Chi è la signora Giorgia Meloni
L’attività parlamentare di Giorgia Meloni, prima che diventasse presidente del Consiglio dei Ministri, è contraddistinta da comportamenti, sia dai banchi delle maggioranze berlusconiane che da quelli delle opposizioni, che non sono per lo più in linea con i suoi indirizzi politici.
Infatti, ha votato a favore del trattato di Dublino, quello che prevede l’accoglienza degli immigrati nel Paese di sbarco (in questo caso dell’Italia), mentre combatteva e combatte ancora l’accoglienza degli immigrati economici; ha votato a favore del lodo Alfano, l’atto che, avallato dal presidente Napolitano ma giudicato incostituzionale dalla Consulta, prevede la sospensione dell’azione penale per tutta la durata in cui la persona coinvolta è Presidente del Consiglio dei Ministri; ha votato a favore del legittimo impedimento, l’atto che avrebbe consentito a Berlusconi di giustificarsi dal comparire nei processi; ha votato a favore dell’IMU sulla prima casa; ha votato a favore del MES, il fondo salva-Stati, cui L’Italia, nonostante numerose sollecitazioni, comprese quelle di Renzi verso il governo Conte2, pena la negazione delle fiducia (determinante) di Italia Viva; ha votato a favore della legge Fornero, quella fortemente combattuta da Matteo Salvini, suo alleato nella maggioranza berlusconiana (la stessa di quella attuale) che nel 2011 aveva portato l’Italia sull’orlo del baratro; ha votato contro il taglio delle pensioni d’oro; ha votato a favore del taglio di 1,4 miliardi alle Università; ha votato a favore del taglio di 8 miliardi all’Istruzione; ha votato a favore della legge bavaglio sulle intercettazioni telefoniche; ha votato a favore della legge svuota carceri; ha votato a favore del Rosatellum; ha votato contro la decadenza da senatore di Augusto Minzolini, decadenza che non richiede un voto, poiché la decadenza, automatica, è prevista dalla legge Severino per i parlamentari destinatari di sentenze passate in giudicato; ha votato a favore dello scudo fiscale per falso in bilancio.
A parte l’aspetto contraddittorio di alcune di esse rispetto a comportamenti successivi, compresi quelli attuali, queste prese di posizione denotano, in larga parte, una vocazione di destra della signora Meloni.
Dai banchi dell’opposizione, rispetto al governo Conte2 (ma è stata all’opposizione anche del governo Conte1) ha sempre combattuto insieme a Matteo Salvini le misure restrittive poste in essere da Palazzo Chigi per fronteggiare, con i DPCM, quella che poi si è rivelata una pandemia da Covid-19.
All’inizio della terza decade di luglio 2020, quando si profilava la necessità di prorogare lo stato di emergenza, dichiarato per 6 mesi il 31 gennaio 2020 dal Consiglio dei Ministri dopo il manifestarsi dell’epidemia a Wuhan in Cina, disse che non vi erano le condizioni che avrebbero consigliato una proroga dello stato di emergenza, raccogliendo la simpatia di negazionisti della pandemia, che erano già stati, o si accingevano ad andare, in vacanza all’estero.
Il governo di allora, attento e prudente, prorogò lo stato di emergenza, rispetto alla posizione da bastian contrario, e solo al fine strumentale di raccogliere consenso da parte dei negazionisti e da coloro che si sentivano privati della libertà di movimento, assunta dalla signora Meloni.
A settembre 2020, al rientro dalle vacanze degli italiani, ha cominciato a prendere forma la seconda fase. Il crescere dei contagi, in misura assai esponenziale, aveva spinto il premier Conte a porre restrizioni notevoli, “per arrivare a Natale con un maggior respiro”, diceva lui, con l’emanazione di un DPCM il 25 ottobre. Un provvedimento, questo, rispetto al quale, vi fu la sollevazione, con infiltrazioni camorristiche, degli operatori commerciali di Napoli, una sollevazione che, non rimasta isolata al capoluogo campano, si estese in diversi centri d’Italia.
