Fiorenza Ceniccola scrive a Draghi: Chi dice che il vino fa male è di sicuro ubriaco
Egregio Presidente Draghi,
la viticultura sta vivendo una crisi senza precedenti con quasi 7 miliardi di litri di vino Doc e Docg fermi nelle cantine italiane a causa della chiusura prolungata di ristoranti, bar ed enoteche (fonte Coldiretti) e l’Europa invece di venire in aiuto al primo settore dell’export agroalimentare italiano che genera opportunità di lavoro per qualche milione di cittadini ci riprova ad “affossare” il nostro buon vino inserendolo prima nella blacklist della “Europe’s beating cancer plan” presentata il 3 febbraio u.s. (con il pretesto di combattere il cancro) ed oggi pensando di “annacquarlo” per abbassarne il tasso alcolico con grande soddisfazione e consenso dei paesi del nord Europa cosiddetti “salutistici”.
Un’idea a dir poco pazzesca per il settore vinicolo italiano che, però, trova il consenso di tanti “scienziati” cresciuti con gli infusi di zenzero e crauti però senza… glutine. L’Unione Europea dopo aver tentato, nel 2016, di affossare il vino italiano con la modifica del regime di etichettatura governato dal regolamento CE n.607/2009 e l’assegnazione dell’origine controllata sulla base solo degli uvaggi e non anche del territorio oggi ci riprova. Per farla breve, si tratta di una proposta tendente a legalizzare l’annacquamento del vino, anche per i vini a “indicazione geografica tipica”: la chiamano dealcolizzazione, un modo politicamente corretto di dire “adulterazione”.
Io spero, anzi, io chiedo che il Governo affermi in modo chiaro e forte che da noi permarrà il totale divieto dell’annacquamento e di qualsiasi altra sofisticazione dei vini garantendo così al mondo intero che i vini italiani sono e saranno sempre e solo vino, garantendo, in tal modo, agli enoturisti stranieri che ritorneranno in Italia nei prossimi mesi la genuinità della Falanghina, dell’Aglianico, del Pallagrello, del Taurasi e di tutti i vini che compreranno e/o consumeranno nei nostri paesi e nelle nostre città.
Quelli che vorranno bere “acqua colorata” sono gentilmente pregati di andare in Francia, in Germania o in altri Paesi nel nord Europa.
Anche un bambino capisce che una furia salutista cerca di “buttare” fuori mercato una bevanda-alimento che ha accompagnato la crescita (anche culturale) dell’umanità. Senza fare dietrologia, non posso non ricordare che la Vite ha scalato l’intera storia dell’uomo e, abbarbicandosi ai secoli, dalla preistoria (allo stato selvatico era presente già allora) si è innalzata su fino ai giorni nostri. Riferimenti alla Vite ed ai suoi frutti si trovano nei geroglifici egizi e nei recipienti destinati al vino dei Cretesi, nei riti dionisiaci dei Greci e nei baccanali dei Romani, negli scritti di Ippocrate, Teofrasto e Dioniso e nell’Antico Testamento. Oggi come allora ben note sono le virtù dietetiche dell’Uva e del suo succo fermentato.
La domanda che nasce spontanea è: cui prodest? A chi giova questo eccessivo allarmismo “salutistico” che rischia di affossare il nostro vino?
Il grande poeta Virgilio all’epoca di Cesare Augusto scriveva che siamo “Nati per consumare con moderazione”. Ecco, questo è il vero problema perché è fin troppo chiaro che oggi nel mondo la prima causa di morte sono le malattie del troppo: troppo cibo, alcol, droghe; eccesso e dismisura come unica regola e su questo, a mio avviso, la Commissione Europea dovrebbe discutere e decidere. Lasciando in pace Bacco e il cosiddetto nettare degli Dei.
In attesa di un cortese riscontro, Le porgo i più distinti saluti.
Fiorenza Ceniccola
Consigliere Comunale – Guardia Sanframondi
Amministratrice “ La Casa di Bacco Srls”