Le responsabilità di Mastella
Una donna dai facili costumi, per ritenersi una donna normale, riduce tutte le altre donne a donne dai facili costumi.
“E’ come i gru van cantando lor lai,/ facendo in aere di sé lunga riga,/ così vid’io venir traendo guai,/ ombre portate da la detta briga;/ per ch’i’ dissi. ”Maestro (Virgilio – ndr) chi son quelle/ genti che l’aura nera si gastiga?”/ ”La prima di color di cui novelle/ tu vuo’ saper”, mi disse quelli allotta,/ “fu imperatrice di molte favelle./ A vizio di lussuria fu sì rotta,/ che libito fé lecito in sua legge/ per tòrre il biasmo in che era condotta./ Ell’ è Semiramis, di cui si legge/ che succedette a Nino e fu sua sposa:/ tenne la terra che ‘l Soldan corregge”.
Così, nel Canto V dell’Inferno, Dante parla di Semiramide, la regina degli Assiri, , vissuta nel XIV o XIII secolo a.C., che uccise il marito Nino, per diventare l’amante del figlio. Semiramide, poi, dichiarò legalmente lecito ciò che a ciascuno piaceva per cancellare il biasimo in cui era incorsa.
Il sindaco Mastella, nell’esprimere “vicinanza e solidarietà umana al Presidente della Provincia, Antonio Di Maria”, ancora agli arresti domiciliari nonostante abbia reso dichiarazioni spontanee al Gip, si augura che i tempi per accertare le responsabilità dell’uomo che lui ha posto alla guida del Sannio, uomo nei cui confronti “non risultano esserci state dazioni di denaro”, siano più rapidi di quelli (11 anni) attesi da lui “per dimostrare la sua estraneità ai fatti che gli sono stati contestati”.
Certo, nel mese di settembre 2017, è stato assolto dalla quarta sezione del Tribunale di Napoli, ma le intercettazioni telefoniche testimoniano un certo suo comportamento, evidentemente ritenuto ininfluente su piano penale, un comportamento non estraneo a diversi uomini del suo ex Udeur, laddove qualcuno, nel Salernitano, nel parlare del vincitore di un concorso, diverso da quello segnalato dall’Udeur, dice che il vincitore sarà il primo dei non eletti.
Noi, di quel processo, in cui in un altro filone era coinvolta la moglie di Mastella, abbiano le nostre certezze, riconducibili a quella libertà di opinione riconosciuta dalla Cassazione ai cittadini, secondo la quale “le sentenze si rispettano ma possono non essere condivise”.
Nella vicenda in cui è coinvolto Di Maria, secondo Mastella, “occorre senso di responsabilità e pacatezza, come abbiamo fatto noi per la vicenda che ha riguardato il segretario del Pd Carmine Valentino”, raggiunto da provvedimenti restrittivi ai domiciliari, per aver, secondo l’accusa, tentato una concussione, nel 2017, quando era ancora sindaco di Sant’Agata de’ Goti, la segretaria comunale, nella sua veste di componente la commissione che avrebbe dovuto assegnare la concessione della riscossione dei tributi. Sta di fatto che la società segnalata, secondo l’accusa, da Valentino alla predetta segretaria comunale è risultata vincitrice della gara, quando Valentino non era più sindaco, da una successiva commissione, della quale non faceva più parte la persona che sarebbe stata concussa dell’ex sindaco del centro saticulano. Ma la solidarietà di Mastella rispetto alla vicenda in cui è coinvolto Valentino, è stata, a nostro avviso, solo di facciata.
Diverse, e molto più gravi, sono le responsabilità di Di Maria e di tutta la consorteria instauratasi alla Rocca dei Rettori, come abbiamo dimostrato nel precedente “pezzo”, nel quale abbiamo riportato le testuali accuse formulate dai tre relatori nella conferenza stampa tenutasi presso il Comando provinciale dei Carabinieri il 24 novembre scorso.
Mastella avrebbe dovuto tacere, perché gli otto arresti ai domiciliari e il divieto temporaneo a dieci persone di contrattare con la pubblica amministrazione, sono stati resi noti 51 giorni dopo il primo turno delle elezioni comunali di Benevento, rispetto ad una inchiesta che si sarebbe conclusa nel febbraio del 2021; Mentre le restrizioni a Valentino, richieste dal Pm il 20 novembre 2020, sono state eseguite otto giorni prima le predette elezioni.
