Il Vangelo a colori e la rete che salva dell’artista Giovenale
di Mons. Pasquale Maria Mainolfi
I Vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca ci offrono una chiara fotografia di Gesù.
Il quarto Vangelo del teologo e mistico Giovanni ci regala invece una splendida radiografia di Gesù, uno scandaglio nelle profondità del mistero di Cristo Signore, perfettamente Dio e perfettamente uomo, attraverso i chiaroscuri delineati da simbolismi e antitesi.
I Vangeli presentano una sfilata di piccole scene di vita quotidiana dove Il lettore è invitato a scoprire un messaggio nascosto sotto i segni della natura.
Gesù, predicatore affascinante, non fa mai passare la sua parola sopra la testa degli ascoltatori con sermoni vaghi e generici o con castelli complicati di ipotesi e tesi. Egli parte dai segni concreti dell’esistenza orientandoli verso valori ulteriori e altissimi. Gli uditori sono immediatamente portati dai campi, dalla rete dei pesci, dagli uccelli, dalle case, dai gigli, dalle mille realtà quotidiane, ai misteri del Regno di Dio. La forza del simbolo è straordinaria ed è attestata dalle vie più nobili della comunicazione, dalla poesia alla pubblicità. Il famoso pittore Matisse inviava agli amici malati un quadro, sicuro delle proprietà “taumaturgiche” del simbolo artistico.
Con la sua predicazione Gesù dipinge simbolicamente il progetto che Dio ha concepito per il cosmo e per la storia, un progetto di armonia, liberazione, salvezza.
La civiltà industriale ci ha fatto perdere la capacità di fermarci sulle piccole cose, di stupirci dinanzi alle realtà semplici e quotidiane. Anche la pesca perde il suo sapore di attività vissuta con i ritmi e i segreti della natura e si trasforma in sistema industriale che non rispetta le leggi della biosfera marina. Il vero pescatore sa cogliere invece i legami profondi con i tempi, i misteri, le vicende e le creature del mare. Gesù è vissuto per molto tempo con i pescatori, lungo le coste del lago di Tiberiade e tra costoro ha scelto i primi discepoli, condividendone la vita, nutrendosi di pesce, navigando sulle loro imbarcazioni. Gesù ha allenato i discepoli a gettare la rete della Salvezza nel grande mare dell’umanità, trasformando i pescatori di pesce in pescatori di uomini. Il pesce diventa uno dei primi simboli cristiani e una delle prime raffigurazioni allusive di Cristo. Nelle cinque lettere del suo nome greco “ictus”, infatti si legge l’acrostico di una delle più belle espressioni di fede: “Jesus Christòs Theoù Uiòs sotèr”, cioè: “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore”.
Proprio in questi giorni, presso La Rocca dei Rettori di Benevento, l’artista Giovenale Tresca ha presentato alla città una personale dal titolo “La rete che salva”, nell’ambito della grande manifestazione “Benevento Città spettacolo 2023”. Il carissimo amico Giovenale è un medico molto stimato, un cristiano schietto e fervoroso, un pittore molto affermato, titolare di una umanità squisita, semplice, umile e gioviale. Grazie alla sua feconda produzione l’arte completa la medicina, scendendo con la sua opera nella profondità della vita. Le iniziali immagini materiche del mondo rurale in via di estinzione hanno ceduto, negli ultimi anni, il posto a figure ieratiche o sospese in uno spazio magico ma tutto è manifestazione luminosa del mondo interiore dell’artista, ricco di tante esperienze terrene e di una incrollabile fede nel mondo ultraterreno di cui rende viva testimonianza con istintiva e ammirevole passione. La ricca produzione artistica diffusa soprattutto negli ospedali come il “Gemelli” di Roma, il “Pascale” di Napoli e il “San Pio” di Benevento, lo rendono ammirabile artigiano del bene, capace di ispirare fiducia e armonia, narratore dell’esperienza mistica, audace minatore nella terra dell’anima, poeta e cantore del creato. Ogni suo dipinto favorisce un salutare viaggio interiore, suggerendo un continuo andare oltre. La piacevolezza cromatica rende poi originalissima ogni sua produzione artistica. Giovenale scava socraticamente nel suo animo e trasmette luce, pace, serenità, fiducia. Le sue opere insomma sono finestre del cielo sulla terra, feritoie entusiasmanti di speranza per entrare nel Mistero. L’ultima mostra di Giovenale “La rete che Salva”, presenta un tema di grande attualità. La necessità di “fare rete” per condividere le risorse e far nascere più possibilità, cioè saper condividere tra persone, gruppi e istituzioni, per migliorare la qualità della vita dei singoli e delle comunità. Fa pure riferimento alla parabola del Regno di Dio secondo il capitolo 13 del Vangelo di San Matteo dove la Chiesa è paragonata ad una rete gettata nel mare del mondo attraverso l’annuncio del Vangelo per procurare ad ogni uomo la Salvezza offerta da Gesù Cristo. Infatti Dio offre a tutti i tesori di autentica felicità ed il Vangelo ne possiede la mappa.
Lo scrittore Mario Pomilio, nel suo romanzo “Il quinto evangelio”, afferma che oltre i quattro vangeli noti esiste un quinto vangelo non scritto ma vissuto e testimoniato da chi fa rifiorire la fede in una stagione “liquida” in cui la fede è messa duramente alla prova. I quattro Vangeli canonici ne esigono un quinto: quello scritto da ogni generazione di cristiani, anche la nostra, di persone che nel XXI secolo cercano di testimoniare Colui che hanno incontrato e nel quale hanno creduto. Ogni giorno il popolo di Dio deve riscrivere il Vangelo eterno nella carne sanguinante del vissuto.
Grazie dunque all’artista Giovenale per la sua contagiosa testimonianza.