Benevento, ”Poesia Visiva” alla biblioteca provinciale
di Vincenzo Maio
Presso la Biblioteca Provinciale di Benevento è in corso di svolgimento “Poesia Visiva”, sperimentazioni poetiche degli anni ’60 e ’70 in Italia, che si concluderà il prossimo 10 novembre. Consiste in un percorso espositivo tramite collages, serigrafie, manifesti, libri d’artista e cataloghi provenienti dall’Archivio della Cooperativa delle Macchine Celibi e collezioni private. Intende riportare il visitatore al cuore di una rivoluzione stilistica comunicativa e culturale che si è sviluppata in Italia tra la fine degli anni ’50 e gli anni ’70. Quella della “Poesia Visiva” è una corrente di ricerche artistiche e poetiche essenzialmente italiana, anche se si ricollega a un fermento internazionale di analoghe sperimentazioni verbo/visive. La “Poesia Visiva” si sviluppa in Italia articolandosi in alcuni gruppi e territori. Prende forma un “gruppo genovese”, che da’ vita alla rivista “Ana-Etcetera”, con Anna e Martino Oberto, Rodolfo Vitone, Ugo Correga, a cui si unisce il poeta di origini romane Corrado D’ Ottavi. C’è un “gruppo toscano”, sotto l’insegna di “gruppo 70”, con Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti, Lucia Marcucci e Luciano Ori. E ancora si delinea un “gruppo napoletano” con Luciano Caruso, Mario Diacono, Stelio Maria Martini, che prende le mosse dal gruppo di artisti visivi “Gruppo 58” e dalla rivista “Documento Sud”, alla quale partecipa Enrico Baj, Jean-Jacques Label ed Edoardo Sanguinetti. C’è un “gruppo emiliano” (il cosiddetto “gruppo del mulino di Bazzano), con Giulia Niccolai, Corrado Costa, Patrizia Vicinelli e Adriano Spatola, che darà vita alle riviste “Geiger” e “Tam Tam”. In Veneto, a Illasi, un piccolo centro della provincia di Verona, Sarenco coinvolge intorno alla rivista “Lotta Poetica” i protagonisti francesi della sperimentazione verbo/visiva con Alan Arias-Missan, Jean Francois Bory, Henri Chopin, Paul De Vree (co-direttore della rivista), Blaine, De Vree, Arias-Misson. Anche protagonisti del “Gruppo ‘63”, fondato da Umberto Eco, Renato Barilli e Angelo Guglielmi praticano esperimenti di “Poesia Visiva”: in mostra ci sono due collages del poeta Nanni Belestrini, un intellettuale assolutamente fuori dagli schemi, come Emilio Villa, di cui in mostra c’è un’opera, ed è partecipe di queste ricerche che troveranno posto nel corso degli anni ’60 nella rivista “Ex”, da lui fondata e diretta insieme a J.J. Label e Mario Diacono. La Poesia Visiva vive la sua stagione d’oro negli anni ’60 e negli anni ’70, ma resiste al “postmodernismo” degli anni ’80 e arriva fino a noi, come testimoniano molti lavori recenti presenti in mostra. Tra questi segnaliamo il lavoro di Luciano Nanni (in arte Nanni Menetti), che è stato per tanti anni docente di Estetica al Dams di Bologna. Le basi della Poesia Visiva sono rinvenibili nella lezione dell’avanguardia storica (futurismo, dadaismo, surrealismo) sia per quanto riguarda la contaminazione tra parola e immagine, sia per quanto riguarda la funzione eversiva dell’arte in rapporto alla società. La “Poesia Visiva” non si limita infatti a mescolare scrittura e immagine. Ambisce ad essere, come scriveva Adriano Spatola, una forma di “arte totale”. Non vuole essere consolatoria, ma intende piuttosto porci un interrogatorio critico sulle modalità e i fini della comunicazione esistente. In tal senso la “Poesia Visiva” è anche una forma di risposta alla Pop Art americana. Se la tecnica della Pop Art statunitense è quella di mettere a fuoco un dettaglio di un prodotto o di una pubblicità, isolarlo, ingrandirlo e presentarlo come opera d’arte, l’obiettivo della “Poesia Visiva” è “demistificare” i codici comunicativi dell’industria dei consumi di massa, i linguaggi e gli stereotipi del potere, tramite una sorta di smontaggio e rimontaggio della comunicazione ottenuto con la tecnica del ritaglio da riviste e successivo collage. Se la Pop Art ci propone il mito di Marilyn, la “Poesia Visiva” denunzia questo “mito”, volendo mistificare la stereotipizzazione della donna nella comunicazione della società dei consumi. Lamberto Pignotti, che ha alternato il lavoro come artista con quello di teorico e l’insegnamento universitario, ha scritto molti saggi su come la pubblicità, l’ “undicesima musa”, sia riuscita a “vampirizzare” anche le ricerche dell’arte contemporanea. Per esemplificare questo tema in mostra abbiamo inserito due pubblicità (una di benzina, una di periodici degli anni ’60), che richiamano tecniche di composizione dei caratteri tipografici e di spazializzazione del testo della pagina riprese dalla “Poesia Visiva”. L’orizzonte della sperimentazione verbo/visiva è complesso, plurale: si può distinguere una linea della “Poesia Visiva” dove compaiono nell’opera scritture e immagini, una linea della “poesia concreta” dove i caratteri tipografici e le parole sono trattati come immagini, una linea di nuove “scritture poetiche”, nella quale la scrittura poetica tenta nuove forme di spazializzazione e di composizione del testo nella pagina, una “poesia sonora” che in qualche caso addirittura rinunzia alla scrittura per diventare ricerca intraverbale, fonetica, sonora. Il poeta allora diventa un performer, e il corpo, la vocalità, il momento dell’esecuzione della partitura poetica diventano decisivi.
Benevento, 5 novembre 2022
Vincenzo Maio (cell.347-3173288)