Mastella, che ha beneficiato di questo…vantaggio rispetto al Pd, un vantaggio che gli ha consentito, rispetto a tutti le condizioni favorevoli in ordine agli appoggi di cui ha fruito, di porsi, nel ballottaggio, di soli 787 voti al di sopra del 50%, avrebbe dovuto, infatti, soltanto tacere.
Invece, come giustamente ha osservato il gruppo del Pd alla Provincia, ha buttato in caciara tutta vicenda che ha riguardato Di Maria, la cui elezione, a fine ottobre 2018, sarebbe stata una vittoria di Mastella, secondo quanto allora ebbe a dichiarare la moglie del sindaco di Benevento, nominata senatrice da Berlusconi nelle elezioni politiche del 4 marzo 2018.
A dire della signora Mastella, che a nostro avviso mastica poco di politica, quella vittoria sarebbe stata conseguita a mani vuote. Evidentemente, non sa quanti voti ebbe Di Maria, quanti ne ottenne il suo competitore Francesco Damiano, sindaco di Montesarchio, e quanti furono i voti ponderati, in favore di Di Maria, della maggioranza mastelliana al Comune di Benevento, compresi i consiglieri che, dall’opposizione, erano migrati nei gruppi consiliari del sindaco. Se, dal totale dei voti conseguiti da Di Maria, la signora Mastella sottrae quelli dei consiglieri mastelliani e aggiunge i voti dei consiglieri di minoranza, poiché quelli dei consiglieri di maggioranza, se Mastella non fosse stato sindaco, sarebbero andati a Damiano, si renderà conto che Di Maria non avrebbe avuto la maggioranza dei voti. Altro che mani vuote: I voti della maggioranza mastelliana al Comune di Benevento hanno fatto la differenza per la elezione di Di Maria.
E, nonostante la bufera giudiziaria che ha investito Di Maria e l’Ente guidato da lui, faranno ancora la differenza i consiglieri mastelliani del Comune di Benevento, nel dare alla compagine guidata dal sindaco del capoluogo sannita la maggioranza dei seggi nelle elezioni provinciali del 18 dicembre, perché, a votare, saranno ancora i sindaci e i consiglieri comunali della provincia di Benevento, e non ancora i cittadini, grazie ad una legge, la n. 56 del 2014, voluta da Renzi, per la gestione delle Province nella fase transitoria che avrebbe dovuto precedere la loro soppressione prevista per il primo gennaio 2018, in applicazione della Riforma Costituzionale, bocciata invece dai cittadini nel referendum del 4 dicembre 2016.
Come nel gennaio del 2016, quando non incorsero in alcuna sanzione disciplinare nel presentare una loro lista concorrente rispetto a quella del Pd, coloro che, iscritti al Partito Democratico, hanno appoggiato Mastella con una loro lista alle comunali del 3 e 4 ottobre, sono in lizza anche ora per le provinciali con una propria lista, con la differenza che adesso, per aver sostenuto Mastella, sono fuori dal Partito, anche se Raffaele Del Vecchio, un ex irriducibile antimastelliano, ha dichiarato al Mattino: “Com’è evidente, prosegue il nostro percorso politico teso a rappresentare un altro modo di essere il Pd”.
Ma Del Vecchio, se pensa di porsi al di sopra della maggioranza della federazione di Benevento del Pd, è da escludere che si possa mettere al di sopra del commissario Enrico Borghi, il quale ha detto che il Partito Democratico è uno solo, da Domodossola a Capo Passero. Non esiste quindi un Pd di Fulvio Bonavitacola, il vice presidente della Regione Campania, che nella sua ortodossia di post comunista, è venuto, in campagna elettorale, a Benevento, per benedire la iniziativa di Del Vecchio and company di sostenere la rielezione di Mastella.
