C’è ancora un partito che celebra i congressi… nella seconda repubblica
Nella Seconda Repubblica, è rimasto solo il Partito Democratico a celebrare i congressi nella forma tradizionale del termine, nel senso che, anche a livello di base, gli iscritti ad una sezione, ad un circolo, vengono chiamati a eleggere il segretario, cui è collegato, con lista bloccata, il comitato direttivo, e il segretario provinciale, cui è collegata, sempre con lista bloccata, l’assemblea provinciale.
Le primarie, invece, vengono convocate per eleggere il segretario nazionale del Partito, che se non ottiene la maggioranza assoluta dei voti, sarà scelto dall’Assemblea nazionale, eletta dagli iscritti.
Le altre formazioni politiche, e non tutte, celebrano le convention nazionali per eleggere, per acclamazione, il rispettivo capo.
A Benevento, dopo le dimissioni, anzitempo, di Carmine Valentino da segretario provinciale del Pd, c’è stata la nomina, da parte del segretario nazionale Enrico Letta, di un commissario nella persona del deputato ossolano Enrico Borghi, che ha guidato il partito al congresso, le cui anzidette fasi si sono svolte nello scorso mese di febbraio, in preparazione del congresso provinciale, tenutosi, 26 di febbraio, nel Palazzo Ionni di Molinara.
In quella sede, si è rispettata la tradizione anche nel convocare le forze politiche contigue, quelle sociali, dell’associazionismo, le quali hanno portato il loro saluto.
Sono intervenuti, infatti, Amerigo Ciervo, presidente dell’ANPI; Luciano Valle, segretario provinciale della CGIL; Giuseppe Anzalone, segretario provinciale CGIL-Trasporti, Lorenzo Cicatiello, in rappresentanza di Citta Aperta; Luigi Simeone, segretario provinciale della UIL; Antonio Campese, in rappresentanza della Camera di Commercio Sannio-Irpinia; Nicola Mastrocinque, in rappresentanza del mondo cooperativo; Ettore Rossi, funzionario della Regione, dirigente di una struttura diocesana prima di presentare una lista in sostegno del candidato sindaco Luigi Diego Perifano; Angelo Moretti, presidente del Sale della Terra, candidato sindaco di Civico 22 e consigliere comunale di Benevento; Angelo Minicozzi, presidente degli allevatore di Campania e Molise; Gennarino Masiello, vice presidente nazionale della Coldiretti, Giuseppe Addabbo, sindaco di Molinara.
Oltre che da costoro, la platea congressuale, aperta alla partecipazione della stampa, era costituita dai componenti l’assemblea provinciale, eletta unitamente al segretario provinciale Giovanni Cacciano, un dirigente dell’ASEA, la partecipata per l’energia della Provincia di Benevento, ma anche da segretari di circolo e semplici militanti del Pd.
In platea c’era anche Luigi Diego Perifano, il quale, a margine dell’evento congressuale, il cui dibattito, sospeso per emergenza neve, proseguirà l’11 marzo, il giorno dopo ha dichiarato:
“Dal congresso provinciale PD due ottime notizie. La prima: Giovanni Cacciano alla guida della segreteria, e Antonella Pepe alla presidenza del partito, sono la garanzia di un rinnovamento generazionale che si muove nel solco della coerenza e di una militanza di sicuro affidamento nel campo democratico. Sono giovani e competenti e faranno sicuramente bene. La seconda buona notizia è la ritrovata unità, che spingerà il Pd a nuovi ruoli di protagonismo politico nel Sannio, se saprà essere il punto di riferimento di un ampio ventaglio di forze politiche, organizzazioni sociali e movimenti civici. Si chiude così, e nel migliore dei modi, una stagione contrastata, in cui una frangia minoritaria, pur di stringere accordi di potere, ha danneggiato l’immagine del PD, rendendola opaca e confusa agli occhi della pubblica opinione”.
Rispetto a questa dichiarazione, abbiamo letto, sul Mattino del 28 febbraio, un comunicato, la cui stesura, in considerazione della citazione dei fatti, sarebbe riconducibile a Raffaele De Vecchio, sempre interessato a dare una connotazione politica alla sua scelta, condivisa dai mastelliani che a Napoli dirigono il Pd in Campania e lo rappresentano in Regione, di stare dalla parte di Mastella, di cui ha sostenuto la elezione a sindaco.
In tale comunicato, il rispettivo estensore ha la pretesa di far trasparire una sorte di contraddizione nei comportamenti del Pd, quando afferma che, mentre tale partito si è posto in alternativa a Mastella nelle elezioni comunali sarebbe divenuto “ottimo interlocutore e finanche alleato (del nuovo partito di Mastella – ndr)”, nello “strappare due posti nel Consiglio Distrettuale (dell’Ente Idrico Campano – ndr), uno per il sindaco di Apice e l’altro per il sindaco di Molinara”.
Evidentemente, questo signore, da noi individuato in Raffaele Del Vecchio, per una circostanza che diremo in seguito, pur essendo stato 20 anni a Palazzo Mosti (10 come consigliere di opposizione, 5 dei quali,gli ultimi, trascorsi in sostegno di Mastella, e 10 come vice sindaco), non sa, o finge di non sapere, che, in una trattativa, i contraenti, lungi dall’essere alleati, hanno dei vantaggi e delle contropartite. Ma il suo è solo un tentativo per dare una ragione al suo cambio di fronte, una ragione tutt’altro che politica.
Poi, il nostro, rispetto a quella trattativa, ha fatto questa riflessione: “Saremmo curiosi di sapere cosa ne pensano i tanti candidati al Consiglio comunale di Benevento e al Consiglio provinciale, buttati nella mischia e condannati alla sconfitta”. Premesso che la maggioranza dei candidati, lungi dal coltivare possibilità di elezione, sa di dare un contributo alla lista, per cui è del tutto fuori luogo la sua considerazione, la stessa riflessione si potrebbe fare sui candidati di Essere Democratici, diversi dei quali sono stati importati dalla provincia, per presentare una lista, quella che lui ha schierato in sostegno di Mastella, non mutilata di candidati.
