Il culto dei morti in Benevento, dalle chiese ai cimiteri
di Mons. Pasquale Maria Mainolfi
Quando si pensa all’origine del culto dei morti, si fa immediatamente riferimento alla civiltà egizia, ma in realtà, la celebrazione e la cura dei defunti risale già al periodo del paleolitico medio, cioè intorno al Centomila a. C. Il culto dei morti è l’espressione della pietà verso i defunti e della speranza in una vita futura che si manifesta in tanti modi: riti funebri diffusi in tutte le civiltà, costruzione di cimiteri, credenze circa il destino dell’anima e l’aldilà, forme variegate in cui si conserva la memoria dei defunti. E tutto questo, fin dai tempi remoti. La specie “Homo sapiens” ha da sempre sepolto i morti. I nostri lontani antenati praticavano già riti funebri ed elaboravano credenze relative al destino dei morti e all’aldilà. Molte forme di arte sono nate proprio per mantenere il ricordo dei morti, come le maschere che riproducevano i volti di persone illustri, realizzando un calco al momento della morte. Una cura speciale viene riservata ai corpi dei defunti : lavati, rivestiti, decorati, unti con oli profumati, avvolti in stoffe preziose, accarezzati e abbracciati. Poiché i cadaveri sono destinati a dissolversi, allora si provvede alla sepoltura, per inumazione o per tumulazione in grotte o fosse comuni ricoperte di calce. La cremazione è praticata in India e da qualche tempo anche in Europa. In alcune società i corpi vengono imbalsamati o mummificati, basti pensare all’antico Egitto o ai corpi di molti papi e santi. I funerali con la ricchezza di riti e simboli del lutto variano nelle diverse società. I cristiani negli anniversari ed il 2 novembre celebrano la memoria dei defunti. Ai morti sono riservati luoghi particolari: i cimiteri ( celebrati da Ugo Foscolo ne “I sepolcri”) oggi separati dalle residenze dei viventi, ma fino alla rivoluzione francese, in Europa, i cimiteri si trovavano nel centro delle città a ridosso delle chiese o sotto il pavimento delle stesse chiese. I santi ed i profeti delle tradizioni ebraiche-cristiane-islamiche sono considerati antenati illustri che intercedono presso Dio in favore dei viventi. Dante nella “Divina Commedia” immagina una forma variegata dell’aldilà: inferno, purgatorio paradiso. Molte culture credono nell’immortalità dell’anima. Per gli egizi solo al faraone e ad alcune personalità sepolte nelle piramidi è possibile accedere, dopo la morte, al mondo sovraterreno degli dei mentre, alla gente comune, è destinato un mondo buio e sotterraneo. In Italia, per la sepoltura dei morti, rappresenta una svolta decisiva il famoso editto napoleonico di Saint Cloud del 1804. Si impone così al divieto di sepoltura dentro e fuori dalle chiese con la costruzione di cimiteri posti fuori delle mura cittadine soprattutto per ragioni igienico-sanitarie . Benevento ha una storia cimiteriale molto particolare. Assai noto l’ex cimitero cittadino di Santa Clementina, chiamata in precedenza Santa Maria di Gerusalemme, sul percorso della via Appia antica, prima di entrare in città, attraverso il ponte Marmoreo o Leproso. Le vicende note delle chiese iniziano nel 1764. Carestia e peste costringono a portare fuori città tanti defunti e così la chiesa di Santa Maria di Gerusalemme viene riempita dalle salme dei beneventani e murata. Ristrutturata nel 1824 ospita le reliquie di Santa Clementina, provenienti dalle catacombe di San Callisto in Roma e così prende la denominazione attuale. Lo spazio retrostante la chiesa viene utilizzato come Camposanto, attivo fino all’unità d’Italia (1861) e nel 1837 accoglie centinaia di vittime di un’epidemia di colera che si propaga ancora una volta in città. Dopo la chiusura di questo cimitero il 16 maggio 1862 vengono visionati diversi progetti per la realizzazione del nuovo Camposanto. Nell’antica contrada San Marco si decide di acquistare un terreno, recintarlo, costruirvi una Cappella, di proibire la sepoltura in un altro luogo che non fosse il Camposanto e di obbligare confraternite e corporazioni religiose ad acquistare il suolo ed il diritto di sepoltura, dalla vendita poi ricavare il prezzo da pagare il terreno, mura di cinta e Cappella. Vengono individuati per l’occasione l’arch. Pasquale Zoppoli, Giuseppe Manciotti e Ignazio de Julis che insieme alla commissione sanitaria hanno il compito di esaminare i diversi progetti. Il Comune ricorre anche ad un prestito. Dopo Pietro De Rosa, primo sindaco dell’Italia unita, diventa sindaco Celestino Bosco Lucarelli, questi istituisce altre commissioni che scartano l’idea dell’ampliamento di Santa Clementina e della zona argillosa di “Terra rossa”, per scegliere infine l’attuale collocazione del cimitero comunale. Solo nel 1939 le confraternite ottengono la personalità giuridica. Ma appena realizzato il nuovo cimitero vi entrano le seguenti confraternite: Terz’Ordine di San Francesco d’Assisi sotto il titolo di San Rocco (qui le tombe più antiche sono quelle di : Petronilla De Vecchis nata Modesti di anni 72, del 31 gennaio 1881, e di Maria Teresa Abbamondi del 20 novembre 1881); Santissimo Sacramento; San Giovenale; Ave Maria e Sant’Antonio Abate, riunite nel 1954; Santa Maria di Costantinopoli; Nobili del Santissimo Rosario ed anche la Cooperativa Società Operaia, di fondazione non religiosa. Il 24 Maggio 1922 Benevento onora i caduti della grande guerra col sindaco, già colonnello medico, Gabriele Collarile, realizzando un “ossario” ove ospitare una rappresentanza dei tanti sanniti “caduti per la patria” in terra o per mare. Il sacrario viene progettato dall’ingegnere Tommaso Bruno, con 36 loculi in travertino. Sul fregio centrale campeggia la scritta “La vostra tomba è un’ara”. La statua bronzea, opera di Ugo Rosiello, mostra un soldato in piedi con un elmetto, cappotto mosso dal vento e fucile in spalla. Si sceglie per l’inaugurazione la data simbolo della entrata in guerra dell’Italia, impressa nella memoria della canzone del Piave di E. A. Mario.
Presente all’evento il Principe di Piemonte Umberto di Savoia. La benedizione è officiata dall’Arcivescovo, il Cardinale Alessio Ascalesi. Altra storia di compassione e fede riguarda i ruderi dell’Abbazia dei santi Lupolo e Zosimo detta dei “Morticelli”, alle spalle del Teatro Romano, nell’antichissimo quartiere Triggio. Un influente monastero benedettino fondato nel IX secolo, quando Benevento è capitale del Ducato longobardo col duca Arechi II. Il piccolo monastero è alle dipendenze dirette della Santa Sede, soppresso poi nel 1450. Nel 1688 la piccola chiesa viene ricostruita dopo un rovinoso terremoto e davanti ad essa si realizza un cimitero dei bambini, da cui il nome popolare del luogo. Il cimitero viene utilizzato fino alla parziale distruzione dell’Abbazia, causata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Nei giorni della commemorazione dei defunti ancora oggi vi si accendono lumi in memoria degli infanti.