Qualche mese dopo, rispetto all’avanzare della pandemia, il sociologo torinese Luca Ricolfi, disse che quel DPCM andava emanato nei primi di ottobre, evidentemente, aggiungiamo noi, per rendere più cruenta la sommossa dei commercianti napoletani. Quel DPCM, che avrebbe dovuto avere la validità di un mese (fino al 24 novembre) venne superato dalla introduzione dei colori, al punto che Benevento, quando il nosocomio “Rummo” in più occasioni ha “sfornato” 6 morti al giorno, finì nelle restrizioni della zona rossa, un colore che ci ha oppressi anche nelle festività di fine anno 2020.
Poi è arrivata anche la terza fase. Ma intanto nei primi di dicembre si era cominciato a parlare del fatto che Pfizer aveva preparato il suo vaccino. Conte disse che, da informazioni in suo possesso, quel vaccino sarebbe arrivato in Italia entro la fine di dicembre. Poi, in seguito a disguidi informativi, fu costretto a dilazionare di poco i tempi di arrivo. Questo comportamento di Conte, non dovuto a sua responsabilità, indusse Claudio Brachino, un giornalista della Lega, uno di quelli che imperversavano nei talk show de La7, a considerare poco serio il premier. Intanto, le prime dosi di vaccino arrivarono in Italia, e anche a Benevento, entro la fine di dicembre. Poi c’è stata la quarta fase nel mentre si inoculavano i primi vaccini.
Immaginiamoci cosa sarebbe successo se il governo, dando ascolto a quella protesta della signora Meloni, avesse reso normale la vita degli italiani. Chissà quanti sarebbero stati i decessi in Italia, se, con le restrizioni imposte dal governo Conte, abbiamo avuto più di centomila morti nella seconda, nella terza e nella quarta fase, e più di trentacinquemila nella prima fase, durata,questa, con le privazioni del lockdown, poco più di 2 mesi.
Speriamo che le sue scelte, nella veste di presidente del Consiglio dei Ministri, saranno meno strampalate di quelle sventolate quando vestiva i panni del bastian contrario.
Intanto, in seguito al modo come la polizia si è trovata a dover sgomberare il Rave Party da quel capannone di Modena, ritenuto pericolante, si pensa di adottare misure legislative che, mentre si tenta di impedire raduni di quel tipo impedendo gli assembramenti non autorizzati di più di 50 persone, si vuole tentare di impedire, alla maniera fascista, le proteste, le manifestazioni pubbliche e ogni forma di partecipazione dei cittadini a pubbliche assemblee, con il pretesto della difesa della incolumità e della salute deicittadini. Questo pericolo è stato affacciato anche Luigi De Magistris, l’ex sindaco di Napoli, a “l’Aria che tira” del primo novembre, oltre alle forze politiche, presenti nel Parlamento e nel Paese, che si oppongono al governo Meloni.
E c’è da preoccuparsi dal momento che abbiamo come Ministro degli interni una persona, Matteo Piantedosi, che ha costruito la sua carriera nel Palazzo del Viminale, occupando, quando non faceva il Prefetto, posti di vice capo Gabinetto e capo Gabinetto di vari ministri, sino a essere capo Gabinetto di Salvini, un incarico nel corso del quale ha affrontato la crisi dei porti chiusi (da Salvini). Ma nel 2012 è stato anche addetto all’attività di pianificazione delle Forze di Polizia.
Non c’è da fidarsi, pertanto, delle rassicurazioni fornite dal ministro Piantedosi. I provvedimenti repressivi delle libertà iniziano sempre in un modo subdolo, per poi assumere tutte le caratteristiche dello Stato di Polizia. I fatti dimostrano che, in ogni deriva di destra del nostro Paese, i corpi separati dello Stato, nei quali si annida un retaggio di…destra tradizionale, si sono sempre ringalluzziti. Chi ha i capelli bianchi sa cosa successe nei 123 giorni (26 marzo 1960-27 luglio 1960) in cui il Paese è stato governato da Fernando Tambroni, con l’appoggio, esterno ma determinante, del MSI. Eppure, Tambroni, tutt’altro che amico dei post fascisti del MSI, quando nel voto di fiducia vide che i voti del partito di Almirante erano determinanti, si recò subito dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi per rassegnare il mandato. Ma Giovanni Gronchi gli disse di ritornare il Parlamento, poiché quei voti erano costituzionali.