Infine, attacca il Pd del fatto di non aver espresso un suo candidato sindaco, una circostanza questa che ha indotto chi scrive ad attribuite a Raffaele Del Vecchio la paternità del comunicato in questione, poiché egli ebbe ad esternare lo stesso punto di vista a chi scrive davanti all’hotel Il Mulino, al termine della conferenza stampa con cui Mastella aveva esposto il resoconto del suo primo mandato. Chi scrive gli obiettò che il Pd, interessato a candidare alla carica di sindaco persone condivise dagli alleanti, è disposto, come è avvenuto altrove, anche a non esprimere un proprio candidato.
Parlando con il senno del poi, il Pd, anche nelle elezioni del 2016, avrebbe dovuto, invece, rinunciare a presentare, nelle persona di Raffaelel Del Vecchio, un proprio candidato sindaco. Molti cittadini, allora, furono costretti a votare Mastella, perché, a parte la candidata pentastellata, la novellina Marianna Farese, non vi era una efficace alternativa rispetto a colui che poi, nel ballottaggio del 19 giungo 2016, venne eletto sindaco. Infatti, nel primo turno, Del Vecchio ottenne il 33%, mentre l’insieme delle liste a lui collegate raggiunse il 47%. La differenza del 14% si distribuì tra Mastella e Farese. Nel ballottaggio, poi,Mastella sfiorò il 63%, con l’apporto (è bene dirlo) degli elettori pentastellati, mentre Del Vecchio, per effetto solo del calo della partecipazione ai seggi, si posizionò sul 37%. Infatti, anche i voti in assoluto furono in numero minore rispetto a quelli ottenuti nel primo turno.
Ora, Del Vecchio si arrampica per gli specchi, quando dice che Perifano, nell’esultare per la elezione di Cacciano a segretario provinciale e di Antonella Pepe a presidente provinciale del Partito Democratico, non si rende conto “che è stato proprio il Pd (…) ad averlo esposto ad un tonfo elettorale”. Il vero tonfo, come abbiamo cercato di spiegare, lo ha conseguito lui nel 2016.
Luigi Diego Perifano ha vinto in città. Le campagne hanno fatto la differenza in favore di Mastella, che si è posizionato al di sopra del 50% di appena 787 voti. Se Giuseppe Conte non avesse impedito la presentazione della lista dei Cinque Stelle, già schierati con Perifano; se Forza Italia fosse rimasta schierata con il centro destra, senza presentare una lista collegata a Mastella; se la Magistratura di Benevento avesse reso pubblico lo scandalo delle mazzette alla Provincia, non 51 giorni dopo le elezioni ma 8 giorni prima, cioè contestualmente, anche per una questione di par condicio, alla presunta tentata concussione notificata all’allora segretario provinciale del Pd, Carmine Valentino; se quelli di Essere Democratici non avessero presentato una lista in sostegno di Mastella per fare uscire sconfitto il partito (il Pd) al quale erano iscritti; se soltanto una di queste circostanze fosse venuta meno, Mastella non avrebbe vinto le elezioni, perché tutto ciò che aveva precostituito durante il suo primo mandato e tutto ciò che aveva posto in essere durante la lunga campagna elettorale (da noi puntualmente denunciato, dimenticando però di dire che Mastella, sotto le elezioni, ha provveduto, nel tentativo di avere un riscontro elettorale, anche a far pagate gli artisti beneventani che si erano esibiti in Città Spettacolo) non sarebbe bastato.
L’associazione Città Aperta, nell’esprimere solidarietà al suo presidente, Luigi Diego Perifano, muove, pressappoco a…Essere Democratici gli stessi nostri rilievi, nel comunicato che pubblichiamo integralmente.
“Abbiamo letto con un certo gusto le considerazioni riservate al nostro Presidente, Luigi Diego Perìfano, in un documento redatto dall’associazione “Essere Democratici “, una delle sigle della galassia mastelliana . Dobbiamo dire che gli estensori del documento, anche se hanno imparato subito lo stile dei loro nuovi padroni (zero argomenti e aggressione personale dei competitori politici), in realtà conservano una certa dose di autoironia. Si imputa al candidato Sindaco Perìfano di aver subito un “tonfo” elettorale…avendo lo stesso raccolto nelle recenti elezioni comunali quasi il 48% dei consensi, avendo vinto nel centro urbano dopo aver fronteggiato l’assalto di ben 10 liste (il doppio di quelle che lo sostenevano), ed essendo riuscito sia nel primo che nel secondo turno ad andare oltre i consensi percentuali raccolti dalle forze che lo appoggiavano”.
“La verità è che l’unico insuperabile tonfo che si ricordi a memoria d’uomo è quello verificatosi nel 2016, allorquando uno degli esponenti di “Essere Democratici”, Raffaele Del Vecchio, da candidato Sindaco riuscì nell’impresa di perdere 14 punti sulle liste ( ne aveva ben 7 a fronte delle 4 del suo antagonista ), e raccogliere al ballottaggio solo 1/3 dei voti. Quanto a chi scalda i banchi consiliari, bisogna riconoscere che l’affermazione è di irresistibile comicità: è infatti passata agli annali l’eroica, coriacea, costante opposizione svolta nello scorso quinquennio dagli attuali protagonisti di “Essere democratici” .Roba da “chi li ha visti”.Forse qualche aspirante candidato sindaco, costretto a rassegnarsi al ruolo di portatore d’acqua, meglio avrebbe fatto a riconsiderare i danni procurati alla Città e alla politica per aver tradito il mandato elettorale, preferendo la scorciatoia dell’opportunismo alla strada maestra dell’opposizione”.
Ma veniamo al dibattito congressuale, del quale pubblichiamo i tre maggiori interventi.
