Il violino di Uto Ughi, nella serata di sabato 22 febbraio, ha regalato al pubblico un viaggio musicale di grande intensità ed emozione

Uto Ughi di nuovo a Benevento, grazie alla sinergia tra il Conservatorio Statale “N. Sala” di Benevento, “L’ Accademia di S. Sofia” e l’Università degli Studi Del Sannio di Benevento
Quando si dice: “L’unione fa la forza” ed è proprio così, la sinergia fra queste tre importanti istituzioni di Benevento, ci hanno ridato la gioia di ascoltare dal vivo, il violino suonato dal M° Uto Ughi.
Non ringrazieremo mai abbastanza il Direttore del Conservatorio, M° Giuseppe Ilario che insieme ai direttori artistici dell’Accademia di S. Sofia, M° Filippo Zigante e M° Marcella Parziale, hanno realizzato questo storico evento.

Come sappiamo i concerti sono preceduti sempre dall’approfondimento di un argomento, quello del 23 febbraio 2025 è stato: “Dal Romanticismo all’Era dell’Intelligenza Artificiale – La Musica tra Emozione, Identità e Tecnologia”, tenuto dal Direttore del Conservatorio di Benevento, M° Giuseppe Ilario, che così si è espresso: “Questa sera vorrei accompagnarvi in un breve viaggio che attraversa il Romanticismo fino ad arrivare alla nostra epoca contemporanea, dominata dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale. Partiamo dal Romanticismo, un movimento artistico che, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, ha rivoluzionato la musica. I compositori romantici cercavano di dar voce all’individualità, all’emozione e all’immaginazione, rompendo con la rigida struttura del Classicismo. Ma il Romanticismo non è stato solo una questione di sentimenti personali; in molti casi, è diventato uno strumento di espressione collettiva, dando vita al cosiddetto “nazionalismo musicale.”
“Compositori come Smetana, Grieg o Mussorgsky”, ha proseguito il M° Ilario, “hanno celebrato le loro culture attraverso la musica, elevandola a simbolo di identità nazionale. Tuttavia, dobbiamo ammettere che, sebbene inizialmente questa fusione tra arte e identità fosse qualcosa di positivo e vitale, in alcuni casi il nazionalismo ha preso una piega ben più oscura. L’uomo, come sappiamo, ha un talento non solo per creare bellezza, ma anche per distorcerla. E così, mentre il Romanticismo cercava di unire, attraverso la celebrazione delle identità, il nazionalismo esasperato e degenerato ha portato alle divisioni, e purtroppo, a conflitti sanguinosi.
Questo ci porta a riflettere su una questione più ampia. Albert Einstein ha affermato che il male non esiste come entità attiva, ma è piuttosto l’assenza di bene. Ha paragonato questa idea all’assenza di Dio nel cuore degli esseri umani, sottolineando che Dio non crea il male, ma che il male è il risultato dell’assenza di Dio. Ecco, possiamo dire che qualcosa di simile è accaduto con il Romanticismo: la sua bellezza non è stata annullata, ma distorta dalla mancanza di equilibrio e dall’assenza di consapevolezza. È l’uso che facciamo delle idee e delle scoperte a determinarne l’effetto sulla società, ed è proprio questo che oggi ci porta a interrogarci sul rapporto tra musica e intelligenza artificiale.
Oggi siamo immersi in una rivoluzione tecnologica, caratterizzata dall’intelligenza artificiale, che ormai è in grado di creare musica, riconoscere schemi, comporre nuove melodie analizzando milioni di brani. Da un lato, è una conquista straordinaria: chi avrebbe mai pensato che una macchina potesse comporre una sinfonia? Dall’altro lato, però, ci sono dei rischi. E il rischio maggiore è quello di perdere la consapevolezza che la musica non è solo una questione di suoni e algoritmi. La musica è vita, è emozione, è identità. E questo, nessun algoritmo potrà mai sostituirlo.
Un altro aspetto importante da considerare quando parliamo di intelligenza artificiale e tecnologia è l’abitudine che abbiamo sviluppato nei confronti delle macchine che ci circondano. Pensate a quante volte i nostri dispositivi elettronici, come smartphone o assistenti vocali, “ci ascoltano” per raccogliere dati sulle nostre preferenze. Quante volte vi è capitato di parlare di un argomento e, poco dopo, ricevere una pubblicità perfettamente in linea con ciò di cui stavate discutendo? Quasi senza accorgercene, ci siamo assuefatti a questo fenomeno, accettando che la tecnologia influenzi le nostre scelte quotidiane, come cosa acquistare o persino cosa ascoltare. Ormai, nemmeno ci facciamo più caso.
Questo è esattamente il tipo di pericolo che dobbiamo evitare quando parliamo di musica e intelligenza artificiale. Se ci abituiamo a vedere la musica come un prodotto che può essere confezionato da un algoritmo, rischiamo di perdere il controllo su cosa sia davvero la musica e come dovrebbe influenzarci. La musica non può diventare un semplice “prodotto” creato su misura per rispondere ai nostri gusti attraverso dati raccolti. Essa è molto di più: è un’arte viva, che deve sorprenderci, emozionarci, ispirarci, non solo rispondere passivamente ai nostri desideri.
Vi faccio un esempio simpatico per rendere l’idea: immaginate una cena romantica in un ristorante elegante, luci soffuse, e in sottofondo una splendida esecuzione di Chopin al pianoforte. Poi, all’improvviso, vi rendete conto che il pianista non è affatto un essere umano, ma un robot programmato per eseguire quei brani. A quel punto, la magia si dissolve, vero? Non perché la musica sia tecnicamente diversa, ma perché manca l’interazione umana, quel tocco imperfetto e al tempo stesso sublime che solo un musicista in carne e ossa può dare. È un po’ come chiedere a un robot di leggere poesie d’amore: può leggere le parole, certo, ma può mai veramente capirle?
Ecco dove risiede il pericolo: se ci affidiamo troppo alla tecnologia, rischiamo di dimenticare che la musica è molto di più di una semplice somma di note ben organizzate. È emozione condivisa, è il sudore dell’artista che si riflette in ogni suono, è la connessione umana che si crea tra chi esegue e chi ascolta. L’intelligenza artificiale, per quanto possa imitare, non potrà mai creare quella connessione. Così come nel Romanticismo l’uomo ha saputo trasformare qualcosa di sublime come il nazionalismo in un’arma di conflitto, allo stesso modo, rischiamo di snaturare la musica se non ne preserviamo l’essenza umana.
Einstein diceva che il male è l’assenza di bene. E allora, se lasciamo che la tecnologia si sostituisca a noi senza una guida, senza un’etica, senza la consapevolezza del suo ruolo, rischiamo di assistere a una nuova forma di assenza: l’assenza dell’umanità nella musica. E questo sarebbe un pericolo ancora più grande.
In un mondo sempre più tecnologico, lo studio della musica, così come la promozione della sua pratica, diventa ancora più cruciale. La musica ci ricorda chi siamo. Insegna empatia, creatività, disciplina, e soprattutto, ci riconnette alle emozioni più autentiche. Di fronte a macchine sempre più “intelligenti,” ciò che dobbiamo coltivare è la nostra capacità di sentire, di vivere l’arte come esperienza, non solo come prestazione.
Concludendo, la musica continuerà a essere un ponte tra passato e futuro, tra tecnologia e umanità. Ma solo se manterremo viva la consapevolezza che essa non è semplicemente suono, ma vita, emozione, identità. E in questo, nessuna intelligenza artificiale potrà mai prendere il nostro posto”.
Un messaggio di profonda speranza, di fede infallibile nelle capacità dell’uomo”.
Siamo poi passati al momento musicale, e qui dobbiamo cogliere l’occasione per ringraziare il servizio “Sound vibration”, con sede in Telese Terme, per la grande qualità del suono.