La storia poi ha raccontato cosa successe in quei tre mesi, nella misura in cui la Polizia caricava le manifestazioni pubbliche antigovernative: il Paese fu disseminato da una decina di morti, di cui 5 nella sola Reggio Emilia, causati da spari della polizia contro cittadini inermi che manifestavano in piazza il 7 luglio del 1960.
Dopo il governo Tambroni, caduto a furor di popolo, Amintore Fanfani cominciò da parlare di convergenze parallele nei confronti del PSI, un nuovo corso, quello scaturito dalla intuizione di Fanfani, che prese avvio con alleanze tra socialisti e democristiani negli enti locali, per poi culminare nella formazione, il 6 dicembre del 1963, del governo Moro-Nenni. Questa alleanza provocò la scissione della sinistra socialista, che il 6 gennaio 1964, riunita al Palazzo dei Congressi all’EUR, rifondò il PSIUP, alla cui costituzione a Benevento partecipò anche chi scrive.
In un altro momento, in cui nel nostro paese si è avuta una deriva di destra dopo la vittoria conseguita dalla coalizione Berlusconi-Fini alle politiche del 13 maggio 2001, la polizia si è esibita in una carica violenta contro i cittadini, per lo più giovani, che protestavano contro il G8 svoltosi a Genova dal 19 al 22 luglio 2001. Una carica, a più riprese, che provocò la morte di Carlo Giuliani, un giovane di 23 anni, e che culminò nel violento pestaggio notturno, a G8 quasi concluso, nella caserma Bolzaneto di Genova, un pestaggio finito poi nelle aule giudiziarie, con la condanna di poliziotti.
Ma i comportamenti violenti della Polizia, durante il governo Tambroni e il G8 di Genova, sono solo degli esempi. In diversi altri casi, specie durante i governi centristi degli anni 50, la Polizia ha seminato morti.
Anche se le premesse ci sono tutte, non vorremmo rivivere quei momenti mentre governa la signora Meloni. Ma una donna che, quando si presenta alle Camere, dice “Non disturbare chi vuole fare”, “noi non indietreggeremo”, non dimostra nessuna apertura al dialogo, non tanto con le forze politiche di opposizione presenti in Parlamento, forze che tutte insieme hanno raccolto un milione e mezzo di voti in più del centro destra, ma con le forze sociali.
Ma questi sono i danni prodotti dal Rosatellum, voluto da Ettore Rosato per consentire al Pd, nel 2018, di fare propri, nel centro sud, la gran parte dei collegi uninominali. La quasi totalità di questi collegi fu invece appannaggio del M5S.
Con il 43% dei voti di coloro che si sono recati ai seggi,corrispondente al 28% della totalità degli elettori, il centro destra ha conseguito una maggioranza qualificata nei due rami del Parlamento, una situazione, sottolineata anche dal Presidente Mattarella (“chiarezza del responso elettorale”), che ha consentito la formazione del governo in tempi rapidi. Ma Enrico Mentana, il direttore del TG de La7, nel corso del suo diario politico che, iniziato dopo il voto del 25 settembre, è terminato dopo la costituzione del governo, il 20 ottobre non è riuscito a trattenere la sua vocazione di destra, quando, senza fare la stessa considerazione di Mattarella, disse: “In meno di un mese dal voto avrà inizio la Legislatura. Se si pensa che nel 2018 il governo si ècostituito dopo 3 mesi dal voto…”, gli auspici, volle sottolineare con una espressione del viso, ci sono tutti per un buon avvio. Non disse, il che è grave, che dal voto del 4 marzo del 2018 non scaturì una maggioranza ben delineata come quella attuale.