L’intervento del commissario, Enrico Borghi
Dopo i saluti di cui sopra, è intervenuto il commissario della Federazione sannita del Pd, Enrico Borghi, il quale ha esordito:
“Vi porto il saluto del segretario, Enrico Letta, che mi ha pregato di esprimere il proprio ringraziamento per il lavoro che avete fatto in questo congresso, che rappresenta una tappa importante di un processo di irrobustimento e di definizione di una profilatura del nostro partito che cercherò di descrivere in questo mio contributo. Il congresso è uno dei passaggi importanti. Guardate bene che le assise di un partito sono indispensabili, perché sono sempre significative di una vita politica.“Quindi, noi rivendichiamo, anche con orgoglio, che la democrazia per noi è un elemento caratterizzante, strutturale, identitario, e che, per i motivi che cercherò di descrivere oggi, il partito democratico è garanzia di democrazia per l’ Italia, per l ‘Europa, e noi abbiamo la responsabilità di costruirlo e di strutturalo. Stiamo vivendo, in queste ore, qualcosa che non avremmo mai pensato di vedere, dopo la caduta del muro di Berlino. Dopo più di trent’anni, ci ritroviamo, nel cuore dell’Europa, a dover fare i conti con il ritorno di un fantasma che ha caratterizzato le pagine più lugubri, il ritorno del nazionalismo imperialista che pretende di introdurre, nell’agenda di oggi, pagine che sono state già distrutte dalla storia nel passato. Quindi noi abbiamo la responsabilità più di altri, perché il Paese è chiamato a fare degli sforzi.Noi siamo chiamati ad avere questa funzione storica e ad assolvere ad una presenza dell’Italia in questo quadro, sapendo che abbiamo di fronte un interlocutore che ha degli obbiettivi che sono contro l’Europa, contro i diritti, contro le minoranze. Se noi sdoganiamo l’idea che con i carri armati si può andare contro la libertà e la democrazia, contro il fatto che un popolo può eleggere un proprio presidente, un proprio Parlamento, se noi abbiamo introdotto questo virus nella nostra organizzazione democratica, ci siamo infettati.
E allora il punto oggi è sapere che abbiamo la responsabilità di avere una risposta rispetto a quanto prevede la nostra costituzione nell’art 11. Attraverso gli strumenti di cooperazione, deve essere una risposta adeguata al momento storico che stiamo vivendo. In passato, i congressi si aprivano con una riflessione internazionale. Abbiamo perso questa sana abitudine e adesso ci stiamo rendendo conto che quello che sta accadendo impatta direttamente sulla nostra vita e sul nostro futuro. E forse qualcuno si renderà conto che cosa significava voltarsi dall’altra parte, quando l’Italia accoglieva i profughi da altre guerre. E oggi, che quei profughi entrano in Polonia, in Romania, ci si rende conto che il tema di un organizzazione europea, l’esigenza di una raod map era una esigenza che l ‘Italia aveva posto all’Europa. E oggi l‘Europa si rende conto che l’esigenza avvertita da noi è una delle questioni su cui noi costruiamo la cifra di una convivenza e di una modalità di carattere coesiva. E’ lungo questo tornante che noi introduciamo la riflessione che stiamo facendo qui, la riflessione di un partito che vuole essere all’altezza del momento storico, e soprattutto della costruzione del futuro, per cui abbiamo bisogno di classi dirigenti che riscoprano il gusto del dibattito, della comprensione e la capacità di uno sviluppo pedagogico per capire quello che sta accadendo per evitare che i cittadini siano impauriti e disinformati.Un partito deve svolgere anche questa funzione di informare e di spiegare. Non siamo soltanto dei ripetitori che raccontano quello che hanno sentito da qualche parte. Siamo l‘intelligenza collettiva, non abbiamo un leader che da una guida e gli altri la seguono come pappagalli. La scommessa dell’ intelligenza collettiva è anche un modo con il quale il nostro modello di partito si deve adeguare, si deve innovare, si deve trasformare in modo tale da cogliere le necessità del momento, anche dare la dimostrazione che, in realtà, la vita politica di questi anni, che ha visto affiorare leader politici che dopo un po’ sono scomparsi di fronte alle difficoltà del momento, non è il modello adeguato con il quale possiamo affrontare questo momento.In democrazia, servono partiti collettivi organizzati che abbiano un progetto. Non servono leadership narcisistiche, personalistiche che si fermano di fronte al minimo problema. In questa dimensione, c’è anche la sfera in cui introduciamo una serie di riflessioni che già avete affrontato. E vorrei anche ringraziarvi perché questo congresso è anche la dimostrazione di un partito in salute, di un partito che è presente sul territorio ed è in grado di cogliere le sfide del tempo che stiamo attraversando anche in questo territorio, a dimostrazione che qui esiste una classe dirigente. L’esigenza di avere un partito in grado di costruire un progetto è la capacità di rispondere alle complessità per le sfide che abbiamo di fronte: per esempio la questione delle aeree interne. Le aree interne non vincono la loro sfida con il metodo tradizionale con il quale sin qui abbiamo pensato di utilizzare le risorse. Le aeree interne devono avere un loro progetto. Noi quindi abbiamo bisogno di costruire un progetto forte, come nella città di Benevento, nell’incontro dell’alleanza che ha temporaneamente portato il centro sinistra in minoranza, ma fra 4 anni noi vinceremo le elezioni a Benevento su questa prospettiva. Questa prospettiva è l’ elemento sul quale noi possiamo immaginare di svolgere una funzione trainante per Benevento, per il Sannio e per il Mezzogiorno. Perché l’invito che io faccio è di legare il tema della costruzione di un progetto delle aeree interne ad un idea diversa, nuova e di speranza. Il Partito Democratico non vincerà le elezioni se non affermerà una nuova visione del Sud e del Mezzogiorno, come di una risorsa per il Paese. Gli investimenti per il Mezzogiorno sono funzionali rispetto alla capacità di saper cogliere una visione di insieme. Ritornando al muro di Berlino, la scommessa della Germania venne vinta quando si fece comprendere ai tedeschi dell’ovest che investire soldi nell’est significava investire per consentire a quel Paese si vincere una sfida complessiva. E se la Germania è quella, dopo 30 anni dalla fine del comunismo, è perche ha saputo cogliere questo elemento comunitario. Noi dobbiamo fare la stessa cosa con il PNRR, sapendo che dobbiamo costruire una intelaiatura istituzionale per evitare che rimanga tutto appeso. Quindi, bisogna accompagnare il progetto di riforma dall’alto e dal basso. Abbiamo bisogno di incarnarlo nell’attività quotidiano del partito, e per farlo abbiamo bisogno di 2 sfide La prima è la tenuta dell’attuale quadro politico, molto complesso e difficile, ma che ha bisogno di continuità. E noi dobbiamo costruire un centro sinistra per far capire agli italiani che esiste qualcosa che è contro il sovranismo. Quando andremo alle elezioni, ci saremo noi da una parte e i sovranisti dall’altra. Noi, quindi, abbiamo una responsabilità di ricostruire i principi di libertà, di riformismo. La seconda è che il Partito deve avere la capacità di saper leggere la storia che sta passando e che l a nostra capacità di analisi deve andare di pari passo con la nostra capacità di azione”.
