Francesco Gaetano – Un volo libero su Sanremo

A Sanremo è appena cessata la pioggia battente del Festival ed, oggi (lunedi 17 febbraio 2025) si stanno sgomberando i detriti lasciati dai tzunami plaudenti ed ondeggianti di una platea assuefatta ad applaudire, più o meno come i pigionieri del “Mito della caverna” di Platone, ipnotizzati nel ritenere oranti veri le ombre che sono sfilate sul palco del Teatro Ariston. Lo hanno brevettato come Festival della canzone “italiana”. Se ci fosse un testo nella canzone, che ora a me non sembra affatto in lingua italiana; trovo estremamente difficile la traduzione, dal momento che le parole delle canzoni sono indecifrabili.

Sono rimasto impressionato dalla stranezza del fatto che due soli personaggi hanno fatto centro con la chiarezza del loro esprimersi in lingua nostrana: Roberto Benigni e Topo Gigio: tuttavia, non li hanno fatto cantare! Perché? Opino, allora, che il Santo – per l’appunto S. Remo – probabilmente stimolato dal collegamento in video-conferenza augurale con il Vaticano, circa il valore della musica – ha confuso un poco il Sacro e il profano, pensando, così, che nel Teatro Ariston ci fosse un cenacolo degli Apostoli ed ha provveduto ad inviare lo Spirito per confonderli e far esprimere ciascuno in una lingua diversa, comprensibile solo tra di loro, ma escludendo l’alea che 12 milioni (“meno uno”) di spettatori potessero appurare il testo delle canzoni nella lingua italiana, non ancora fuori corso! Spiegherò dopo il “meno uno”. Al momento, vorrei capire il perché S. Remo, nell’inviare lo Spirito, non lo ha fatto precedere dalle lingue di fuoco come successe a Pentecoste con i veri Apostoli. Giova ricordare che a quell’epoca non c’era la passerella mediatica della TV che, come succede adesso, agevola il passaggio vociante, strillante e farfugliante delle figure che proiettano, a noi prigionieri, immagini e linguaggi indecifrabili sulla parete della caverna! La mancanza delle lingue di fuoco può essere attribuita ad un disguido o probabile, eventuale dimenticanza nell’allestimento del palinsesto di Sanremo (?). Adesso, sarei curioso di scoprire se, tra i 12 milioni di telespettatori, ce ne fosse “uno” che ha collazionato 5 parole per ciascuna canzone: se ci fosse, mi complimenterei con questo fortunato per avere azzeccato una bella cinquina. Gli vorrei chiedere “come è stato possibile?” Si sarà avvalso del “miracolo” (?) dell’intelligenza artificiale? Con i miei 85 anni non sono interfacciato con queste innovative tecnologie ultramoderne. Penso, con questo, di aver chiarito l’esclusione del “meno uno” dai 12 milioni di telespettatori, augurandogli una lunga Crociera (con i soldi della cinquina), alla faccia delle canzoni dal lessico clandestino e/o indecifrabile. Non riesco a capacitarmi del come sia possibile, avendo visto tantissimi Festival, un tempo chiari e limpidi come l’acqua di sorgente che, con il passare del tempo, il livello lessicale è divenuto sempre più scoppiettante fino ad assumere un tono singhiozzante e/o da balbuzienti. Un amico mi suggeriva… “Sarà l’età: sai, ache i Festival invecchiano e questo è il 75° compleanno di Sanremo”. Ma, allora, perché non lo mandano in pensione? Il Festival di Napoli, da tanti anni è in pensione! E l’amico mi replica: “Dovresti saperlo e mi meraviglio se tu non lo sapessi ancora. In Italia ci sono due categorie di lavoratori (!?) che non vanno mai in pensione: i cantanti ed i politici! I primi perché, dopo aver fatto il 1° gorgheggio del ritornello, non faticano molto a ripetere decine di volte sempre lo stesso; i secondi perché hanno anch’essi il loro ritornello che chiamano “Inno di Mameli”e sono sempre pronti ad azionarlo come se si dovesse intraprendere una campagna bellica, incitando il popolo di tenersi prontamente equipaggiati a partire alla conquista della vittoria.

Nel mentre stavo chiudendo il volo pindarico su Sanremo – sono le ore 13,44 di domenica 16 febbraio 2025 – il TG1 annuncia la tragedia di una bambina, nel Napoletano, di appena 9 mesi, sbranata nel suo lettuccio dal cane di famiglia – un pit bull. Putroppo, non è finita qui, perchè, oggi, 17 febbraio 2025 la TV dà la notizia di un’ennesima aggressione ad un uomo adulto da parte di ben tre cani d’assalto. Perchè queste tragedie senza un senso? C’è da tratteggiare una evidente irragionevolezza ad avere in casa cani addestrati per la difesa e per l’assalto alle persone. Gli animali, essendo privi di intelligenza, agiscono d’istinto e il loro istinto, a livello emotivo, non è controllabile nemmeno dal padrone e, soprattutto, è imprevedibile. Allora, perché tenerli in casa, in particolare, quando ci sono bambini? La cosa equivale ad avere un’arma carica puntata sempre contro tutto il nucleo familiare e contro gli occasionali visitatori. A questo punto, prima che possa partire un colpo inavvertito dall’arma carica che è in casa, giova far esplodere con fragore il boato di un forte interrogativo: nella fattispecie , cosa fanno, a livello istituzionale, gli organi di tutela della sicurezza pubblica? Si può essere liberi di tenere, nella propria residenza, un’arma carica, nel nostro caso un cane addestrato per l’assalto alle persone? Non basta ancora il gran numero di persone, soprattutto bambini, rimasti vittime dei repentini e inavvertiti assalti? Si auspica che qualcuno, finalmente, accolga l’interrogativo e lo tramuti in un esclamativo di liberazione da questo tremendo incubo.
Francesco Gaetano