La proclamazione di Salvo D’Acquisto quale Venerabile Servo di Dio

ANCHE I TEDESCHI, SUOI ASSASSINI, HANNO RICONOSCIUTO: “IL VOSTRO BRIGADIERE È MORTO DA EROE. IMPASSIBILE ANCHE DI FRONTE ALLA MORTE.
” Il 22 marzo scorso, a Napoli, il cardinale Marcello Semeraro ha officiato una messa in onore di Salvo D’Acquisto ed ha letto il decreto di promulgazione della sua venerabilità, quale Servo di Dio. Nell’esporre la vita di Salvo, ha parlato di due giovinezze: “la prima vissuta a Napoli, nella sua città natale, nella sua famiglia, dove ha imparato come si affronta la vita; la seconda, quella dell’Arma dei Carabinieri, nel servizio della Patria e della comunità umana. Davvero in entrambe si è sempre lasciato guidare dal Signore.” Il 22 marzo 2025 invochiamo il compimento, in attesa di quel miracolo, sigillo di Dio per la beatificazione. Ricordiamo che i Santi sono come i nostri genitori. Egli fu educato in una famiglia di ferventi cattolici, dediti alla recita quotidiana del Rosario, di cui era molto devoto. Ed infatti egli si recava anche a Pompei per recitarlo. Era un credente. La vita militare prima e la guerra poi non lo hanno cambiato, testimoniano i conoscenti: dimostrava più anni di quanti ne avesse. Ha amato prima la sua famiglia, poi i suoi amici e quelli che gli erano stati affidati, vedi la comunità di Torrimpietra, ma non ha dimenticato l’amore per la famiglia. Qui a Napoli, nell’Arma dei Carabinieri, ha dimostrato la sua realtà educativa, così come affermò Giovanni Paolo II. La prima agenzia educativa è indubbiamente la famiglia. Apprese il senso del sacrificio, il rispetto, l’amore del prossimo in una semplice famiglia cattolica, composta da 5 figli. Come aveva osservato Giovanni Paolo II: “La santità è esercizio quotidiano di vita, anche nel lavoro di tutti i giorni.” La celebrazione della S. Messa è stata accompagnata dal coro dell’Arma dei Carabinieri e dal Quintetto del Conservatorio “N. Sala” di Benevento, diretti dal Maestro Luca Verardo. Durante la celebrazione sono stati eseguiti, tra gli altri canti, l’Ave Verum Corpus di Mozart, il Panis Angelicus, di una bellezza commovente. A chiusura della celebrazione vi è stato il ricordo del colonnello generale corpo d’armata, Salvatore Luongo, il quale ha affermato, senza ombra di dubbio, che: “Il senso del sacrificio e degli ideali pervade l’Arma. Per ogni carabiniere, oltre il senso del sacrificio, un archetipo da seguire per ogni militare è l’ideale. L’esempio è stato seguito anche da due nipoti, che sono anch’essi nell’Arma.”
Chi era Salvo D’Acquisto?
Egli era nato a Napoli, il 15 ottobre 1920, nel rione Antignano. Fu il primogenito di cinque figli in una famiglia profondamente cristiana. Frequentò l’asilo e poi anche il ginnasio dai Salesiani. Nel 1934 lasciò gli studi e frequentò per un periodo il Conservatorio di “San Pietro a Majella”, quale baritono. Si arruolò nei Carabinieri come volontario il 15 agosto 1939, all’età di 18 anni, frequentando la Scuola allievi Carabinieri di Roma. Con l’entrata in guerra dell’Italia si arruolò volontario per la Libia italiana nella Campagna del Nordafrica (1940-1943). Dopo alcuni mesi trascorsi al fronte, alla fine di febbraio 1941 rimase ferito a una gamba durante uno scontro a fuoco con le truppe inglesi. Rientrò in Italia per una licenza di 3 mesi e poi, dopo aver seguito a Firenze il corso accelerato per la promozione a vicebrigadiere, il 19 dicembre fu destinato alla stazione Carabinieri ubicata nel Castello di Torre in Pietra, all’epoca una borgata rurale a una trentina di chilometri da Roma lungo la via Aurelia, oggi frazione del Comune di Fiumicino. Dopo l’armistizio firmato dal Maresciallo Badoglio l’8 settembre 1943, alcuni paracadutisti tedeschi si erano sistemati presso alcune vecchie postazioni precedentemente in uso alla Guardia di Finanza, nelle vicinanze della località Torre Perla di Palidoro, che rientrava nella giurisdizione territoriale della stazione Carabinieri di Torre in Pietra. Qui, nel tardo pomeriggio del 22 settembre 1943, alcuni di loro, mentre ispezionavano casse di munizioni abbandonate, furono investiti dall’esplosione di una bomba a mano. Due paracadutisti morirono e altridue rimasero feriti.