La relazione del neo segretario provinciale, Giovanni Cacciano
Poi, il neo segretario, Giovanni Cacciano, ha svolto la sua relazione, della quale pubblichiamo ampi stralci.““Progressisti nei valori ,riformisti nel metodo, radicali nei comportamenti”. con queste parole Letta, circa un anno fa, si avviò alla sua guida del Pd, una guida che nel volgere di pochi mesi ha prodotto un consolidamento dei consensi nei confronti del nostro partito. Eppure il lavoro da fare è tanto. Viviamo tempi non ordinari, con preoccupazioni che riguardano la parte economica, ma spesso questo sentimento di insicurezza va anche al di là e investe le sfere della cultura, delle identità, degli stili di vita. Abbiamo l’impressione che il mondo cambi velocemente e che i nostri strumenti per influenzarne il corso siano sempre più vecchi. Quindi, la nostra è un’epoca disorientante e disorientata, che viene percepita come instabile e fragile. In più, si è aggiunta la pandemia da Covid-19, che ci ha scoperti impauriti ed impotenti: questi sono i tratti della nostra epoca che potremmo definire dello smarrimento e del disorientamento.In questo quadro, la politica italiana è stata attraversata da proposte che spesso erano mere reazioni. La politica deve mirare ad eliminare le diseguaglianze, nel senso che l’individuo si realizzi nel contesto collettivo, in cui siano limitati gli eccessi di ricchezza e di povertà. Infatti, la segreteria nazionale sta cercando di costruire in sintonia con il Paese, ed è questo che anche il Pd sannita deve fare e svolgere, un’opera di riconnessione territoriale e sentimentale, quale condizione per fare una buona politica. Ma come agire? Serve un Pd sannita che incalzi le istituzioni e indirizzi i processi di trasformazione del nostro territorio, ma, per proporci in questo ruolo, abbiamo bisogno di una fase di elaborazione politica fondata su 3 elementi fondamentali: analisi e approfondimento ,dialogo e confronto, sintesi propositiva. Ciascuna di queste fasi va sviluppata con progettualità organizzativa, il cui protagonista è la nostra comunità politica. In questo, il PNRR può diventare una occasione di ricostruzione armonica e sinergica del territorio , cioè ci vuole un’idea comune, una visione sulla quale implementare le azioni. Invece la tendenza attuale si riduce a delle azioni isolate e disconnesse. Dobbiamo riproporre al centro del nostro agire il dialogo sociale. Quindi, abbiamo bisogno di un partito in perenne dialogo con i nostri amministratori del territorio, e anche la connessione con le nostre comunità deve essere la nostra stella polare. L‘approccio alle politiche territoriali deve essere un valore aggiunto. La nostra federazione dovrà essere parte attiva nel sostenere i nostri sindaci ed i nostri amministratori, deve esserne spazio agorà di partecipazione, coordinamento e supporto. Sarà, pertanto, costituita la conferenza permanente dei sindaci e degli amministratori democratici che eleggeranno un presidente che sarà parte permanente degli organi dirigenti del partito. Quindi, vogliamo un partito proiettato nel futuro, un partito organizzato. Bisogna avere delle idee ,ma le idee senza una organizzazione per realizzarle rimangono vaghe. Io ristabilirò la liturgia delle segreterie provinciali, che dovranno essere itineranti, ospitate dalle nostre sedi. Il partito è fondato sulla rappresentanza e sulla militanza, che è la prassi del partito. il Pd deve essere il perno di un campo largo. Letta ha ricordato che noi abbiamo vinto quando abbiamo fatto coalizione e invece abbiamo perso quando siamo andati da soli. Ci abbiamo provato anche nella città di Benevento e abbiamo sfiorato la vittoria in condizioni non troppo agevoli, con il Pd come primo partito. Quindi, abbiamo sfiorato il miracolo e nonostante tutto questo guardiamo avanti. Ma con quale legge elettorale dovremmo votare nel 2023? Io sono un sostenitore del maggioritario, ma siamo rimasti a metà del guado, perché al maggioritario non abbiamo aggiunto le riforme costituzionali, abbiamo fallito a destra e a sinistra. Quindi, da convinto maggioritarista, penso che il proporzionale con le preferenze sia la soluzione giusta. E’ con queste idee che i democratici devono portare avanti le loro battaglie per i diritti. Noi siamo un partito che si pone come ideale quello delle emancipazione soprattutto di chi è nelle condizioni di svantaggio. Abbiamo molto da lavorare”.
