Benedetto XVI il sapientissimo gigante della fede e della ragione
di Mons. Pasquale Maria Mainolfi
Si spegne una luce sulla terra. Si accende una stella nel cielo. San Giovanni Paolo II, che lo ha avuto per lunghi anni fedele collaboratore, ha spalancato le braccia e lo ha accolto sulla soglia dell’eternità! Dieci anni fa la rinuncia di Ratzinger non è stato un passo indietro ma un passo in avanti agli occhi di Dio. Un passo in avanti verso la verità, la dottrina, una visione trascendente dell’esistenza . Non una rinuncia la sua ma l’accettazione di una vocazione che in Dio trova il suo centro di gravità, un sacrificio che svela in pienezza il suo profondo significato soltanto se siamo capaci di guardare il mondo dalla parte del Cielo. Papa Benedetto XVI “il sapientissimo” è salito come Mosè sul monte a pregare e intercedere per la salvezza dell’amatissima Chiesa fondata da Gesù. La sua mortificazione e la sua incessante preghiera ha fatto tremare il demonio. Nel monastero “Mater Ecclesiae” sul colle Vaticano, Papa Ratzinger, per 10 lunghi anni prega, si mortifica, crede, spera, sicuro che l’aiuto per la Chiesa giungerà dal Cielo. È ancora forte in me il ricordo della presenza in Benevento dei Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
. In qualità di delegato arcivescovile, nominato dall’arcivescovo Serafino Sprovieri, era toccato a me organizzare e coordinare le molteplici iniziative culturali e pastorali per la celebrazione del primo congresso eucaristico nella storia della Chiesa beneventana. Il primo e due giugno del 2002 Ratzinger giunse in città per concludere lo storico evento. Indimenticabile la sua conferenza nell’Auditorium del Seminario dinanzi agli amministratori della Provincia Sannita: “Occorre tornare a credere che lo sviluppo dei popoli, prima ancora che dalle dinamiche sociali, culturali ed economiche, nasce dalla fede in Dio”. La visita agli ammalati presso l’ospedale Sacro Cuore dei Fatebenefratelli. La intensa e indimenticabile Concelebrazione eucaristica nella basilica Cattedrale, gremita all’inverosimile. Un uomo mite, umile, gentile, dal tratto dolcissimo ma insieme forte, coraggioso e deciso, intellettuale europeo di sconfinato valore, raffinato teologo, degno successore di Giovanni Paolo II, il maggior teologo contemporaneo,un grande Padre e Dottore della chiesa. Nato 95 anni fa in Marktl am Inn, nel territorio della diocesi di Passau in Germania e precisamente il 16 aprile 1927, di Sabato Santo. Suo padre, commissario della gendarmeria, proveniva da una famiglia di agricoltori, la madre, figlia di artigiani, prima di sposarsi aveva fatto la cuoca in diversi alberghi. Studia filosofia e teologia dal 1946 al 1951 presso la scuola superiore di filosofia e teologia di Frisinga e presso l’Università di Monaco. Il 29 giugno 1951 è ordinato sacerdote insieme al fratello maggiore George. Sale sulla cattedra universitaria a soli 31 anni. Partecipa al Concilio Vaticano II come “esperto teologo”. Grande conoscitore dei problemi del mondo contemporaneo. Il 24 marzo 1977 è nominato arcivescovo di Monaco. Il 27 giugno dello stesso anno Paolo VI lo crea cardinale a soli 50 anni. Sceglie come motto episcopale: “Collaboratori della Verità”. E della verità diventa coraggioso e fedele testimone. Il 25 novembre 1981 Papa Wojtyla lo nomina Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, presidente della pontificia Commissione biblica e della Commissione teologica internazionale. Autore di centinaia di pubblicazioni di elevato valore teologico. Il 30 novembre 1998 viene nominato decano del collegio cardinalizio. Dopo 24 anni di umile servizio quale attento difensore della fede cattolica e riferimento sicuro per chi sbanda nella pianura del diffuso e lacerante “relativismo etico”, il 19 aprile 2005, viene eletto 265° successore dell’Apostolo Pietro perché la Chiesa mantenga alta la fiaccola della verità. La scelta del nome Benedetto si raccorda al grande padre del monachesimo e patrono dell’Europa. Dostoevskij, scrive: “l’Europa ha rinnegato Cristo. È per questo, e solo per questo, che sta morendo”. Un Papa europeo, dunque, perché l’Europa, sempre più agnostica, è da rienvangelizzare. Il poeta tedesco Wilhelm Willms ha paragonato l’Europa a “un grande museo cristiano, una tomba preziosa ma vuota”, perché “il Risorto è altrove, le sue cattedrali sono simili a gusci di chiocciola”. Non è solo questione di perdita della “memoria” delle radici, è perdita di una coscienza, di una morale, di un sapere che sia vero, bello e illuminante. Papa Benedetto XVI si è da subito definito “Un umile operaio nella vigna del Signore”. Ad alcuni è risultato poco simpatico, perché ha difeso la vita contro l’aborto, la morale cristiana, la verità e la libertà, ha dichiarato il marxismo nemico della dignità dell’uomo e la inconsistenza fallimentare del relativismo e del capitalismo economico. Un Papa serio che ha testimoniato al mondo le meraviglie di Dio, riproponendo in termini forti ed efficaci le verità “ultime”, quelle che l’uomo, sia pure inconsciamente, cerca perché “sempre l’uomo supera infinitamente l’uomo”. Le sue ultime parole: “Gesù ti amo, rappresentano la cifra e la sintesi di tutta la sua appassionata ricerca filosofica e teologica. Nel testamento spirituale il ringraziamento a Dio e alla famiglia e poi la grande esortazione rivolta a noi: “Ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.