La Bellezza che salva il mondo
di Mons. Pasquale Maria Mainolfi
Sempre più mi è entrata nel cuore la domanda che Dostoevskij, nel suo romanzo ” L’ idiota”, pone sulle labbra dell’ateo Ippolit al principe Myskin :” È vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la bellezza?”. Non si tratta della bellezza seducente, che allontana dalla vera meta cui tende il nostro cuore inquieto, è invece la “bellezza tanto antica e tanto nuova”, che Agostino confessa come oggetto del suo amore purificato dalla conversione nel libro delle “Confessioni”. Dunque si tratta della bellezza di Dio. È la bellezza che caratterizza il Pastore che ci guida con fermezza e tenerezza sulle vie di Dio, che è detto nel Vangelo di Giovanni “Il Pastore bello, che dà la vita per le sue pecore” ( Gv 10,11). È la bellezza cui fa riferimento San Francesco nelle “Lodi del Dio altissimo” quando invoca l’Eterno dicendo: “Tu sei bellezza! “. È la bellezza di cui scrive San Giovanni Paolo II nella
“Lettera agli artisti”, affermando: “Nel rivelare che quanto aveva creato era cosa buona, Dio vide anche che era cosa bella … La bellezza è in un certo senso l’espressione visibile del bene, come il bene è la condizione metafisica della bellezza”. Di questa bellezza come unità con l’Eterno, la modernità, tempo della ragione forte ed emancipata, ha perso il senso e la strada. Perciò l’epoca moderna è il tempo dell’utopia di un compiuto “regno dell’uomo”. Ambizione affamata di totalità, senza spazio per la trascendenza e per il mistero. Utopia velleitaria della ragione adulta ove la bellezza è stata respinta, esiliata o ridotta a calcolo, a volgarissimo kitsch – fango – immondizia. Scrive il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar: “La bellezza ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alle sue cupidità e alla sua tristezza”. Conseguenza drammatica di questo esilio della bellezza: inevitabile perdita del senso del vero e del bene. In un mondo senza bellezza, anche il bene ha perduto la sua forza di attrazione e siamo giunti all’angoscia esistenziale, non sappiamo dare risposte alle domande radicali, siamo così giunti al compimento della parabola dell’epoca moderna. Urge un recupero della bellezza-verità-bene, poiché “non possumus amare nisi pulchra”, non si può amare che il bello ( Agostino, De Musica). Anton Gaudì afferma che gli edifici che l’architettura sacra costruisce sono come dei “ponti per giungere alla Gloria”. In Gesù “Verbo fatto carne” la bellezza è venuta ad abitare in mezzo a noi. Occorre percepirla soprattutto attraverso l’ascolto dei quattro testi evangelici, accompagnati dall’arte che si fa mirabile commento al messaggio verbale. I commenti al lezionario attraverso le immagini hanno una storia antica di 1.500 anni. Il popolo cristiano recepisce le letture dell’anno liturgico con l’ausilio dell’arte e questo fa parte ormai del processo di ascolto da cui scaturiscono la fede e le opere dei credenti. Quante immagini sacre, raffiguranti eventi e personaggi delle Sacre Scritture, aiutano la comunità a leggere più incisivamente il Vangelo. L’arte paleocristiana monumentale, i capolavori di Roma e Ravenna, sono a tutti ben noti. Una volta le letture venivano ascoltate in mezzo a mosaici ed affreschi allusivi alle parole proclamate. Più tardi, nel Medioevo, appariranno collezioni di letture con miniature che visualizzano gli eventi narrati ( evangeliari, epistolari, graduali). E poi libri liturgici quali i rotoli dell’Exultet e i grandi antifonari del tardo Medioevo, similmente arricchiti di immagini. Così l’arte sacra si pone al servizio dell’ “ars celebrandi”, la tradizione artistica si fa aiuto formidabile alla predicazione, per una rimarcata sensibilità mistagogica, ampiamente enfatizzata da Benedetto XVI nella esortazione apostolica “Sacramentum caritatis”: l’iconografia religiosa orientata alla mistagogia sacramentale. Incarnare la storia della fede attraverso la bellezza è il carisma delle Missionarie della Divina Rivelazione, congregazione nata nel 2001 su impulso delle apparizioni della Vergine alla grotta delle tre Fontane in Roma, con la missione specifica di fare catechesi attraverso l’arte cristiana presente nelle basiliche romane come San Giovanni in Laterano, San Pietro e Musei Vaticani. Madre Rebecca Nazzaro è la superiora di questo nuovo ordine religioso. Mi onora della sua grande amicizia perché di origine sannita, il papà di Montesarchio, la mamma di Cervinara, mio paese di origine. Diplomata in canto lirico al Conservatorio Santa Cecilia, mezzo-soprano del coro lirico della RAI, una vita tra note e spartiti, a 24 anni sceglie di seguire Cristo. Grazie alle visite guidate dalle Missionarie della Divina Rivelazione, l’arte diventa via alla scoperta della Grande Bellezza.