Dopo è intervenuta Antonella Pepe, appena eletta presidente provinciale del Partito, una carica appartenuta a Giovanni Zarro, eletto ora presidente della commissione di garanzia, che risulta composta da Gabriella Porcaro, Antonio Biscardi, Leonardo Zeppa, Maria Antonella Iannella. Contestualmente, è stato eletto tesoriere Antonio Petrone, e anche il comitato direttivo provinciale, del quale sono stati chiamati a far parte, oltre ai membri di diritto (il segretario provinciale, i coordinatori di segreteria, il deputato nazionale, il consigliere regionale, i capogruppo alla Provincia, la capogruppo al Comune di Benevento, il segretario delle gioventù democratica, il tesoriere, il presidente della istituenda conferenza provinciale donne, il presidente della istituenda conferenza sindaci e amministratori Pd, il presidente della commissione di garanzia, i sindaci del Pd, i vice segretari provinciali, individuati il giorno dopo dal segretario Cacciano nelle persone di Giovanna Petrillo, con delega alla “Prossimità, politiche del lavoro e contrasto alle diseguaglianze”, e di Pio Canu, con delega alla “Sostenibilità, Ambiente e Rifiuti”), Simone Razzano, Norma Fortuna Pedicini, Marcello Barrasso, Enzapoaolo Catalano, Paolo Visconti, Gina Carlo, Ornella Mazzeo, Giovanni De Lorenzo, Vittoria Iuliano, Giuseppe De Mizio, Filomena Laudato, Alessandro Della Ratta, Veronica Antonucci, Nicola Gagliarde, Valentina Orlacchio, Carlo Mirra, Giovanna Petrillo, Floriano Panza, Angela Tremonte, Diego Ruggiero, Patrizia Scocca, Massimo Del Grosso, Marialetizia Varricchio, Antonio Ciervo, Claudia Genetiempro, Luigi Velleca, Ortietta Valentino, Mario Ranaldo.
Gli interventi di Antonella Pepe, di Erasmo Mortaruolo e di Filomena Laudato
Antonella Pepe, che ha come vice Ramona Iannotti e Romeo Capozzo, si è soffermata sulla occupazione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, sostenendo “le ragioni della pace, patrimonio della comunità internazionale, che non accetta l’idea delle sfere d’influenza, ma che invece riconosce la dignità e la libertà di ogni popolo”. Ha poi denunciato i mali prodotti dalla globalizzazione, che ha accentuato le diseguaglianze.Dopo di lei è intervenuta Filomena Laudano, la già sindaca di Arpaise che, pur avendo avuto una posizione dialettica nei confronti della dirigenza della Federazione del Pd, non ha seguito i rinnegati. La compagna Mena ha portato la testimonianza del suo nipote Giacomo, di 11 anni, che frequenta la prima media. Il ragazzo, a proposito della occupazione russa dell’Ucraina, le ha scritto su di un biglietto: “Spero che quando il mondo sarà nelle mie mani e degli altri bambini come me, non ci saranno più guerre e possiamo volerci bene tutti quanti”.E’ stata poi la volta del consigliere regionale, Erasmo Mortaruolo, il quale ha affrontato la questione relativa ai rapporti della Regione Campania con la nostra provincia, rapporti ”che non sono stati per il nostro partito positivi e proficui”. In questo contesto, “anche la vicenda delle elezioni comunali di Benevento merita una riflessione”, atta “a fare chiarezza per essere portata a definizione”.
Dopo aver ringraziato Enrico Borghi, per aver seguito le vicende della federazione nei 5 mesi in cui ne è stato commissario, Mortaruolo ha precisato che “anche nell’interlocuzione dobbiamo pervenire ad un chiarimento con i poteri regionali”. Poi ha proseguito: “Chi vi parla, non soltanto fa ammenda sicuramente di tutte le sue disattenzioni personali, ma è convinto che dobbiamo andare a prenderci quello che ci spetta. Però questo significa che dobbiamo muoverci in modo diametralmente opposto rispetto a quanto abbiamo fatto fino ad ora”.
L’intervento di Umberto Del Basso De Caro
Infine, è intervenuto il deputato Umberto Del Basso De Caro, di cui riportiamo integralmente il suo dire:
“Mi avete colto in tranello, perché io già mi ero iscritto in avvio del prosieguo del Congresso in Apice dell’11 Marzo. Diversamente, non avrei fatto salire il tasso etilico (infatti, c’era stata una breve pausa per non far soffrire lo stomaco dei presenti – ndr). Ciò nonostante, con piacere vi saluto tutti e vi ringrazio per la vostra presenza. Oggi, intorno all’una, la sala era stracolma, nonostante il distanziamento sociale, nonostante la neve e nonostante il freddo intenso. Ringrazio tutti voi: i delegati, gli eletti dell’Assemblea provinciale. Un ringraziamento particolare va Enrico Borghi. Avrebbe potuto fare il funzionario di partito. E’ stato parte attiva, prima della nostra sfortunata campagna elettorale e poi successivamente ha stabilito qual’era il perimetro tra ciò che era giusto e ciò che non era più ammissibile, stabilendo che chi si era candidato contro il partito, evidentemente non poteva più farne parte.
E’ stato un intervento chiarificatore, perché occorreva, per tutti, fare il punto della situazione. Mino (Erasmo – ndr) ha ricordato prima le vicende delle comunali di Benevento: io credo che per questo servirebbe un seminario di 9 giorni, e forse non sarebbe sufficiente. Sappiamo bene come è andata, perché è andata così e chi sono i protagonisti di questa vicenda. L’importante è averne sempre buona memoria. Detto questo, abbiamo fatto un grande congresso: all’insegna dell’unità, abbiamo eletto un team eccezionale con Giovanni Cacciano, segretario del partito, Antonella Pepe presidente del partito. Un ticket di giovani accompagnato da una folta schiera di giovani dirigenti, amministratori i quali rappresentano la fiaccola del rinnovamento alla quale affideremo le sorti di questo partito negli anni che verranno.
Un partito, quando è costruito come una grande comunità democratica, non è come quelle aggregazioni che si uniscono solo sul terreno della gestione, senza avere mai in testa un’idea, immaginando scenari che non ci sono. Apro e chiudo parentesi: il centro non esiste, e chi vuole intendere intenda, immaginando che oltre i confini dell’Epitaffio, che segnano il limite territoriale tra il vecchio regno delle Due Sicilie e il gran Ducato Pontificio di Benevento, esista una prospettiva. Non esiste una prospettiva per chi non ha idee. E badate bene: se c’è una cosa che mi tormenta è la vicenda, da tutti evocata, del PNRR, rispetto alla quale io non posso che spargere pessimismo.