Mastella, nella sua nota, si lamenta del fatto che Pd, Lega e M5S, invece di essere garantisti rispetto a quanto ha scoperto la Magistratura a carico della Provincia, come sarebbe stato garantista lui nei confronti di Valentino, abbiano assunto, invece, “atteggiamenti scriteriati”, senza considerare che in tale vicenda “sono coinvolti due esponenti autorevoli del Pd”.
Dagli ambienti del Pd abbiamo saputo che è formalmente iscritto al Pd Michelantonio Panarese, il dirigente della Provincia “che sta da tempo nell’alveo dei mastelliani”. Gli stessi ambienti non sanno chi sia l’altro autorevole esponente del Pd. Evidentemente, Panarese, alla Provincia, è il De Pierro (attuale vicesindaco), il Del Vecchio, il Lepore della situazione. Questi tre soggetti,infatti, consiglieri comunali del Pd nella precedente consiliatura, come abbiamo scritto più volte, hanno mantenuto in vita l’amministrazione Mastella, quando questi non aveva più una sua maggioranza, garantendo il numero legale nelle sedute consiliari.
La nota del gruppo Pd alla Provincia
Ma Mastella, generalizzando evidentemente la corruzione in politica, così come Semiramide ritenne legittimo il suo comportamento, dice: “anziché badare alla trave nei propri occhi, fanno sciacallaggio politico”. Infatti parla dei casi giudiziari in cui sono coinvolte persone del Pd, della Lega e dei 5 Stelle. Ecco perché il gruppo Pd alla Provincia, nella nota di cui pubblichiamo il testo integrale, accusa Mastella di aver buttato in caciara l’inchiesta giudiziaria: “Egregio Sindaco di Benevento, lo scorso 2 marzo il Gruppo PD in Provincia di Benevento, in coerenza con la nostra doverosa, costante e documentata denuncia della gestione mastelliana della Rocca dei Rettori, inviava una nota stampa dal titolo: «Il malcostume mastelliano travolge anche la Provincia di Benevento: saltano i fondi per la messa in sicurezza dell’istituto Lucarelli mentre la Rocca si occupa di comporre le liste elettorali per le elezioni in città – cinque domande al Presidente Di Maria».
“Al di là della grave negligenza sull’istituto Lucarelli, destinatario di cospicui finanziamenti per la messa in sicurezza della scuola purtroppo andati perduti, ci chiedevamo come potesse il Presidente della Provincia svilire a tal punto la più prestigiosa Istituzione Sannita facendone parte attiva della competizione elettorale della città di Benevento attraverso la formazione di una lista elettorale che, onde evitare equivoci, riportava nel proprio simbolo la Rocca dei Rettori a sostegno di Mastella sindaco!”
“Di seguito, riportiamo le 5 domande cui Di Maria non degnò alcuna risposta.
Vorrà Lei, egregio Sindaco, quale «indiscusso e pubblico mentore», «orgoglioso supporter» ma anche «beneficiario elettorale» della lista del Presidente della Provincia, «Insieme per Benevento», rispondere in sua vece, ora per allora.
1 – Come può un cittadino, al contempo sindaco, di un piccolissimo comune ai confini del Molise, Santa Croce del Sannio, senza legami diretti e/o indiretti con Benevento, immaginare di organizzare una lista per le amministrative della città capoluogo con ben 32 candidati?
2 – Da dove deriverebbe la forza organizzativa e relazionale necessaria per una simile impresa?
3 – È lecito pensare che, laddove una simile lista fosse messa in campo, sarebbe il «potere di gestione della cosa pubblica», connesso alla funzione esercitata alla Rocca dei Rettori, il collante e lo strumento di una tale iniziativa?
4 – Dovremmo dubitare che l’esercizio discrezionale del potere in Provincia e l’indirizzo di gestione che ne consegue siano interpretati funzionalmente allo scopo di formare una lista a Benevento?
5 – Come si concilierebbe tutto ciò con l’art. 54 della Costituzione Repubblicana che impone ai «cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche il dovere di adempierle con disciplina ed onore»?
“Trattasi di domande politicamente imperative per un’opposizione che assolva con dignità al proprio ruolo, rifuggendo ambiguità e collateralismi di sorta. Né può sottrarci al nostro dovere di controllo e denuncia la sua nota insofferenza per le minoranze poco prone”.
