Al Teatro Romano di Benevento il concerto di “Carmina Burana” impreziosito dalle coreografie del balletto di Saveria Cotroneo
La conclusione di questa Stagione Lirica a Benevento è avvenuta in bellezza con “Carmina Burana, Cantiones Profanae” per soli coro e orchestra di Carl Off.
Per definizione essi “consistono in storie scritte in una specie di latino, tedesco e francese, sulla natura, sull’amore, sulla vita e sulla morte. Sono canti religiosi e profani: scherzosi, amatori, satirici, blasfemi alcuni e mistici altri, in strofe e versi vari rimati. Si tratta di trecento canti, prevalentemente anonimi, scritti tra il XII-XIII secolo, e ritrovati, nel 1803, nel monastero benedettino di Benediktbeuren, presso Monaco di Baviera.”
“Autori erano per lo più studenti che si spostavano da un’università all’altra dell’Europa e ad essi è attribuita la larga diffusione che ebbe nel Medioevo la poesia goliardica. Con i loro canti, essi animavano le feste del carnevale, in cui regole e tabù erano provvisoriamente aboliti. Abbiamo in realtà a che fare con esperti di retorica, di teoria musicale e di performance; perfetti esempi di quella formazione che le scholae cathedrales e le prime università fornivano agli studenti del tempo.”
“Gli autori di questi canti erano spesso ai margini o spesso erano guardati con sospetto da parte delle autorità, ma la loro indiscussa bravura e duttilità li rendevano assai apprezzati e attesi soprattutto dove con il loro aiuto risollevavano le sorti di cappelle musicali in difficoltà per occasioni solenni ed importanti. “
In questa edizione hanno suonato l’Orchestra Sinfonica Internazionale della Campania e al pianoforte Tatyana Sapesko, diretti dal M. Leonardo Quadrini, con la partecipazione del Coro Lirico di Lecce, con la M. Vincenza Baglivo; il Coro di Voci Bianche di Benevento, con la guida della M. Mina Minichiello.
Bravissimi anche i cantanti: Sara Tarquini soprano, Antonello Dorigo quale tenore, Massimo Simeoli baritono.
Ottima, come sempre la coreografia della M. Saveria Cotroneo, che così si è espressa:” Le parole di “O’ fortuna”, il primo brano dei Carmina Burana: “Sorte possente e vana, cangiante ruota…”ci hanno coinvolti nella coreografia che 21 danzatori hanno interpretato, con la prima ballerina Giulia Roberto. Siamo andati poi dal brillante “Ecce gratum” alla sfrenata coreografia di “In taberna quando sumus”, fino al delicato passo a due nel “Cour d’amors”. L’ultimo brano “Fortuna imperatrix mundi”, ci ha travolti per l’intensa interpretazione.”
I “Carmina Burana”, infatti, sono una cantata scenica basata su 24 componimenti poetici, tra quelli trovati nella raccolta medievale omonima.
L’opera è strutturata in un prologo (Fortuna imperatrix mundi), cinque parti ed un finale, in realtà, ripetizione della prima sezione del prologo.
I titoli delle cinque parti sono: “In primavera”, “Nel prato”, “Nella taverna”, “Cortile dell’Amore”, “Biancofiore ed Elena”.
Ogni parte è composta da uno o più brani.
Le coreografie hanno visto impegnati anche due ballerini ospiti: Francesco Tosto e Giuseppe Protano.
Ringraziamo anche il M. collaboratore di palcoscenico, Veaceslav Quadrini Ceaicovschi, il pianista di sala e accompagnatore Franco Capozzi, mentre Bruno Carletti è stato il coordinatore di produzione e direttore di palco.
Di grande professionalità sono stati anche il responsabile tecnico, nella persona di Francesco Tuzio ed il collaboratore artistico Fabrizio Nestonni.
Nel momento del commiato il direttore Giacomo Franzese ha giustamente parlato di un “finale col botto”. Era visibilmente emozionato, ha ringraziato tutti da Ferdinando Creta a Leonardo Quadrini, al Sovraintendente Mariano Nuzzo, e soprattutto il pubblico, concludendo: “Grazie per essere stati con noi” e ci ha dato appuntamento per la prossima stagione.
Anche noi ci siamo emozionati al momento dei saluti, perché ormai ci eravamo abituati a questi bei appuntamenti con la lirica. Un modo sicuramente eccellente di trascorrere la serata, ascoltando musiche bellissime, che resteranno immortali.
Auguriamoci soltanto, come aveva auspicato Katia Ricciarelli, che sempre più giovani si avvicinino alla conoscenza di questa altissima forma d’arte, in modo tale da renderla fattivamente immortale.
Maria Varricchio