Tutti pensano che il PNRR sia una cosa con la quale qualche sindaco fa il marciapiede, la piazza nuova, pavimenta. Non è così! Guardatevi le misure del PNRR e vedrete che sono stringenti. Io non so, con buona pace di coloro che hanno sostenuto anche in Parlamento e anche con la mia firma gli ordini del giorno in forza dei quali al sud competeva il 40% e non meno di tanto, se questa quota verrà mai assegnata al sud. E non perché vi sia un Parlamento nordista, o perché vi sia una cattiva volontà del governo, ma perché noi non abbiamo progetti. I soldi non ci piovono come la manna dal cielo. Ma, per fare progetti, bisogna avere un’idea di ciò che si vuole progettare. Dobbiamo avere cioè un’idea della funzione territoriale da assegnare a Benevento e alla provincia, e nessuno, dall’altra parte, ce l’ha.
Hanno semplicemente l’idea di gestire l’invaso di Campolattaro. Tuttavia c’è un atto firmato da Draghi. Dobbiamo solamente ringraziare il governo nazionale perché un’opera splendida di interesse nazionale, che è il piano Invasi, finanziaria 2018, non poteva che essere affidata alle cure dello Stato e non alle cure molto più improbabili di cabine di regia locali. E’ un esempio che vale 500 milioni di euro. Poi vi è l’ammodernamento della Benevento-Napoli via Cancello, 200 milioni di euro, che e’ nel PNRR nazionale. Poi vi è ancora la nuova stazione di Benevento, finanziata con 60 milioni di euro. E’ una delle 6 stazioni ferroviarie d’Italia oggetto di intervento nel PNRR. Fermiamoci qua e mettiamo il punto.
Io non so cosa verrà. Bisogna vedere che cosa noi siamo in grado di proporre. E, per proporre, bisogna avere un’idea, magari bisogna leggere qualche carta ogni tanto e anche capirla, perché non basta leggere. Voi sapete che l’analfabetismo di ritorno rappresenta il 72% degli italiani. Formalmente, l’analfabetismo è stato sconfitto, ma, in realtà, l’analfabetismo di ritorno è quella condizione per cui si dice a una persona di leggere una pagina, questa persona la legge, perché ha imparato a leggere e scrivere, però se le si chiede cosa ha capito non lo sa dire. L’analfabetismo di ritorno, da noi è molto prevalente. Allora, noi dobbiamo capire, ragionare, e dobbiamo proporre, senza lasciarci portare in polemiche che non ci servono, anche perché, nelle polemiche, si arriva sempre all’insulto personale. Io ne ho ricevuti tantissimi nella mia vita, ma non mi sono mai preoccupato molto, convinto che è il tempo la migliore medicina: attendere. Nelle attese, che possono essere lunghe, noi dobbiamo riempire i vuoti e dobbiamo riempirli con i contenuti delle nostre idee. Questo è il compito fondamentalmente che è dinanzi all’unico partito che vi è rimasto in Italia.
Con tutti i nostri difetti, con tutte le nostre incertezze, noi siamo l’unico partito, l’unica comunità di donne e uomini che ha un’organizzazione territoriale capillare, l’unica comunità che ancora, anche con la neve, si riunisce, discute, decide. E possiamo sbagliare, ma discutiamo. Non abbiamo l’uomo solo al comando. Qualcuno tenta di dire che sono io. Non sono io, ve lo voglio dire, non per fare la captatio benevolentiae. No questo ruolo non intendo svolgerlo, ammesso che io l’abbia mai svolto. Io penso che in un partito non ci sia chi comanda e chi ubbidisce, c’è chi lavora di più e chi lavora di meno e chi non lavora affatto. Chi non lavora affatto prende ciò che ha seminato: niente. Coloro i quali considerano il partito come un taxi dal quale scendere senza nemmeno aver pagato la corsa, coloro che considerano il partito essere una specie di sgabello sul quale far salire le proprie ambizioni personali, le proprie velleità o anche le proprie opportunità, da noi non devono avere spazio.
Il nostro partito non serve a questo scopo. Meno che mai a questa provincia dove siamo opposizione. E quindi siamo svincolati da tutta una serie di incombenze in genere estenuanti, che sono quelle di trasformare il partito in un’agenzia di collocamento. Noi non dobbiamo collocare nessuno se non le nostre idee, la nostra volontà. In una condizione difficilissima, che molti ricordano alle elezioni regionali nel settembre 2020 quando tutti scommettevano sulla nostra morte, noi siamo stati i primi in assoluto, in una provincia dove sono state presentate 26 liste. E’ una cosa mai successa. Il nostro consigliere regionale è stato il primo eletto largamente. Alle comunali di Benevento, dove abbiamo perduto per le ragioni che non sto a ricordare, il Pd è stato il primo su 20 liste, mai successo, anche qui, nella storia di Benevento.
Questi sono dati significativi, perché noi abbiamo vinto in una condizione difficilissima, e quindi, ora che la condizione mi sembra molto meno difficile, possiamo andare avanti. Che cos’è un partito? E’ uno strumento, che serve ad avvicinare le persone, serve a fare dialogo, ad avere capacità di ascolto, serve a capire i problemi e portarli all’esterno per indicare non solo la natura dei problemi ma anche la risoluzione possibile dei problemi. Forse io sono diventato intollerante, perché sono vecchio, ma io non sopporto più queste cose, e’ una cosa da strapaese, una dimensione da periferia nord orientale di Napoli. Ma cose del genere si vedono dalla rotonda di Arzano a salire su. Ragioniamo di politica, ragioniamo delle cose che sono dinanzi a noi, di quello che dovremmo fare, ragioniamo di tutto ciò che compete al nostro partito. Giovanni lo ha indicato in maniera fin troppo ampia. Ha indicato qual è il compito di un partito che si definisce non solo democratico ma anche riformista, altra definizione abusata.
Il riformismo non è un’ideologia, è una pratica, noi dobbiamo fare esattamente questo. Il riformismo è quello che dovrà farci decidere nei prossimi mesi di fronte alla crisi energetica, Draghi evoca la possibilità di ritornare alle centrali di carbone nella situazione attuale, la possibilità di ragionare intorno al nucleare pulito. E’, questo, un dibattito aperto, una discussione che dovrà pur essere fatta un giorno o l’altro, se non vogliamo ragionare solo sulle pale eoliche e i pannelli solari che rappresentano l’11% delle fonti energetiche alternative nel nostro paese.