“Tantomeno vale richiamare, in modo specioso, l’ovvio e per noi rigoroso rispetto dell’azione della Magistratura o le parimenti «sacre» garanzie costituzionali in capo ad ogni imputato o indagato della Repubblica”.
“Non provi, pertanto, a «buttarla in caciara». Dai fatti e dagli atti riportati dalla stampa e dai media emerge un quadro raccapricciante che lei, da ex ministro della Giustizia, dovrebbe solo stigmatizzare, pur avendo goduto, solo qualche settimana fa, del sostegno della lista del Presidente della Provincia destinataria di 1.706 voti con due consiglieri comunali eletti tra cui l’attuale Presidente del Consiglio”.
Rispetto al modo come Mastella tenta di assolvere un uomo della sua compagine politica, sostenendo che non sono vergini gli uomini di altri partiti, vorremmo dire che in un partito come il Pd, accreditato, in base ai sondaggi, sul 21%, ma che alle ultime elezioni ha dimostrato di essere attestato su posizioni maggiori, ci può essere la mela marcia.
In un partito dello 0,2% (questa sarebbe la percentuale dei centomila voti ottenuti da Noi Campani – il partito di Mastella – alla ultime regionali in Campania, se spalmati sul territorio nazionale, rispetto ad una potenziale partecipazione al voto di 40milioni di elettori), non vi dovrebbero essere persone attenzionate dalla Magistratura. Invece, nei gangli della giustizia è finito Mastella, la moglie e diversi uomini dell’ex Udeur, anche se sono stati tutti assolti. Nei gangli della giustizia è finita la Gesesa per fatti risalenti al periodo in cui Mastella, nella qualità di sindaco, ne ha avuto il controllo; è finito il gruppo Acea, cui Mastella, in cambio forse della illuminazione dei Monumenti cittadini, ha rinnovato, pare, fino al 2050 la convenzione relativa alla sua presenza Gesesa quale azionista di maggioranza; è finito Piero Porcaro, titolate della Tecno Bios, che faceva analisi compiacenti sulle acque dei 12 impianti preposti alla depurazione delle acque reflue di gran parte dei 22 comuni della provincia, capoluogo compreso, nei quali la Gesesa gestisce l’erogazione idrica.
Se poi consideriamo che Piero Porcaro è marito di Maria Carmela Mignone, nominata da Mastella assessore nel febbraio 2020 e che ora è subentrata in Consiglio al posto di Luigi Ambrosone, rinominato assessore, la misura è piena, soprattutto se si tiene presente che questa donna avrebbe quote di partecipazione nella Tecno Bios, nella Tecno Ambiente, nella Tecno Project e nella Delta Biotech, senza che il sindaco, quando nel maggio 2020 la Procura ha reso noti i 33 indagati sulla vicenda dei depuratori, ancora sotto sequestro, l’abbia costretta a dimettersi, dopo che aveva indotto alle dimissioni 8 assessori (il primo agosto 2020 sarà revocato Antonio Reale, il nono), soltanto perché, nella maggioranza dei casi, non sempre allineati rispetto alle sue scelte.
Ma l’inchiesta sui depuratori che inquinano il Sabato e il Calore è continuata. Quando si è conclusa il 16 luglio 2021, la Procura della Repubblica ha accertato un arricchimento della Gesesa, e quindi del gruppo Acea, nella misura di 78 milioni, confiscati dalla Procura perché incassati per servizi non resi ai cittadini.
In questo caso, forse, dal momento che le indagini si sono concluse il 16 luglio 2021, trova una giustificazione il fatto che della loro conclusione si sia data notizia il 29 novembre, dopo le elezioni, indagini nelle quali il numero degli indagati si è ridotto a 24, e comprende ancora Piero Porcaro.
La nota di Vincenzo Sguera
Nel mentre si è in attesa delle richieste finali della Procura in merito alla vicenda, l’avv. Vincenzo Sguera, consigliere comunale di opposizione eletto nella lista Civici e Riformisti, è intervenuto con una nota che riportiamo integralmente.
