La riflessione sul Primo Maggio di una giovane democratica, Ilaria Mastrocinque, componente l’assemblea provinciale del PD

“Uno dei tasselli fondamentali”,  afferma Ilaria Mastrocinque,“che hanno portato alla costruzione e al progresso della civiltà umana è il lavoro, che svolge un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo: lo migliora, lo rende consapevole delle proprie capacità, gli consente di relazionarsi con l’altro e di apprendere giornalmente nuove nozioni.

La storia, tuttavia, ci insegna che non è sempre stato così: il lavoro è stato anche schiavitù e sfruttamento, matrice di infelicità e di insoddisfazione, sentimenti hanno portato al desiderio di riscatto e di miglioramento delle proprie condizioni di vita. Perché ciò sia un monito per tutti, il 1° maggio concentra tutto ciò nella sua essenza. In questa data, in Italia e in numerosi altri Paesi del mondo, viene celebrata la Festa dei lavoratori (detta anche “Festa del lavoro”) al fine di ricordare le lotte, le proteste e le battaglie personali di tutti coloro che hanno combattuto per vedere riconosciuti i propri diritti nel mondo del lavoro.

L’origine della ricorrenza risale al 1889, quando la Seconda Internazionale (l’organizzazione di tutti partiti socialisti e laburisti europei) decise di commemorare il 1° maggio di ogni anno le proteste sanguinose che in America e in Europa avevano portato alla riduzione delle ore lavorative giornaliere da sedici a otto.

Si tratta, dunque, di una tradizione ormai secolare che nasce in piena Rivoluzione Industriale e spezza definitivamente la concezione di “operaio-macchina” per guardare finalmente il lavoratore come individuo. È in questo preciso punto di rottura, verificatosi ormai quasi due secoli fa, che viene “condensato” tutto il valore della Festa, la quale, inoltre, intreccia le storie di più Paesi, ognuno con le proprie differenze, sia storiche che sociali.

In Italia, ad esempio, la prima Festa dei lavoratori venne celebrata nel 1891, ma venne riconosciuta come festa nazionale solo nel 1947 e come festa religiosa nel 1955, con l’istituzione della festa di San Giuseppe Artigiano da parte della Chiesa cattolica, la quale non voleva che si perdesse il “senso cristiano” del lavoro. Con il passare del tempo, tuttavia, il legame con le origini e le ragioni alla base del 1° maggio si è affievolito, portando molti di noi a pensare che si tratti di un giorno festivo qualsiasi, solo simbolico. Le manifestazioni ed i momenti di riflessione (che dovrebbero essere caratteristiche intrinseche della Festa dei lavoratori) sono stati quasi del tutto sostituiti dal Concerto che viene organizzato a Roma e dalla possibilità di fare gite fuori porta, portando anche (e soprattutto) i più giovani a pensare che il 1° maggio non sia quasi degno di nota e che abbia dal punto di vista storico e politico un valore sicuramente inferiore a quello del 25 aprile, festa della Liberazione d’Italia. In realtà, le due ricorrenze non potrebbero essere più legate: in seguito alla Liberazione, il popolo italiano ha istituito la Repubblica, che nella sua Costituzione, nel primissimo articolo recita: “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Sono gli sforzi, le proteste e le singole vite di lavoratrici e lavoratori a rendere uno Stato realmente democratico, ed è per questo necessario che si ricordi l’importanza del loro ruolo ogni anno, per migliorare il

presente, ricordare il passato e pianificare il futuro. È fondamentale ricordarlo soprattutto oggi, tenendo conto del difficile complesso storico in cui viviamo, quello post-pandemico(per non parlare della guerra in atto nel continente europeo), in cui si sta tornando a vivere dopo due anni di fragilità sotto ogni punto di vista, di difficoltà economiche, disuguaglianze, impoverimento, abbandono e sfruttamento dei lavoratori.

È evidente come il sistema lavorativo continui ancora oggi a sminuire la forza-lavoro e facilitare l’accumulo dei profitti, continuando a considerare la figura del lavoratore come un mezzo e non come un individuo, nonostante gli anni di lotte e proteste che hanno animato il passato.

Proprio per questo motivo è opportuno che la giornata del Primo Maggio assumi un nuovo volto e che sia guardata con occhi nuovi, sia dai lavoratori che la vivono come protagonisti, sia da tutti coloro che hanno la responsabilità di tutelarli e realizzare le loro aspirazioni, non solo tenendo conto di quanto un individuopossa produrre, ma anche di quanto l’ambiente lavorativo possa stimolarlo e aiutarlo nella concretizzazione dei suoi progetti personali.

Offrire pari opportunità a tutti, uomini e donne, impegnarsi per ricominciare e ricostruire ciò che la pandemia ha spazzato via, dare degli spiragli di luce a chi ha visto e continua a vedere solo buio intorno a sé dovranno essere gli obiettivi principali della prima Festa dei lavoratori vissuta alla luce di una nuova consapevolezza, quella che solo periodi complessi come la pandemia possono conferire agli uomini.

“Lavorare” non dovrebbe essere più “trovare un modo per sopravvivere”, ma “realizzare il futuro, per sé e per le persone che ci circondano”: è questo il fulcro del Primo Maggio

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