Il comandante del reparto, un maresciallo, attribuì la responsabilità dell’accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione dei Carabinieri della locale stazione, temporaneamente comandata dal vicebrigadiere Salvo D’Acquisto. Il comandante minacciò una rappresaglia, se entro l’alba non fossero stati trovati i colpevoli. La mattina seguente D’Acquisto raccolse alcune informazioni e riferì che l’incidente era privo di autori e quindi una disgrazia. I tedeschi, dal canto loro, insistettero sulla loro versione e confermarono l’intenzione di dare corso ad una rappresaglia, così come era stato stabilito da un’ordinanza emanata dal feldmaresciallo Albert Kesselring pochi giorni prima. Il 23 settembre furono dunque eseguiti dei rastrellamenti e catturati ventitré uomini e un ragazzino, scelti a caso fra gli abitanti della zona. Lo stesso D’Acquisto fu forzatamente prelevato dalla caserma da parte di una squadra armata e fu condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Fu tenuto un sommario “interrogatorio” nel corso del quale tutti gli ostaggi si dichiararono innocenti. Nella piazza venne anche condotto un altro abitante ritenuto un carabiniere, Angelo Amadio, che sarà l’ultimo testimone del sacrificio del vicebrigadiere. Alla reiterata richiesta di indicare i nomi dei responsabili, D’Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere, poiché l’esplosione era stata accidentale e di conseguenza, gli ostaggi e gli altri abitanti della zona erano dunque tutti quanti innocenti. Durante l’interrogatorio dei rastrellati, D’Acquisto fu tenuto separato nella piazza, sotto stretta sorveglianza da parte dei soldati tedeschi e, “quantunque malmenato e a volte anche bastonato dai suoi guardiani, serbò un contegno calmo e dignitoso”, come ebbe a riferire in seguito Wanda Baglioni, una testimone oculare. D’Acquisto e gli ostaggi vennero quindi trasferiti fuori dal paese e a quest’ultimi furono fornite delle vanghe e costretti a scavare per alcune ore una grande fossa comune nelle vicinanze della Torre di Palidoro davanti al mare, per la ormai prossima loro fucilazione. Una volta conclusa l’operazione di scavo, i tedeschi avrebbero fucilato gli ostaggi. Il testimone, Angelo Amadio, raccontò: «All’ultimo momento, però, contro ogni nostra aspettativa, fummo tutti rilasciati eccetto il vicebrigadiere D’Acquisto. … Ci eravamo già rassegnati al nostro destino, quando il sottufficiale parlamentò con un ufficiale tedesco a mezzo dell’interprete. Cosa disse il D’Acquisto all’ufficiale in parola non c’è dato di conoscere. Sta di fatto che dopo poco fummo tutti rilasciati: io fui l’ultimo ad allontanarmi da detta località». I tedeschi, infatti, credevano che Amadio fosse un carabiniere e, pertanto, inizialmente ritennero di trattenerlo per farlo assistere all’esecuzione. Salvo D’Acquisto, dunque, si era accusato del presunto attentato, addossandosi la sola responsabilità dell’accaduto e richiedendo l’immediata liberazione dei rastrellati. I 22 prigionieri furono lasciati liberi e immediatamente si diedero alla fuga, lasciando il sottufficiale italiano, già condannato a morte, dinanzi al plotone d’esecuzione. Non appena Amadio riuscì a dimostrare, presentando i suoi documenti, che in realtà era un operaio delle ferrovie e non un carabiniere, si diede anch’egli alla fuga. Come raccontò nella sua testimonianza resa nel 1957, fece in tempo però, mentre correva, a sentire il grido “Viva l’Italia”, lanciato dal carabiniere, seguito subito dopo dalla scarica di un’arma automatica, che portava a termine l’esecuzione. Si voltò e vide un graduato sparare un ulteriore colpo al corpo già riverso per terra, ed i soldati ricoprire il corpo con il terriccio, spostandolo con i piedi. Il comportamento del militare aveva colpito gli stessi tedeschi, che il giorno dopo, secondo quanto riferito nella testimonianza della Baglioni, le dissero: “Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte.” Non a caso, per l’atteggiamento tenuto, al nostro giovane vicebrigadiere è stata conferita la Medaglia d’oro al valor militare (alla memoria).?

Il corpo rimase sepolto lì per una decina di giorni, fino a quando due donne della zona lo dissotterrarono e gli diedero degna sepoltura presso il Cimitero di Palidoro. Nel giugno 1947, nonostante l’opposizione dei 22 scampati alla strage e della popolazione di Palidoro, la madre riuscì a far traslare le spoglie di Salvo D’Acquisto nella sua città natale. Qui fu tumulato il 10 giugno presso il Sacrario Militare di Posillipo. Più tardi, il 22 ottobre 1986, le spoglie furono seppellite nella prima cappella sulla sinistra della Basilica di Santa Chiara di Napoli, dove riposano tuttora. Nel 1983 è iniziata la causa di beatificazione e la figura del militare fu comunque ricordata da papa Giovanni Paolo II, che, in un discorso ai Carabinieri del 26 febbraio 2001, ebbe a dire: «La storia dell’Arma dei Carabinieri dimostra che si può raggiungere la vetta della santità nell’adempimento fedele e generoso dei doveri del proprio stato. Penso, qui, al vostro collega, il vicebrigadiere Salvo D’Acquisto, medaglia d’oro al valore militare, del quale è in corso la causa di beatificazione». Il 25 febbraio 2025 papa Francesco ha, dopo udienza con il Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin, autorizzato il Dicastero delle Cause dei Santi ad emanare il decreto con cui si riconosce la posizione di Venerabile a Salvo D’Acquisto, in vista della celebrazione della beatificazione.
Maria Varricchio