“E’ uno scenario preoccupante quello descritto nella nota stampa diffusa dalla Procura di Benevento in merito al decreto di sequestro preventivo eseguito questa mattina a danno della Gesesa. Dei risvolti giudiziari della vicenda, evidentemente, se ne occuperà chi di competenza ma intanto emerge con forza una questione tutta politica che non può lasciare indifferenti”.
“Nelle motivazioni adottate dal Gip, in particolare si fa riferimento a modelli di gestione (nel periodo tra il 2016 e il 2018) non coerenti e comunque non adeguati a prevenire ed evitare il rischio di commissione dì reati. E’ un tema che non può non interessare la politica e nello specifico il Comune di Benevento che è il principale socio Gesesa e che nomina il presidente e i componenti del Cda. E il problema, a quanto pare, è proprio questo: l’interesse di palazzo Mosti per la Gesesa si esaurisce una volta eseguite le nomine, nomine che tra l’altro rispondono a criteri diversi rispetto a quelli della competenza e della conoscenza della materia”.
“Non può funzionare così. Non per una società che gestisce un servizio di vitale importanza per la cittadinanza. Il risultato è che oggi ci ritroviamo la Gesesa squassata da una importante inchiesta giudiziaria e a rischio commissariamento perché incapace di mettere in campo quell’azione utile a salvaguardare, innanzitutto, l’ambiente”.
“L’unico auspicio, dunque, è che quanto accaduto possa almeno servire da lezione a chi è investito dall’onere di gestire la cosa pubblica. Ogni scelta, comprese le nomine nelle partecipate del Comune, dovrebbe rispondere a un solo interesse, quello della collettività e non della propria parte politica. E’ questo il cambiamento che le nostre istituzioni devono operare se non vogliamo condannare il Sannio a una visibilità di cui tutti noi faremmo a meno. Perché qui si passa da una inchiesta scandalo all’altra. In attesa della prossima…”.
L’interrogazione di Rosetta De Stasio
L’avv. Rosetta De Stasio, unica consigliera comunale di destra, eletta nella lista Prima Benevento, ha, dal canto suo, presentato una interrogazione al sindaco, in cui “Considerato che il servizio per il quale il Comune, e quindi i cittadini, hanno pagato non è stato elargito dalla Gesesa che, anzi, come evidenziato dal Gip del Tribunale di Benevento, si è arricchita illecitamente incassando somme senza poi spenderle per la corretta gestione e organizzazione del processo di depurazione e di smaltimento dei rifiuti liquidi, determinando, altresì, l’inquinamento dei fiumi Sabato e Calore, interroga il sindaco per sapere se intende adottare provvedimenti nei confronti della Gesesa in conseguenza dei gravi danni da questa arrecati al patrimonio ambientale della città con particolare riferimento all’inquinamento dei fiumi Sabato e Calore, se intende richiedere alla Gesesa la restituzione delle somme corrisposte per la gestione e l’organizzazione del processo di depurazione e smaltimento dei rifiuti liquidi, pagate da cittadini/utenti d al 2016 in poi e se intende,di conseguenza, provvedere alla restituzione, a favore dei cittadini/utenti di quanto pagato a fronte di un servizio mai ricevuto”.
La posizione della Gesesa
Anche la Gesesa, di cui è presidente l’Avv. Domenico Russo da un anno esatto, in una nota pubblicata dal Mattino, “prende atto del provvedimento di sequestro emesso dal Gip su richiesta della Procura (…). La società valuterà tutte le più opportune iniziative a tutela della propria posizione e collaborerà pienamente con l’autorità giudiziaria procedente e con l’amministratore giudiziario nominato, anche al fine di garantire la continuità aziendale nell’interesse sia dei dipendenti che della comunità e del territorio”.
Secondo il presidente, “la situazione è complessa, e di tale complessità ho assunto consapevolezza sia dai primi tempi del mio insediamento”. Ha poi precisato: “Posso dire che nell’ultimo anno è stato fatto tanto da Gesesa per crescere e migliorare anche nel settore della depurazione”.Si pensi che Benevento, in mancanza di un depuratore, che Mastella ci ha fatto sempre vedere in via di realizzazione, è stato inserito tra i centri italiani oggetto di procedura di infrazione europea.
Giuseppe Di Gioia