcosa di strano in questo esperimento. Il topo viene messo in una gabbia da solo. Non ha altro da fare che somministrarsi la droga. Che succederebbe allora, si chiese, se lo impostassimo diversamente?
Una gabbia di Lusso
Così il professor Alexander costruì un ‘parco per topi’. Una gabbia di lusso all’interno della quale i topi avrebbero avuto a disposizione delle palline colorate, il miglior cibo per roditori, delle gallerie nelle quali zampettare e tanti amici: tutto ciò a cui un topo metropolitano avrebbe potuto aspirare. Che cosa è accaduto in questo caso?
Nel ‘parco per topi’ tutti ovviamente finivano per assaggiare l’acqua di entrambe le bottiglie, non sapendo che cosa ci fosse dentro. Tuttavia ai topi che facevano una bella vita l’acqua drogata non piaceva. Perlopiù la evitavano, consumandone meno di un quarto rispetto ai topi isolati. Nessuno di loro morì. E mentre tutti i topi tenuti soli e infelici ne facevano uso pesante, ciò non accadeva ad alcuno di quelli immersi in un ambiente felice.
Ancora Nuove Scoperte
Il professore portò avanti l’esperimento e dopo che alcuni topi nella gabbia in solitudine avevano sviluppato una dipendenza dall’eroina li mise nel Parco per Topi.
Il risultato è che i topi smisero di assumere eroina spontaneamente.
Questo dovrebbe cambiare completamente il nostro solito modo di guardare le dipendenze.
Difatti questo semplice esperimento ci fornisce un’intuizione chiara e precisa.
Se sei in un momento dove hai sviluppato una forte dipendenza, e non riesci a farne a meno non sentirti in colpa, non è colpa tua.
E’ più probabile invece che stai vivendo in un ambiente che senti come emotivamente deprivato. E’ come se senti di star vivendo in una prigione, e la sostanza dalla quale sei dipendente è la tua boccata d’aria.
Noi esseri umani abbiamo un così grande bisogno di “vere connessioni”, che se queste vengono a mancare, cominciamo a sviluppare delle forme di dipendenze.
Il problema non è la droga.
Il problema è la nostra capacità di sviluppare connessioni autentiche
Paolo Meoli
FONTI: https://www.governo.it/sites/governo.it/files/relazione-al-parlamento_2024.pdf
https://www.studiofarrace.it/psicologopescara/societa-ambiente-e-droghe/#:~:text=Mettete%20un%20topo%20in%20gabbia,al%20momento%20in%20cui%20morir%C3%A0