“Signore ,Ti amo”
Papa Benedetto XVI
Solo un fiume immenso di gratitudine, di venerazione e di umiltà può porci ancora in comunicazione con Benedetto XVI, con una riconoscenza orante che penetri la soglia del Cielo ad impetrare la sua Benedizione paterna e la premura di una intercessione intensa e continua.
Dagli anni sessanta, dal Concilio Vaticano II, la sua presenza sacerdotale giganteggia nella storia contemporanea, tra sfide epocali e prove drammatiche ed anche tra apostasie e insulti, attacchi ed offese, fino a negargli il diritto alla Parola, fino alla rinuncia clamorosa e drammatica all’esercizio attivo del Papato, fino all’ultima decennale esperienza nel Monastero Mater Ecclesiae, dal quale si allontana col palpito nel respiro “Signore, Ti amo”, e per penetrare nell’eterna dimora che l’accoglie ora nella gioia, nella pace e nell’amore, con il Bacio della Famiglia Divina.
E’ il trionfo umano-divino di una creatura straordinaria, umile, buona, dolce che ha attraversato questo tempo con l’anima di un “bambino innocente”, con la sensibilità matura di una vocazione sublime al servizio di Dio e degli uomini, per un’altissima Missione di Dolore e di Amore nel prendersi cura di una Comunità di credenti, fedeli e infedeli, e dell’intera Umanità ferita, sperduta e sconvolta dalla istigazione e dalla seduzione del Male che, dagli inizi della storia, osa ancora strappare l’uomo al destino della Gloria eterna della Creazione e alla Misericordia della Redenzione.
Egli si è incardinato nella profonda, costante, coerente relazione trinitaria e teologale della Fede, della Speranza e della Carità. E questa passione vitale è divenuta predominante in lui ed ha assorbito tutti gli atti e moti del suo esistere: “Tuo sono io e mio sei Tu” nella consacrazione ad essere vittima per la Chiesa e per l’Umanità con il dono sconfinato della sua umiltà profondissima e della sua disposizione al Sacrificio.
Ed è la “Semplicità” di sguardi, di parola, di modi, di passi il principio performativo di ogni bene e della sua stessa umiltà.
E’ nell’intimità protettiva della famiglia cattolica della sua Baviera e nella vicenda dolorosissima della Germania nazista fino al crollo tragico di quel dominio tenebroso, che si avvia il processo di formazione del nostro Joseph Ratzinger. Egli avverte e vive dal principio l’urto drammatico tra le forze della violenza e della menzogna e l’energia che muove il cuore dell’uomo, quando è animato dalla Grazia di Dio a difesa della Verità e del Bene.
Scriverà poi che “Dio è la Ragione creatrice e al contempo Ragione-Amore …” e che la conoscenza della “Verità ha come scopo la conoscenza e la pratica del Bene”. Riconoscerà in modo sempre più profondo che in questo legame filosofico e teologico fondamentale c’è il senso dell’interrogarsi socratico-platonico che svolgerà in dialogo con i Padri della Chiesa, con Sant’Agostino, San Bonaventura e con i grandi intellettuali del Cristianesimo. “La Verità ci rende buoni e la Bontà è vera”: questa è la radice dell’ottimismo che vive nella Fede Cristiana, perché in questa Fede si è rivelata la visione del Logos, Incarnazione del Figlio di Dio.
L’ottimismo, che è fiducia piena nel Signore, traspare sempre sia nel suo sorriso franco ed aperto, sia nella tristezza del volto in pena, nella stretta tra Amore e Dolore.
Da Papa, come Pastore della grande Comunità dei Cattolici, è diventato sempre di più anche una voce della Ragione etica dell’umanità, per avvicinare così il vasto mondo dei non credenti, degli indifferenti, degli appartenenti ad altri “credo”. Certamente anche tra opposizioni e riluttanze, tra convenienze ed ipocrisie ed anche tra insulti e cattiverie.
Ma Papa Ratzinger non si arrende: la parola d’ordine della Civiltà dell’Occidente, delle sue origini e del suo destino è “Quaerere Deum”: “Ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità di ascoltarlo rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura”.
E, coraggioso Pellegrino della Verità e del Bene, accorre nelle centrali storiche della cultura e del potere e richiama nei grandi discorsi di Ratisbona, di Berlino, di Parigi, di Londra la coscienza dei popoli e delle Nazioni d’Europa che si sono rifiutate di riconoscere le radici cristiane della loro Civiltà.
Nel cuore delle sue splendide Encicliche, “Deus Caritas est”, “Spe salvi”, e “Caritas in Veritate”, “l’umile servitore nella vigna del Signore”, uno tra i “Cooperatores Veritatis” nella vita del Cristianesimo, afferma e riconferma la Verità del Vangelo:
“L’uomo è alienato quando è solo o si stacca dalla realtà, quando rinuncia a pensare e a credere in un fondamento …”;
“Talvolta l’uomo moderno è erroneamente convinto di essere il solo autore di se stesso, della sua vita e della società”;
“Senza Dio l’uomo non solo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia”;
“Dio è al principio e alla fine di tutto ciò che vale e redime”;
“L’Umanesimo che esclude Dio è un Umanesimo disumano”;
“La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma –dall’incontro tra la Fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa”.
Nel Magistero della Verità, della Libertà e dell’Amore di Papa Ratzinger, l’autentico sviluppo integrale della persona e dei popoli non può essere staccato dalla “realtà fondante e decisiva che è Dio”. Ecco perché egli esprime forti critiche sia verso i sistemi marxisti che quelli capitalisti che “non lasciano spazio all’Amore che resta sempre la via migliore di tutte”.
L’Amore-Dolore più acuto e struggente di Benedetto XVI, nell’intimità e solitudine monastica durante gli ultimi dieci anni, si sprigiona per la Chiesa e per il Sacerdozio, per la “sporcizia” che vi è penetrata, per il cedimento culturale e valoriale alle spinte del liberalismo massonico e del marxismo comunista, per il disfacimento dell’identità antropologica e della centralità assiologicadel matrimonio e della famiglia, per l’avanzare ancora insidioso e nascosto di uno scisma che si potrà consumare su la essenzialità ecclesiale ed ecclesiastica dell’Eucaristia e per l’incombere, in ultimo, della “fine perversa di tutte le cose”.
Ora, Benedetto XVI, vivente nella Famiglia Divina, benedica la nostra convivenza umana perché torni ad accogliere il supremo Dono umano e divino della Vita, restituendola alla Sovranità della Divina Volontà: ci benedica per aiutarci, per difenderci, per perdonarci, per consolarci, per farci santi.
Per preparare il mondo all’ascolto della Profezia che ci annuncia da tempo “il trionfo del Cuore Immacolato di Maria” e “ il Ritorno Glorioso di Gesù.”