Al tempo del Covid, anche quest’anno salta la presentazione dei 12 finalisti del Premio Strega
Nel secondo anno dell’era della pandemia, un segnale di forte presenza della cultura, nella nostra martoriata civiltà, è senza dubbio la presentazione dei dodici finalisti del Premio Strega. L’evento anche quest’anno ci fa assaporare un momento di ritorno alla normalità. Girando per la città di Benevento si vedono ancora i cartelli del festival di filosofia, i cartelloni cinematografici e teatrali, il bellissimo poster della mostra fumettistica di Milo Manara, chiusa in tutta fretta, guardando le date ci rendiamo conto che il tempo sembra essere sospeso…
Da allora non vi è che silenzio, siamo tutti in ascolto, in attesa che qualcosa cambi, che l’incubo finisca.
Vediamo le vetrine dei negozi chiusi, davanti alle quali tante volte abbiamo sostato, siamo entrati, anche solo per salutare il proprietario che conoscevamo da tempo, o da poco; tante vetrine che forse non riapriranno più.
Un anno di pandemia che abbiamo vissuto iniziando con la mancanza di mascherine, di disinfettante, con l’introduzione del distanziamento e dell’allontanamento dall’altro, l’unico modo per poter tenere lontano il morbo da sé. Una situazione paradossale che, se ci fosse stata annunciata, non avremmo mai potuto pensare realizzabile; qualcosa di assolutamente incredibile.
In questo momento così triste e buio, la cultura, la sapienza e la filosofia, come diceva Severino Boezio, nella sua “De consolatione philosophiae”, ci vengono incontro, ci sostengono, e con il prosieguo del Premio Strega non si poteva omaggiare in modo migliore il sommo poeta, Dante Alighieri, nell’anniversario dei suoi 700 anni dalla morte.
I dodici finalisti quest’anno sono per la maggioranza donne, sette per la precisione.
Maria Grazia Calandrone racconta la storia di Gaia in” Splendi come vita. Una relazione primaria”, edito da Ponte delle Grazie.
Si snoda il racconto della sua adozione da parte di Ione, sua madre adottiva, che la ama ma non riesce a sentirla sua, perché è una figlia adottiva.
Il rapporto tra adottante ed adottato non è sempre facile, anche se a volte pervaso da tanti buoni sentimenti e propositi, così come a me è personalmente capitato di riscontrare nei casi di famiglia con figli non propri.
Anche Giulia Caminito, racconta in “L’acqua del lago non è mai dolce” edito da Bompiani, la storia di una ragazza Gaia, che sebben nata in una famiglia povera, padre invalido, madre che svolge i lavori più umili pur di mantenere la sua famiglia, composta anche da altri tre figli maschi, Gaia frequenta con profitto il Liceo Classico, e poi l’università, contro il parere della madre.
Edith Bruck ha scritto “Il pane perduto”, edito da La nave di Teseo,in cui la scrittrice di origine ebrea parla della persecuzione vissuta, prima dagli ungheresi e poi dai tedeschi nazisti. Il titolo nasce dal momento in cui i nazisti fanno irruzione nella sua casa paterna per deportare la famiglia, mentre la madre è costretta a lasciare il pane che ha messo a lievitare.
Da qui il titolo, riassume tutta l’esperienza vissuta dalla giovane ragazza, che alla fine del libro afferma che la sua è : ”La storia, quella vera, che nessuno studia, che oggi ai più dà soltanto fastidio, (che addusse lutti infiniti), d’un colpo solo ti privò dell’infanzia”.
La madre, con il padre ed il fratello Jonas moriranno, mentre Edith grazie all’aiuto della sorella Judit sopravviverà. Vivrà prima in Israele, terra promessa, dove sposerà un giovane marinaio, ma da lui si allontanerà per raggiungere la Grecia dove sposerà Bruck, che le lascerà solo il cognome in eredità. Vivrà poi a Zurigo e finalmente in Italia, a Napoli, dove incontra l’uomo della sua vita, il poeta regista Nelo Risi.
Anche Teresa Ciabatta nel suo: ”Sembrava bellezza”, edito da Mondadori, racconta in fondo, la sua vita, quella di una scrittrice di successo che ha però perso nella sua vita privata, perché è separata, con una figlia con la quale stenta ad avere un buon rapporto. Dopo trent’anni, ecco rivede una sua amica d’infanzia: Federica, che vive a Genova con due figli e con la sorella Livia, quest’ultima vittima di un incidente che l’ha resa invalida ed alla quale Federica ha dovuto fare da badante. La protagonista cercherà in tutti i modi di ricostruire il rapporto con la figlia, Anita. In realtà farà da madre a Livia, che vuole ritrovare il suo fidanzato del liceo, Massimo, e per realizzare il suo sogno, chiede aiuto alla protagonista.
Un romanzo in cui la Ciabatti descrive le donne, le madri e le figlie ed i rapporti tra di loro, in un racconto pieno di emozioni.
Donatella Di Pietrantonio presenta ”Borgo Sud“, edito da Einaudi, che è il naturale prosieguo di “Arminuta”, il romanzo pubblicato nel 2017. La storia continua con la protagonista che è diventata una donna , costretta a ritornare nella sua terra, in Abruzzo, dove ritrova la sorella Adriana. La vicenda si snoda in Borgo Sud, il quartiere dei pescatori, che le sembra nascosto dalla stessa città, quasi un luogo inaccessibile.