Infatti, l’Orchestra del Conservatorio di Benevento, diretta dal M°Maurizio Petrolo, ha eseguito un nutrito programma ad iniziare con “Palladio” di K. Jenkins.
Siamo poi passati ad ascoltare il Concerto in mi minore per violino, archi e cembalo detto di Antonio Vivaldi, ”Il Favorito”, forse perché il suo autore, lo amava tantissimo.
Il M° Uto Ughi, accolto da un grosso scroscio d’applausi, ci ha spiegato che Vivaldi è molto conosciuto per le sue “Le quattro stagioni”, composte in omaggio alla natura. Infatti, come si può capire ascoltandone le note, Vivaldi ha riprodotto il cinguettio degli uccelli nella primavera, il rumore dell’estate, la neve soffice che cade e quello delle foglie in autunno. Noi immaginiamo facilmente di vedere scendere la neve, cadere le foglie, guardare lo sbocciare dei fiori, il cantare delle cicale.
Ci ha infine raccontato il M° Ughi che, in realtà, Vivaldi era anche un sacerdote e non appena aveva l’intuizione di una musica, interrompeva le funzioni religiosi e si appartava in sacrestia a scrivere. Questo suo atteggiamento gli costò la sospensione a divinis, l’impossibilità di celebrare la messa in pubblico, ma solo in

. Il concerto è proseguito con l’esecuzione di un Preludio e allegro in stile di Pugnai, così come lo ha definito il M°arrangiatore, Antonio Aiello, composto insieme a F. Kreisler. Il M° Ughi, nel presentarci il brano, ci ha anche spiegato che Pugnani era prevalentemente un solista unico del 1700 ed ha eccezionalmente scritto questo brano con un altro musicista.
Non potevano mancare le note di J.S. Bach con il suo “Concerto in La min. BWV 1041 per violini, archi e cembalo”, nei suoi tre movimenti: Allegro moderato, andante e allegro assai.
Alla fine del concerto il M° si è complimentato con l’Orchestra del Conservatorio affermando che: ”È stato straordinariamente bello trovare un’orchestra di giovani così bravi”. Ha esaltato il lavoro svolto dal direttore M° Petrolo e l’impegno profuso dai nostri giovani artisti. Incoraggiandoli nel continuare ha concluso: “Da questa orchestra possono venire cose bellissime. Come sappiamo, l’Italia è uno dei primi paesi al mondo per la produzione di violini. La liuteria italiana faceva cantare i violini”.
“È stata dunque una piacevolissima sorpresa aver espresso complimenti alla città di Benevento, che ha anche una bellissima sala nel Conservatorio, e questo teatro è un gioiello”, ha concluso il Maestro.
Il pubblico ovviamente gli ha chiesto un bis ed il M° con il suo elegante e sottile umorismo di sempre, ha rimbalzato la palla e ci ha chiesto: “Cosa volete sentire?”, ma ha subito puntualizzato che non avevano preparato tanti bis. E così ci siamo dovuti accontentare, annunciando che ne avrebbe suonato la metà, … nientemeno che del 24 movimento di Paganini, scritto dal grande violinista a soli 16 anni.
Il pubblico si è alzato immediatamente in piedi, non appena il Maestro ha concluso la sua esecuzione, confermando l’amore che noi abbiamo per la musica e per un grandissimo violinista, come il M° Uto Ughi.
Maria Varricchio