Evidentemente, la signora Meloni, per aver fatto quelle affermazioni, non intende confrontarsi con i sindacati, considerato che, in ogni incontro, i contraenti cedono sempre rispetto ai loro punti di partenza, per pervenire a sintesi. La posizione assunta dalla signora Meloni è un venir meno a una prassi politica ormai consolidata, in un paese democratico. Eppure, il filosofo Massimo Cacciari, quando interviene nei talk show di Lilly Gruber, dicesempre che il pericolo in Italia non è il fascismo. Evidentemente, gli risulta che La Zuffa (così i sessantottini chiamavano l’attuale presidente del Senato negli scontri di piazza), è figlio di un partigiano.
Certamente, non avremo una riedizione, sic et simpliciter, di ciò che è avvenuto nel ventennio, nel senso che non avremo la milizia nazionale che, spavaldamente e armata di manganello, gira per le città per porre in essere spedizioni punitive verso gli antifascisti,facendogli ingozzare qualche litro di olio di ricino. Certamente, però, andremo incontro a delle privazioni di libertà, con tutto ciò che ne consegue.
Nella trasmissione del 2 novembre del “Diario del Giorno” di Rete4 (un canale berlusconiano), Gianfranco Pasquino, parlando del decreto anti-Rave, varato dal governo Meloni, ha detto che se lui volesse festeggiare il suo compleanno con un centinaio di persone a Villa Borghese, violerebbe le norme di quel decreto. Clemente Mastella, che dilaga nelle reti televisive nazionali, non si sa a che titolo, in quella stessa trasmissione disse che il problema posto dal decreto esiste.
Infatti, Benevento, la città di cui è sindaco, abbandonata al lassismo, anche durante il periodo della pandemia, una volta perché il 21 settembre 2020 ci sono state le elezioni regionali, un’altra volta perché il 3 e il 4 ottobre 2021 ci sono state le elezioni comunali che hanno visto la sua risicata rielezione, un’altra volta ancora perché il 25 settembre 2022 ci sono state le elezioni politiche, in cui era candidata la moglie nel tentativo vano di essere eletta, questa volta alla Camera dei Deputati, è divenuta incontrollabile durante le serate della movida.
In questo lassismo, è capitato, nella notte tra il 22 e il 23 ottobre, che un giovane di colore abbia palpeggiato una ragazza, provocando, qualche momento dopo, la reazione del fidanzato della ragazza, che ha accoltellato il giovane di colore in via S.Pantaleone, un vicolo adiacente a piazza Piano di Corte. Il comandante dei Vigili Urbani, che avrebbe accennato la possibilità di vietare la movida nei vicoli del centro storico, si sarebbe buscato un richiamo dal sindaco, interessato a far vivere il commercio ovunque nella città.
Viene quasi da pensare che Mastella, dopo il fallimento alle politiche – un fallimento che impedisce al segretario provinciale di Noi di Centro, Carmine Agostinelli, di uscire con sarcastici comunicati quasi giornalieri in cui dà lezioni agli avversari del suo capo – voglia riapprodare presso i lidi del centro destra. Ma questo avrebbe dovuto farlo prima delle politiche, per garantire la elezione della moglie, senza fondare il suo quarto partito, che probabilmente ha già relegato in soffitta. Certamente, la signora Meloni lo avrebbe accolto a braccia aperte, dal momento che Fratelli d’Italia è un ricettacolo di fuoriusciti di altri partiti. Ma Mastella preferisce essere testa di sardina, invece che coda di pescecane, dovendo essere lui e non altri a trattare per sé.
