Chi erano gli Angioini di Napoli?
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Ricerca del dott. Luigi Di Virgilio sulla storia degli Angioini
Oltre 700 anni fa una regione occidentale della Francia, corrispondente all’attuale Dipartimento Seine et Loire, veniva indicata come Anjou (in italianoAngiò). L’attuale capoluogo è la città di Angers. Nella prima metà del 1200 il principe angioino di quel territorio era Carlo d’Angiò, religiosissimo e guelfo che, a seguito di trattativa segreta con Papa Urbano IV, nel 1265 scese in Italia per sconfiggere lo svevo Manfredi, successore diretto di Federico II di Svevia. A seguito della morte di Urbano IV, la trattativa era intercorsa con PapaClemente IV e nel 1266 si pervenne, quindi, alla famosissima battaglia diBenevento che vide contrapposti l’esercito ghibellino di Manfredi e l’esercito guelfo di Carlo d’Angiò. Il luogo della cruenta battaglia, ricordato anche da Dante Alighieri nella Divina Commedia, fu l’unico ponte presente all’epoca sul fiume Calore, a qualche chilometro di distanza dalla città di Benevento. La battaglia fu ferocissima; si concluse con la disfatta degli Svevi e con la morte dello stesso Manfredi.
Il vincitore Carlo d ‘Angiò fu nominato, all’indomani del successo militare, Re diSicilia con il titolo di Carlo I. La città di Napoli in quegli anni, pur facendo parte del Regno di Sicilia, politicamente era poco significativa dal momento che la capitale del Regno era la città di Palermo con i suoi 300.000 abitanti, dieci volte più estesa di Napoli. In pochi anni, sia per motivazioni strategiche che politico-amministrative, Carlo I d’Angiò decise di spostare la capitale del Regno a Napoli che, nel giro di pochi decenni, crebbe per numero di abitanti e per splendore.L’intelligenza e la lungimiranza dei Signori angioini diede ben presto i suoi preziosi frutti che ancora oggi rappresentano i magnifici simboli della città partenopea: Castelnuovo (conosciuto oggi come Maschio Angioino),Castel dell’Ovo, il Duomo di Santa Chiara, la Chiesa di San Domenico Maggiore sita nell’omonima piazza, Castel Sant’Elmo sul Vomero ecc.
A Carlo I successe ilfiglio Carlo II detto lo Zoppo, padre di Carlo Martello nipote prediletto di Carlo I d’Angiò che pretese i migliori educatori del tempo per il ragazzino. Il principe Carlo Martello venne affidato, per tal motivo, a due illustri precettori francesi: Stefano de la Forest e il nostro Pietro Braherio che ritroviamo più volte nei documenti d’epoca con varianti (Petrus de Braherii, Pietro Braerio, PierreBrahier. ecc.).
Purtroppo, nel settembre 1943 l’esercito tedesco, in ritirata verso la LineaGustav del Lazio meridionale, diede fuoco all’Archivio di San Paolo Belsito(nei pressi di Nola) e tutti i preziosi documenti del periodo Angioino (e nonsolo) andarono distrutti. Dell’illustrissimo personaggio della corte Angioina,noto come Pietro Braherio, sappiamo pertanto ben poco. Ci è noto che, a partire dal 1278, per volontà di Carlo I d’Angiò, fu precettore (aio) del principe CarloMartello; sappiamo anche che, per la sua vasta cultura e per la sua fedeltà alla corte angioina, avendo assolto quel delicato incarico, ottenne onorificenze, laute prebende e proprietà di province del Regno. Per i suoi meriti ottenne dapprima la nomina di Milite e in seguito quella di Giustiziere di Terra di Lavoro. Sappiamo anche che uno dei territori che gli erano stati assegnati comprendeva la nostra Abbazia benedettina di San Salvatore Telesino, luogo che vide la sua morte agli inizi di settembre 1298 e che accolse con grandissimo onore le sue spoglie mortali in una parete a ridosso dell’altare.
Nulla sappiamo, nondimeno, della sua nascita e del luogo dove era venuto al mondo. Possiamo immaginare, al riguardo, che fosse nato nell’Anjou francese, intorno al 1250, e che ebbe presto l’incarico di prendersi cura dell’educazione e dell’istruzione militare del principe Carlo Martello. L’illustre Pietro Braherio, tra i più prestigiosi nobili della corte angioina di Napoli, probabilmente aveva intorno ai cinquant’anni quando si spense, per cause che non conosciamo, nei pressi dell’Abbazia di San Salvatore. Il suo nobile discepolo, il Re d’Ungheria Carlo Martello d’Angiò (che, nondimeno, mai prese possesso del suo Regno), era morto di peste nel 1295, tre anni prima del suo illustre precettore. Pietro Braherio avrebbe potuto essere sepolto nei suoi possedimenti di Nocera, ma il suo forte legame con l’abate e i monaci della nostra Abbazia fecero sì che venisse tumulato qui da noi. La lapide funeraria scolpita in suo onore venne infissa sul sepolcro che conteneva le sue spoglie mortali. Circa 65 anni fa lo studioso Dante Marrocco di Piedimonte, senza aver mai ottenuto una specifica autorizzazione,asportò detta lapide e la collocò in un piccolo Museo intitolato alla memoria di suo padre Raffaele. La appassionata e valida studiosa “casalesca DOC” Antonietta Cutillo, venuta a conoscenza tempo addietro della lapide funeraria del nobile angioino, si è data da fare -coinvolgendo anche il nostro Sindaco Fabio Romano – affinché il Comune di Piedimonte Matese ci restituisse la lapide funeraria del Braherio. Fabio Romanosi è subito attivato rivolgendosi al suo omologo matesino che si è mostrato comprensivo e disponibile alla restituzione della lapide funeraria. Siamo solo in attesa delle indicazioni che la Sovrintendenza vorrà fornirci per il trasporto del prezioso reperto.
La lapide funeraria di Pierre Brahier, dunque, deve tornare nella nostra Abbazia e restarci per sempre. E’ giusto e legittimo che rimanga a SanSalvatore!
Onore al merito, dunque, sia per Antonietta Cutillo che per il Sindaco FabioRomano.
A CURA DI LUIGI DI VIRGILIO (febbraio 2025)
Chi si volta indietro, per scavare intorno alle radici della storia e della cultura, è molto più avanti nel suo tempo. La tenacia dell’amore per la storia della propria terra natale è un germoglio prezioso di una pianta che dà sempre buoni frutti. Questa volta la pianta si chiama Antonietta Cutillo e il “Precettore” è il Dr. Luigi Di Virgilio. Il frutto è, nientemeno, un miracolo: la “risurrezione” di una lapide sepolcrale. Complimenti ad entrambi per l’ottimo lavoro di ricerca e Grazie ai Sindaci di San Salvatore Telesino e di Piedimonte Matese per la grande sensibilità mostrata nella pregevole iniziativa che consentirà il ritorno a casa della lastra sepolcrale!