Al Teatro Greco di Siracusa, ”La Pace ” di Aristofane, un messaggio di grandissima attualità

   
Il Teatro Greco di Siracusa con la Inda Fondazione ci hanno proposto per la prima volta, una commedia, “La Pace” di Aristofane, il cui contenuto, mai come ora, si presenta di grandissima attualità. La storia è stata sempre costellata da fratricidi, quali quello biblico di Caino nei confronti di Abele, Romolo nei confronti di Remo, in questo dualismo costante tra bontà e cattiveria in cui l’uomo da sempre si dimena, sintetizzato nella massima: ”Homo hominis  lupus”.  Sappiamo che gli antichi solevano personificare le forze del male, quelle del bene, perché  con la concretizzazione dei concetti, quest’ultimi erano più tangibili, più comprensibili. Aristofane utilizza le personificazioni della pace e della guerra per indicare agli uomini la via della pace, molto più appagante di quella del male. La domanda è:   ”Riuscirà nel suo intento?”
La scena iniziale, offerta ai nostri occhi, curata da Alessandro Chiti, con Michele Ciacciofera per le installazioni, con le luci di Giuseppe Filipponio, è stata quella del pavimento del palcoscenico, sul quale era stata collocata la cartina geografia degli stati euroasiatici. 
 I primi protagonisti che abbiamo visto sono stati Polemos, (Patrizio Cigliano), dio della guerra, con un’armatura total black, semplicemente spettacolare, circondato dai suoi soldati, impegnati in un corpo a corpo. Ci dobbiamo complimentare per i costumi, preparati da Daniele Gelsi, con la collaborazione di Andrea Grisanti, che hanno contributo a fornire, tramite l’immagine visiva, il contenuto della commedia. Ottima è stata anche la direzione di scena realizzata da Giuseppe     Coniglio e dalla sua assistente Valentina Enea. Bellissime sono state anche le musiche originali di Patrizio Maria D’Artista, sulle cui note sono state ideate le movenze  da Miki Matsuse . Dobbiamo ringraziare l’assistente alla regia, impeccabile per la verità, Raffaele Latagliata e gli assistenti volontari, William Caruso e Flavia Testa.  La guerra dunque ha coinvolto tutto il mondo allora conosciuto e lo ha inghiottito, così come ha fatto il buco centrale nel palcoscenico, che ha risucchiato la cartina geografica. Infatti, l’obiettivo di Polemos è proprio quello di triturare tutte le città greche in conflitto. Due servi di Trigeo stanno alimentando, con grosse palle di sterco, vere e proprie polpette, uno scarabeo gigante, che secondo Esopo era l’unico in grado di  poter volare, per  raggiungere l’Olimpo. La narrazione si inserisce nelle guerre del Peloponneso, dove la guerra tra Sparta ed Atene miete tantissime vittime.  Un contadino, Trigeo, ha deciso di rivolgersi dunque agli dei per far cessare le ostilità, ma non appena riesce ad arrivare in cielo, (con l’aiuto di una gru) a cavallo dello scarabeo, trova solo il dio Hermes, interpretato da Massimo Verdastro, rimasto a custodia perché tutti gli altri, disgustati,hanno abbandonato il cielo della Grecia. Al dio, grazie all’offerta di una coppa d’oro, viene chiesto aiuto nella lotta contro la guerra, ed a quel punto non può dunque non accogliere le suppliche dei contadini. Hermes li aiuta indicando il luogo in cui Polemos ha imprigionato la dea Pace, interpreta da Jacqueline Bulnes, Opera e Theoria. L’impresa, dopo molto impegno, riesce e finalmente Trigeo, vista Opera, (Federica Clementi), decide di sposarla, mentre la dea Theoria(Gemma Lapi) sarà accompagnata in Parlamento. Arriva dunque tutto gioioso il fabbricante di falci, Paolo Giangrasso, al quale Trigeo assicura che farà ottimi affari e che ha portato in dono un fallo gigante,simbolo della fertilità, mentre il mercante d’armi, interpretato da  Giuseppe Rispoli, a cavallo e con il suo carico di armature, lance e spade, si allontana disperato perché capisce che non vi è più alcuna possibilità di lucro, per lui. Agli spettatori vengono distribuite banane, che fanno parte del lauto e ricco banchetto organizzato per le nozze di Trigeo, in cui si levano in alto i calici sulle note dell’intramontabile brindisi da “La Traviata” di Giuseppe Verdi, a differenza di quanto realmente faceva Aristofane, che distribuiva chicchi di grano agli astanti, distinguendosi a sua volte dagli altri autori, che distribuivano dolci vari, al pubblico. Nella commedia è inserito anche il trionfo di Aristofane, interpretato da Martino Duane, il quale si bea del fatto di essere stato l’autore di una commedia, in cui è stato trattato un tema così importante. Egli ha immaginato una Pace, imprigionata e finalmente liberata. La gioia per la riconquistata pace viene manifestata dalle danze dei contadini e dal lancio finale dei cappelli in aria. Il monologo finale della Pace è stato recitato da Elena Polic Greco, che insieme a Simonetta Cartia  è anche direttrice dei cori cantati. Tutti gli attori, i corifei ed il coro sono stati diretti da Daniele Salvi, in questa edizione tradotta da Nicola Cadoni. Infine, come era stato previsto, Theoria viene accompagnata in Parlamento, un Parlamento moderno, con tutte le bandiere dei maggiori stati e dove vivono queste figure, vestite con abiti a giacca e con il volto coperto da calze nere, che nell’immaginario teatrale, rappresentano i politici….Sarà proprio uno di essi a sparare un colpo di pistola……Il messaggio della necessità della pace, unica, che può garantire prosperità a tutti, è passato?Ci risiamo?

Maria Varricchio

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