La signora Meloni, però, dice di non aver “mai avuto simpatia per il fascismo”. Forse ha avuto simpatie per ambienti politici confinanti al fascismo, se si pensa che in Senato Fratelli d’Italia non ha votato un documento contro l’antisemitismo, presentato da Liliana Segre. Poi, dopo il voto, la signora Meloni ha telefonato alla sopravvissuta di Auschwitz per giustificare il comportamento del suo partito in Senato. Le disse, pressappoco, che il suo partito tiene in molta considerazione la famiglia. A parte il fatto che la famiglia c’entra come il cavolo a merenda nella lotta all’antisemitismo, Liliana Segre rispose pressappoco: Ma chi, come me, che ha avuto un solo marito per 60 anni, non può tenere alla famiglia?! La signora Meloni, invece, che a gran voce, in un comizio di qualche tempo fa, disse “Sono Giorgia Meloni, sono una mamma e sono una cristiana”, ha una figlia avuta dal compagno Andrea Giambruno.
Il 26 ottobre, a conclusione del dibattito sulla fiducia, nell’Aula del Senato ha anche commemorato la ricorrenza della morte di Enrico Mattei, avvenuta il 27 ottobre del 1962, in seguito all’esplosione dell’aereo in cui viaggiava, per effetto di un attentato che sarebbe stato posto in essere dalle sette sorelle del petrolio. Un grande italiano, secondo lei. Ma la signora Meloninon ha detto che Mattei, l’uomo che aveva sfidato le sette sorelle per garantire all’Italia l’autonomia energetica, era stato un partigiano.
Mattei aveva, cioè, combattuto gli antisemiti nazisti che, dopo la caduta del fascismo, avevano occupato l’Italia, perseguitando gli antifascisti, su segnalazione dei seguaci della repubblica di Salò, alla cui guida i nazisti avevano posto “er puzzone”. Così, infatti, i romani chiamavano Benito Mussolini, del quale, nella ricorrenza dei cento anni della marcia su Roma, i fascisti hanno esposto al Colosseo una gigantografia. Tra i seguaci della repubblica di Salò, vi era Pino Rauti, padre della melonianaIsabella Rauti. Pino Rauti, durante il dominio della repubblica di Salò, ha fatto parte della X MAS, ed è stato indagato per la strage di piazza Fontana a Milano, avvenuta nel dicembre del 1969. E’ stato poi prosciolto, perché avrebbe dimostrato di aver scritto, il pomeriggio del giorno in cui sarebbe dovuto partire per Verona, un articolo pubblicato il giorno dopo sul quotidiano Il Tempo. In molti, però, non hanno creduto a quell’alibi.
Nella ricorrenza del centenario della marcia su Roma, un migliaio di nostalgici si è dato convegno a Predappio,riconoscendosi nel governo Meloni. Ma questa circostanza e quella della esposizione della gigantografia non sono da porre in relazione all’insediamento del governo Meloni, secondo i sostenitori della coalizione di centro destra. Nel dibattito sulla fiducia alla Camere, Giuseppe Conte ha ricordato a Meloni che, se fosse stato per lei, non avremmo avuto i miliardi per il PNRR. Infatti, Fratelli d’Italia, nel Parlamento di Strasburgo, non ha votato gli atti che hanno dato la stura agli ingenti finanziamenti, di cui l’Italia è stata la maggiore beneficiaria. Ma questo chi ha votato Meloni non lo sa, a parte artigiani, commercianti e imprenditori che, nel votarla, hanno pensato di avere un governo amico.
Ora, la signora Meloni, con l’anticipo di due mesi rispetto alla scadenza del divieto, prevista per il prossimo 31 dicembre, ha consentito il reintegro negli ospedali del personale no vax, medico e paramedico, un provvedimento che ha fatto imbestialire il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ma anche molte persone di buon senso, poiché i no vax, suscettibili ad essere contagiati più dei vaccinati, possono trasmettere il contagio ai degenti negli ospedali. La giustificazione del governo Meloni è stata quella di contrastare la carenza di personale.
La inattendibilità di questa giustificazione trova conferma nella nota, di cui abbiamo pubblicato il testo integrale, con la quale il presidente dell’Ordine dei medici di Benevento, dott. Giovanni Ianniello, nega l’emergenza addotta dal governo.
Giuseppe Di Gioia