Il Romanzo dell’Amore e del Dolore nel borgo antico
Ci sarà sempre un appassionato bisogno di Verità, di Libertà, di Amore e di Bellezza, anche quando, come in quest’oggi drammatico e inquietante, la nostra Civiltà appare sempre più corrosa dall’insidia della menzogna contro Dio e contro l’uomo, mentre si scatenano gli imperialismi incontenibili degli Stati più potenti e gli appetiti smisurati delle grandi Corporazioni finanziarie, economiche e mediatiche.
E nello strazio della condizione umana, nell’oscurarsi della sua trasparenza, della sua dignità, del suo onore, crollano i miti e le illusioni di un progresso inarrestabile e le orgogliose pretese dell’io di poter dominare la Storia, anche la sua piccola storia.
Michele Ruggiano, questo nostro autorevole maestro e scrittore sannita, ha esplorato per decenni la grande letteratura italiana ed europea e ci ha proposto l’altissima sovranità poetica di Giacomo Leopardi e la sua incomparabile testimonianza culturale dentro il dramma della sua profondissima umanità.
Ora ci dona il ritratto del suo borgo natìo e, in esso, il profilo, l’anima, la vita del “Cuore di Donna”, “cuore di mamma” immerso nell’esperienza vivida, umile e potente del Dolore e dell’Amore, i veri protagonisti della vicenda umana.
Solo ora, dopo aver colto, nel “mistero” della grande Poesia, l’energia essenziale e la misura spirituale e trascendente del vivere, il nostro Autore ha sentito di non poter tenere chiusa nel silenzio e nella discrezione la sua dolente e tenerissima vicenda esistenziale, annodata decisamente alla centralità umile ed eroica della “Maternità”, germogliata felicemente e drammaticamente maturata nella sua casa, nella sua famiglia, nella sua comunità.
Nel “Raccontare Leopardi”, Michele Ruggiano aveva già introdotto, con successo, la “metodologia del pellegrinaggio” amorevole nell’intelligenza e nel cuore del poeta con un’empatica presa relazionale, cognitiva ed affettiva.
Nel raccontare il “Cuore di Mamma”, l’attenzione premurosa si trasfigura in venerazione, in innamoramento, in legame religioso con l’umiliazione, il dolore, le pene, le prove, i sacrifici. Così il tenero racconto intimo e familiare diventa “romanzo storico”: narrazione della gente umile, povera, provata, che si raccoglie nella famiglia come in un tempio sacro all’Amore e al Dolore, in compagnia del Dio umanizzato e crocefisso. E’ qui che si svolge il dramma sacro dove accadono le sole cose che hanno importanza, perché in essa, nelle intime connessioni intrafamiliari, si muove la dinamica fondazione dell’essere dalla lontanissima origine genealogica all’eterna destinazione divina.
E’ l’irruzione, improvvisa e micidiale, della Morte del giovane marito musicante e calzolaio a sconvolgere, dopo solo cinque anni, l’avviato progetto di vita e di amore e a condannare alla solitudine e alla povertà una donna indifesa e tre bambini da sfamare.
Ha inizio così la difficilissima prova sull’arduo sentiero dell’esistere, senza rinnegare e dimenticare mai l’amore costitutivo della piccola famiglia, senza disperare per l’oscuro domani, senza perdere la confidenza e la fiducia, senza venir meno alla Fede nella Provvidenza e al dono immenso di esserci nella terra del Buon Dio, continuando a credere a sperare ad amare ancor di più.
Era sentita, profonda, condivisa allora la religiosità. Era ampia la partecipazione popolare alla Via Crucis del Venerdì Santo, al Corpus Domini, al Santo Natale, alle Processioni; la Prima Comunione era “la prima festa della vita”. Tutto il borgo allora sentiva profondamente l’esultanza delle grandi festività religiose, San Michele Arcangelo e la Madonna del Campanile. “Era ancora il tempo della Fede, della Fede salda ed intemerata. Di più. Era ancora il tempo del rispetto della Fede, del suo segreto fascino anche su menti “libertine”, come quella del lontano signore dell’Illuminismo, Denis Diderot, che al passaggio del Corpus Domini si commuoveva fino alle lacrime”, annota il nostro Autore.
Nel suo sguardo profondo e luminoso, aperto dalla Pietas materna verso Dio, l’anima e il mondo con una parola “lieve ed elegante”, con il respiro di una Speranza nutrita dall’Amore e dal Dolore di una madre e dei suoi figli, questo romanzo abbraccia tutta la storia del mondo, del tempo e dell’eternità.
In circa cinquanta rappresentazioni-meditazioni, distinte in quattro parti, c’è il richiamo vivo, alla drammatica realtà del nostro presente che può essere vissuto, per non perdersi, solo nel “mistero” del cuore che crede, che spera, che ama. In esse c’è sempre una luce, che è anche fuoco, che è anche calore: indica l’orizzonte entro cui, senza arrenderci all’inimicizia del dominio devastante del male, senza cedere all’insinuarsi della paura e dell’ipocrisia, è necessario impegnare la nostra iniziativa, la nostra responsabilità, la nostra testimonianza di Amore, di Misericordia, di Perdono.
Non è possibile dar conto di tutta la storia. Se ne può avvertire il compiuto significato nell’ultima scena: a metà della Via Crucis del Venerdì Santo, era il 16 aprile 1976, Mamma Maria, già nonna ed ancora sposa innamorata, incontra nel cuore provato e stanco, per la seconda volta la Morte: la prima nello strazio infinito e disperato per lo sposo amato che le fu tolto, la seconda, Ella, sulle orme del Cristo, l’ha guardata, la Morte, la sua, con un sorriso.
Davide Nava