Leopardi Napoletano – La Poesia della Pietà

Era difficile pensare che Michele Ruggiano, dopo la splendida narrazione ampia e completa di “Raccontare Leopardi”, potesse proporci ancora un saggio sul nostro grande poeta, voce universale del Dolore e dell’Amore dell’umano esistere.

Nel nostro Autore sannita, la “napoletanità” è una dimensione non marginale della sua esperienza e della sua cultura, sia per il suo innamoramento partenopeo che ha generato la sua discendenza, sia per aver incorporato, dagli studi universitari e dalle relazioni civili, lo straordinario vettore spirituale della Civiltà napoletana, che, nella sua spettacolarità linguistica, artistica e popolare, mostra molto spesso il senso profondo della Pietas erga omnes, la Pietà verso tutti.

Ed è la Pietà l’asse religiosamente poetico, etico e culturale che fa vibrare di amore e di dolore la viscere dell’anima leopardiana, immersa nell’esperienza quotidiana della famiglia, del borgo natìo prima e, poi, nelle “fughe” che si concluderanno a Napoli, nel mezzo di una spaventosa epidemia di colera che, solo nella città, farà oltre ventimila vittime.

Michele Ruggiano entra nel mondo di Leopardi con la delicatezza e l’attenzione di una sensibilità e di una intelligenza capaci di penetrare, sentire, leggere e raccontare i moti esistenziali, le dinamiche cognitive, affettive e relazionali che sfidano gli equilibri e l’evoluzione del pensare, dell’amare e del soffrire nell’orizzonte di una sublime comunicazione poetica.

Ed ecco Leopardi, in tutto il suo percorso esistenziale ed artistico, da Recanati a Napoli, da “L’Infinito” a “La Ginestra”, dal “Monte Tabor” fino al “formidabil Monte Sterminator Vesevo”, ove spunta l’”Odorata Ginestra”.

Questo accompagnarsi al Poeta diventa, anche per noi lettori, immedesimazione tenerissima e drammatica in un cuore che sempre palpita e domanda accoglienza e amicizia, quasi sempre gettate nel destino dell’offesa, del disprezzo e del dolore. Ma in questo cuore non c’è spazio per “gli odi e le ire fraterne”, né risentimenti per le ripulse e le sconfitte né per gli insulti dei grandi e la derisione  dei piccoli.

Leopardi, ci dice Michele Ruggiano, passò sulla terra come in un deserto, dove fu esperita una “filosofia dolorosa e vi nacque una poesia della vita e dei suoi valori, quali la pietà, la compassione universale, l’umana solidarietà e l’amore assoluto della verità”; e ancora: Leopardi è come la sua Ginestra, “il fiore del deserto”, un fiore “il cui profumo il deserto consola”.

Ecco perché “La Ginestra” è un tenero canto d’amore, messaggio di saggezza, di amore, di poesia, la poesia altissima della “social catena”. E’ l’amore compassione“l’unica qualità e passione umana che non abbia nessunissima mescolanza di amor proprio”: questa “rivelazione” è compimento e corona della testimonianza di una vita pienamente e poeticamente vissuta e sofferta. La “social catena” è un inno alla vita e non alla negazione di essa e fa amare la vita.

Il nostro Michele Ruggiano ci dice ancora: “Vi prego lettori, dimenticate tutte le favole su Leopardi pessimista, solitario e perfino nemico del genere umano, come pure è stato calunniato. Perché? Perché questo è il vero Leopardi, il Leopardi fraterno ad ogni mente che pensa ed ogni cuore che ama, il Leopardi di Silvia, dell’umile pastore errante, dell’umilissima ginestra”.

Mentre continuiamo a vivere oggi gli anni del “secol superbo e sciocco” e si addensano ancor più le tenebre del mondo e muoiono le illusioni orgogliose della Modernità, che precipita ormai in un fallimento completo le sorti dell’umanità, tornare al Leopardi “vero” significa purificare la cultura della vita e dell’amore dalle insidie della superbia , del dominio e della violenza che trascinano la Terra verso l’autodistruzione.

E’ l’ora di tornare ad aver pietà di noi stessi, delle nostre famiglie e comunità, dei nostri popoli feriti e sofferenti e risvegliarci alla Luce della Verità, della Libertà, dell’Amore.

Davide Nava

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.