In “Maloviento”, Peppe Fonzo offre un spaccato della sua capacità di uomo dello spettacolo
L’Hortus Conclusus è stata la location del lavoro teatrale presentato, in prima nazionale, scritto e recitato da Peppe Fonzo, un veterano del teatro, coadiuvato questa volta dal fisarmonicista, Flavio Feleppa. Ci ha tenuti incollati alle sedie piacevolmente, quasi come si fa con i bambini, mentre ci recitava le storie di “Maloviento”, ( tre storie e vere e false della città delle Streghe), presentandoci tre quadretti particolarmente vivaci , ispirati a Benevento.
Ha iniziato con il racconto della storia di Mazzacane, un uomo grande grosso, che aveva avuto un unico grande amore: quello per Pelleora con gli occhi verdi, prosperosa. Dopo un po’ che si frequentavano, si sposarono in riva al fiume, accarezzandosi reciprocamente. Quando, però, dopo alcuni mesi, i genitori di Pelleora si accorsero che era incinta la minacciarono, la picchiarono e la costrinsero alla fuga. Ella si diresse verso il fiume, per cercare di salvare dai suoi parenti, il suo amato Mazzacane, ma nella corsa il caso volle che venisse morsa da una vipera, il cui veleno la fulminò in poco tempo.
Mazzacane, da allora visse da profugo, camminando lungo la riva del fiume, cercandola in ogni pianta, in ogni anfratto, fino al giorno in cui gli si presentò la visione di un angelo, bello, leggero, splendido insostenibile, ed al quel punto cessò di vivere.
E’ passato poi al secondo racconto, a quello di Sorgente, una bellissima ragazza con gli occhi azzurri e la pelle olivastra, che viene avvicinata da un bell’uomo, benestante, accogliente, dai modi gentili, seducente, ammaliante, che la chiede in sposa. Le premesse per una vita matrimoniale felice ci sono, ma tale non sarà, perché, per una non bene definita ragione, il marito non consumerà mai le nozze e lascerà appassire la bellezza di Sorgente, senza mai neppure sfiorarla ma tradendola con tutte le donne del paese. Era diventata una vecchina curva, vestita di nero, con un ombrello, con il quale spesso allontanava da sé i bambini che la deridevano, imitando così i grandi del paese. Sì, perché anche le comari, sapendo della sua mancata consumazione delle nozze, la schernivano , chiamandola “Signorina”.
In realtà, si era abituata al suo destino. In quella noia mortale si sedeva sotto l’arco ed assisteva al tramonto del sole. Sorgente dormiva in quel silenzio e finalmente quando si lasciò andare, pianse, si lasciò cadere giù e morì.
Fonzo, brillantemente ha iniziato anche il terzo racconto, parlando del vento che soffia sulla nostra città: Maloviento, che in realtà è il respiro del diavolo, che uccide due uomini.
Qui, l’attore si è fermato dopo aver recitato a meraviglia tutti i ruoli con la grande professionalità che da sempre lo contraddistingue. In questo racconto, ha confermato la grande capacità di drammatizzazione, che ha sempre di più acquisito nel tempo.
Un artista di cui Benevento può essere fiero .
Maria Varricchio