Noi dipendiamo dalla Russia e dall’Algeria, che non sono proprio esempi di democrazia. Però, il 95% dei nostri approvvigionamenti dipendono dall’estero, quindi noi siamo dipendenti da ciò che accade in quei paesi. La vicenda in Ucraina, drammatica, sottolineata da tanti in maniera giustissima, ha un riverbero immediato sulla Germania e sull’Italia, perché sono le nazioni che maggiormente dipendono dai contratti in essere con la Russia. E noi dobbiamo, senza abbassare mai la guardia, anche guardare altrove. Ci dovremmo approvvigionare in un modo? O vogliamo continuare a dire che le bollette sono aumentate del 300%? Quello è un fatto, poi dobbiamo vedere come sterilizzare questo incremento. Il riformismo è esattamente questo. E’ anche riformismo capire, di fronte a posizioni assolutiste di Movimento 5 Stelle sulla giustizia, e di fronte a posizioni ipergarantiste di altri, come trovare un punto di incontro di vedute. La Cartabia lo ha trovato, tra mille difficoltà, ma la riforma del processo penale è tutto ciò che attiene alla tutela dei diritti, tutela che trova, in quella normativa, un incontro di vedute. Si poteva fare meglio? Sicuramente si. C’erano le condizioni di contesto per farlo? Sicuramente no! Perché siamo al governo con i 5 Stelle.
E quindi dobbiamo fare di necessità virtù. Verranno i tempi in cui sarà possibile proseguire in questo sforzo riformatore, nei temi come, per esempio ,quelli della giustizia che, sembra strano, non riguardano solo i diritti dei cittadini, riguardano l’economia. Un processo civile vale 3 punti di PIL nazionale. E molte imprese sono scoraggiate dai tempi della giustizia perché molto spesso si finisce di vincere la causa e perdere la lite. Una lungaggine giudiziaria equivale a mancata giustizia. Qualche esempio: gli appalti. Siamo alla quinta riforma del codice appalti, introdotta con il decreto legislativo 50/2016. Ma voi pensate che si possa andare avanti così? Voi pensate che i tempi dell’attuale normativa siano compatibili con le esigenze che il PNRR impone, e che entro il 31 Dicembre del 2026 dobbiamo non realizzare ma rendicontare le opere? Vi sembra compatibile? A me pare di no. E allora che cos’è un profilo riformista? E’ quello che ci fa tenere insieme l’esigenza di sburocratizzazione e di essere celeri. Di questo, bisogna ragionare in modo largo. E lo stesso vale per la città capoluogo.
Ma vi pare possibile che si presentano 95 progetti del PNRR? E che cos’è ilPNRR? Il vaso di Pandora? Ci mettiamo di tutto, poi quando apriremo il coperchio qualche serpente pure verrà fuori. E’ una visione paesana, quella di dire: “noi ce l’abbiamo messo poi il governo centrale non ce l’ha dato”. Non funziona così. E noi dobbiamo essere molto rigorosi. E’ troppo facile parlare dell’invaso di Campolattaro. E l’acqua che fine fa? Il potabilizzatore che è previsto nell’invaso di Campolattaro a beneficio di chi andrà? Noi dipenderemo anche dall’ ERIM (Ente Risorse Idriche del Molise)? Benevento è alimentata dal Molise. E, quindi, le acque potabili di quell’invaso che destinazione avranno? E, in agricoltura, quali acque irrigheranno i campi? Dovremmo poter partecipare a questo dibattito serio, per esempio.
Le cabine di regia attengono a uno dei modi di sviluppo della nostra provincia. E allora, alla cabina di regia io avrei messo il vice presidente nazionale della Coldiretti, che stamattina ci ha onorato del suo saluto, o esponenti di altre organizzazioni agricole perché possano esporre la loro opinione riguardo all’uso irriguo delle acque di Campolattaro. E come verrà utilizzata l’energia di 400 megawatt di potenza, che dovrebbero sviluppare le pompe di sollevamento, messe al confine tra Morcone e Pontelandolfo, dal momento che al nord, a Presenzano, c’è una identica centrale dell’ENEL? Questi sono i temi su cui un partito riflette, discute e dà il proprio contributo.
Sulle linee ferroviarie, è stato detto da qualcuno, è un motivo di orgoglio far passare i treni a 300 km/h. No! Mica stiamo con le bandierine ad aspettare che arrivi Italo, come qualcuno ha fatto? Come l’alta velocità si coniuga all’alta capacità, cioè alle merci? E come le merci si coniugano allo stoccaggio e alla logistica? Mica la piattaforma logistica la fa il governo con un decreto. La fanno gli imprenditori, dove l’area è più appetibile. Dove esistono le precondizioni dello sviluppo, gli assi viari, gli assi ferroviari, gli assi portuali. Questo è un tema sul quale un partito deve discutere. Sulla medicina territoriale, dovremmo discutere, perché noi abbiamo una provincia scarsamente popolata ma con una superficie di 2,200 km quadrati. Molti comuni sono distanti tra di loro decine di km. Come si fa a realizzare una medicina territoriale efficiente? Questo è il compito di un partito provinciale sotto un profilo riformista. Non deve accadere che, mentre ci definiamo riformisti, poi, quando dobbiamo indicare i contenuti riformisti, balbettiamo, senza dare indicazioni. E’, questo, il compito di una nuova classe dirigente, giovane e preparata, come quella rappresentata da Giovanni e da Antonella. Noi siamo qui a dare una mano, cercando di dare un contributo quantomeno di esperienza.