Anche Lisa Ginzburg parla, nel suo “Cara pace”,edito dal Ponte delle Grazie, del rapporto tra due sorelle, Maddi e Nina, abbandonate dalla propria madre, Glori, che lascia la famiglia per seguire il suo nuovo amore.
Il marito, Seb, decide dunque di trasferirsi da Roma a Milano, pensando così di ritrovare la pace, buttandosi a capofitto nel lavoro, ma nel contempo anche lui abbandona le sue figlie alla cura di una governante, Mylene, convinta sostenitrice che l ‘aiuto al dolore può venire solo dall’ attività fisica. Le due sorelle sono “orfane senza esserlo”, sono state lasciate solo a se stesse ed è per questo che “Maddalena diventa una donna schiva, distante, composta, riservata, eppure sincera ed accogliente”, mentre la sorella Nina sviluppa un carattere diametralmente opposto, due sorelle che “non possono fare a ameno l’una dell’altra”, pur essendo costrette “allo stesso tempo a vivere lontano, due sorelle sole ma le uniche capaci di capirsi fino in fondo”.
La settima scrittrice in gara è Alice Urciuolo, con la sua “Adorazione”, edito da 66thand2nd. Il racconto nasce da un femminicidio, quello della giovane Elena, uccisa dal fidanzato. Intorno a lei la schiera dei suoi amici che vivono o meglio cercano di continuare a vivere, malgrado quanto sia successo ognun vivrà questa vicenda a suo modo, sul dramma collettivo si sovrappongono dunque le storie individuali. Tutti i ragazzi di Pontinia, città dell’Agro Pontino in cui si snoda la vicenda, dovranno da soli ed insieme, senza l’aiuto degli adulti, riuscire a capire quello che è successo e a superarlo.
Emanuele Trevi si cimenta in “Due, vite”, raccontando così quella di Rocco Carbone e di Pia Pieri, due scrittori morti prematuramente e legati tra loro da una profonda amicizia. I due sembravano il necessario riferimento l’uno dell’altro: Carbone sempre pronto ad infliggere colpi all’altro e Pera quasi disposta a riceverli.
Per questo il titolo del libro è ”Due Vite”, perché rimangono semplicemente amici.
Roberto Venturini ha scritto “L’anno che a Roma fu due volte Natale” , edito da Sem. L’autore ha spiegato di aver avuto lo spunto per la storia di questo romanzo, dalla notizia del furto della salma di Mike Buongiorno. La vicenda è stata ambientata a Torvaianica, dove lo scrittore ha vissuto i momenti dell’infanzia, con suo nonno e dove Ugo Tognazzi comprò il suo primo appezzamento di terreno.
Torvaianica divenne così il luogo di incontro di tutto il jet set romano, rimpiazzato poi da Ostia e Fregene. Protagonisti del romanzo sono Alfreda e suo figlio Marco, la prima è rimasta vedova del marito, pescatore, morto in mare, il cui corpo non è stato mai ritrovato. Ella trasporta su Sandra Mondaini, che dice di vedere in sogno, il suo desiderio di avere il marito defunto accanto a sé, affermando che l’attrice le chiede di seppellire Rimondo Vianello, suo marito a Milano. Sappiamo infatti che i due attori sono stati sposati per 58 anni, hanno trascorso tutta la vita insieme sia in famiglia, che sul set, ma sono stati sepolti in luoghi diversi: Sandra a Milano, per sua volontà vicino alla madre e Raimondo a Roma, nella cappella di famiglia al Verano.
“Le ripetizioni “di Giulio Mozzi, pubblicato da Marsilio, vede protagonista Mario, pendolare del treno per Roma, con la sua fidanzata Viola, l’amante Bianca, da cui ha avuto una figlia. In lui rimane vivo il ricordo del suo primo amore, Lucia prematuramente ed improvvisamente morta, infine interagisce con un amico, Santiago, con il quale vive uno strano rapporto di sottomissione. La vicenda viene presentata al fine di farci comprendere la vaghezza, la fluidità, l’inconsistenza delle cose umane, che non sono eterne.
Daniele Petruccioli ha sancito il suo debutto nel mondo della scrittura con ”La casa delle madri”, edito da Terra Rosso. Anche questo è il racconto di una famiglia: due coniugi, Speedy e Sarabanda che nel tentativo di avvicinarsi si allontaneranno sempre più, fino a giungere al divorzio; anche i due figli gemelli Ernesto ed Elia, si rincorreranno sempre nella vita, perché legati tra di loro dall’handicap fisico di Ernesto, a cui Elia dovrà badare per tutta la vita. La critica ha accolto molto bene questo libro, poiché l’autore è riuscito a scandagliare fino in fondo i rapporti umani e le relazioni tra tutti i componenti, finanche i nonni materni e paterni.
La dozzina si conclude con “Il libro delle case” di Andrea Bajani, edito da Feltrinelli. L’autore ci presenta il protagonista, che sia chiama IO e lo presenta tramite le case in cui egli è vissuto e a pensar bene e proprio così che possiamo narrare di ciascuno di noi. Ogni luogo in cui abbiamo vissuto o in cui viviamo racconta di noi, di un pezzo della nostra storia. Eccellente dunque l’idea del racconto di noi attraverso le nostre case.
Forse la pandemia avrà ispirato anche in questo senso gli autori, nella riscoperta del ruolo che “la casa” svolge nella nostra vita. Forse un elemento che prima di ora non aveva il significato di rifugio, quello di vita familiare, che sembrava assopito, secondario, forse una riscoperta del luogo dove dovremmo essere più protetti, dove vorremmo vivere felici.
Buona lettura a tutti-
Maria Varricchio