Chiesa della SS. Annunziata – Solenne Concerto del Venerdì Santo


Lo Stabat Mater — il cui titolo latino significa “Stava la Madre” — è una preghiera cattolica, più precisamente una sequenza, attribuita tradizionalmente al beato Jacopone da Todi. I suoi primi versi, “Stabat Mater dolorósa”, evocano l’immagine di Maria ai piedi della croce, immersa nel dolore durante la Passione e crocifissione di Gesù.
La seconda parte, che si apre con “Eia, mater, fons amóris” (“Oh, Madre, fonte d’amore”), è una supplica: il fedele chiede di condividere l’intensità del dolore provato da Maria e da Cristo. Pur in latino, il testo riflette il ritmo tipico della poesia medievale. La più antica testimonianza musicale dello Stabat Mater risale a un codice del tardo Duecento, proveniente dal monastero domenicano di Santa Maria Maddalena a Bologna.
Nel corso dei secoli, numerosi compositori si sono cimentati nella sua messa in musica: Roland de Lassus, Alessandro Scarlatti, Antonio Caldara, Nicola Fago, Antonio Vivaldi, Pier Luigi da Palestrina, Luigi Boccherini, tra gli altri.
A Benevento, da sedici anni, lo Stabat Mater è protagonista del Venerdì Santo, e negli ultimi cinque anni trova la sua cornice nella Chiesa civica della SS. Annunziata. Un appuntamento attesissimo, occasione preziosa per meditare sul mistero della crocifissione e sul dono estremo di Dio, che ha sacrificato il proprio Figlio per la redenzione del mondo.
Il concerto è stato introdotto da Monsignor Mario Iadanza, che ha presentato tre versioni dello Stabat Mater: quella di Nicola Fago, quella composta dal Maestro Veaceslav Quadrini Ceaicovschi, e infine una versione poetica di David Maria Turoldo. Fago scrisse per soli, coro e orchestra; Quadrini Ceaicovschi per soprano, contralto, coro e orchestra.
Monsignor Iadanza ha offerto una riflessione intensa, sottolineando come questa sequenza, ancora oggi, sappia parlare direttamente al cuore. Prima di lasciare spazio alla musica, ha augurato al pubblico non un semplice “buon ascolto”, ma, correggendosi con dolce ironia, una “buona degustazione”, quasi a sottolineare il carattere profondo e sensoriale dell’esperienza che stavamo per vivere.
A seguire, è stato letto un brano del Vangelo di Giovanni, le parole di Gesù a Giovanni: “Ecco tua madre”. In quell’atto di affidamento reciproco tra il discepolo e Maria si racchiude tutta la grandezza dell’amore terreno di Cristo: non lasciare soli coloro che più ha amato.
Gesù, dalla croce, vede sua madre. Lei, “stava”: era presente, silenziosa e fedele, nel momento più tragico. Maria non ostacola, non reclama, non si ribella. Si affida, rimane, ama. È madre fino all’ultimo respiro del Figlio.
In questo clima di intensa commozione hanno preso vita le note dello Stabat Mater, interpretato da Federica D’Antonino (soprano), Michela Rago (mezzosoprano), Giuseppe Maiorano (tenore) e Michele Bisceglie (basso), accompagnati dall’Orchestra Internazionale della Campania e dal Coro da Camera Opera Festival.
Primi violini: Francesca Farina, Sofia Di Somma, Salvatore Terranova, Giuseppe Quadara, Sara Pisaniello; secondi violini: Erika Verga, Francesco Chirico, Massimo Palumbo, Antonio Perotti, Francesca Tagliamonte. Alle viole: Guido Esposito e Sara Lombardi; ai violoncelli: Enzo Di Somma e Maria Pucino; ai contrabbassi: Giovanni Miele, anche direttore artistico della serata, e Federico Maylin. Al clavicembalo, impegnato nel basso continuo, il Maestro Leonardo Quadrini.
Nel corso del concerto, Monsignor Iadanza ha ricordato come Gesù, trafitto sulla croce, sia lo stesso che camminava tra la gente della Palestina. E come i discepoli, pur amandolo, non seppero rimanere accanto a lui nell’ora più buia. Solo Maria resta: madre nel dolore, madre nella speranza.
Ella, pur spezzata dal dolore, non si sottrae: “sta” ai piedi della croce, come poi starà accanto agli apostoli nel giorno di Pentecoste, continuando a compiere il suo compito più grande — quello di amare.
Il racconto musicale e lirico della serata ha offerto una forza struggente, capace di elevarsi oltre le parole, dove solo la musica può arrivare.
Concludendo, Monsignor Iadanza ha lasciato al pubblico un messaggio potente:
“Voi che credete, voi che sperate, andate a dire ai quattro venti che la morte sarà sconfitta, spargete la vostra gioia e dite a tutti che la speranza non ha confini. Grazie, e Buona Pasqua.”
Maria Varricchio

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