L’esperienza è la parola con la quale noi chiamiamo i nostri errori. E siccome ne abbiamo compiuti tanti, abbiamo molte esperienze da raccontare ed errori da evitare nel futuro. Questo è il nostro compito, il compito di un partito che deve rivendicare il primato nelle aree interne, senza stabilire il tasso di fedeltà alla istituzione regionale, per esempio, ma stabilendo che le aree interne rivendicano un diritto di esistenza. Ha ragione Mino quando dice che noi dobbiamo riscoprire un ruolo. Ma un ruolo non nel senso che Mino deve avere un revisore dei conti in un’Asl, che magari prima gli era stato negato e ora l’ottiene: non è una vittoria politica questa. Questa è una prebenda. Si chiama cosi. Il ruolo delle aree interne è quello che debbono avere le province di Benevento e di Avellino, le quali, popolate con poco più di 700mila abitanti, hanno una superficie territoriale di 5100 km quadrati. Una enormità. Ora, come coniugare il concetto di sovranità per dei popoli che, insediati su un territorio, hanno una scarsa popolazione ma grande superfice? La difficoltà è esattamente questa: come far vivere il concetto di sovranità su una popolazione così scarna rispetto alla popolazione metropolitana di Napoli, ma su una superficie che è esattamente cinque volte e mezzo la provincia di Napoli. La sola città di Benevento è sei volte più grande della città di Napoli, come superficie territoriale. Il tema è tutto qua, e anche qua, quando si dice dividiamo per teste, è come diceva Don Milani, secondo il quale non c’è cosa più ingiusta che fare parti uguali fra diseguali. Non possiamo dividere per teste, perché noi abitiamo su un territorio vastissimo con collegamenti difficilissimi. Altri, invece, stanno in pochi metri quadrati. E un altro dei temi di dibattito con l ‘Ente Regione, che rappresenta cinque province, ivi comprese il Sannio e l’Irpinia, è quello di stabilire, senza spirito di rivendicazione, il rapporto rispetto della funzione territoriale, che queste province sono destinate a svolgere.
Il nostro compito è questo, è un compito propositivo, non di rivendicazione. Le cose che abbiamo di questo partito, a Benevento, ce le siamo costruite con le mani nostre, non dobbiamo niente a nessuno. Qualcuno ha tentato di togliercele, e noi le abbiamo rivendicate attraverso la forza dei numeri. Questa è la pura verità, con grande rispetto per tutti, soprattutto per coloro i quali noi abbiamo votato la prima,la seconda e la terza volta, e per il tasso di deludismo presente in ciascuno di noi. Se per tasso di deludismo si intende il contributo elettorale dato all’elezione di De Luca, noi siamo i primi, perché siamo i primi, in questa provincia. E quindi, se si intende altro, noi siamo laici , liberi pensatori, autonomi, e vorremmo che anche il partito regionale fosse autonomo dalle istituzioni.
Vorremmo cioè che avesse una capacità di autodeterminazione, non necessariamente sovrapposta o sovrapponibile a quella delle altre istituzioni. Così non è, e non è stato, per cui ancora oggi, al congresso provinciale di una federazione, coloro che avrebbero dovuto essere presenti sono assenti, perché impegnati in altre esercitazioni culturali. Benissimo, per noi va bene. Il congresso si è fatto lo stesso e si è fatto sotto la guida di Enrico Borghi, ma vi dico che questo atteggiamento incomprensibile non è che può essere reiterato all’infinito. Esiste un limite di buon senso, di educazione, di rispetto, ed esiste anche un limite, che è dato dall’attaccamento a dei valori fondanti di un partito, e a ciò che si rappresenta di questo partito.
Noi questo partito lo abbiamo rappresentato sempre nella buona e nella cattiva sorte. Naturalmente, come sempre accade, quando abbiamo vinto, abbiamo vinto tutti insieme, quando abbiamo perduto ha perduto uno solo, forse uno e mezzo. Capisco che anche questo accade, e abbiamo spalle talmente larghe, un ‘esperienza talmente grande, da capire perfettamente perché ciò accade, perché accade sempre così. I meriti sono sempre condivisi e socializzati e i demeriti vengono sempre posti in capo ad uno solo. Ma, per carità, va bene sempre così. Però, noi oggi siamo alla fase di un Pd che può fare a meno di vecchi arnesi, parlo di me naturalmente, e che può tranquillamente affrontare le sfide che il tempo presente propone, la sfida di un partito che non si parli addosso, che non si riunisca solo nel momento elettorale, che non sia un comitato elettorale ma che sia un centro di propulsione della vita democratica di una comunità, e che sappia esporre le proprie idee al di la dei social. Guardate, io non sono social. Insomma, non riesco a contenermi in 49 lettere, forse sono un po’ largo, non riesco ad esprimere il pensiero in 49 lettere. Ma questa è l ‘epoca del pensiero debole, quello di un attimo, che è stato teorizzato anche sul piano filosofico.
Io rispetto coloro che lo teorizzano e lo propugnano ,ma io appartengo ad un’altra sponda, sono per il pensiero profondo, ammesso che ne fossi mai capace. I partiti sono cambiati. Certo che si: non sono quelli del novecento. E io ho partecipato ai partiti del 900, come è noto, ma erano grandi partiti. Tutti. Lo è stato la Democrazia Cristiana, lo è stato il Partito Socialista, il partito nel quale ho militato per tutta la mia vita, lo è stato il partito comunista. Erano grandi partiti, con grandi leader. Oggi tutto questo non c’è più. L’ art 49 della Costituzione non è attuato, per cui qualche idiota si meraviglia che il Tribunale di Napoli decida chi debba essere il portavoce del Movimento 5 Stelle. Certo, se i partiti non sono costituzionalizzati, ma sono nati dalle norme del codice civile, per cui sono associazioni di persona, chi volete che decida? Decide il Tribunale ordinario.
Io vedo, nella lunga e bellissima relazione di Giovanni, negli interventi che si sono susseguiti e in quelli che proseguiremo il giorno 11 marzo, una partecipazione che è indizio di una volontà di ripartire anche dalle amarezze delle sconfitte subite, quelle ingiuste sono ancora più amare. La nostra è stata ingiusta. Ma non possiamo rimproverarci nulla: abbiamo fatto di tutto e di più per creare il campo largo. Poi, se ragioniamo 6 mesi con il Movimento 5 Stelle, e alla fine dei 6 mesi, dopo che i 5 Stelle hanno firmato tutti i documenti politici e programmatici e hanno scelto anche insieme a noi il candidato sindaco, il 13 agosto il nuovo presidente Conte dice di non presentare la lista, a Benevento, si è di fronte a un atteggiamento stranissimo di questo Movimento in Campania: a Napoli è a sostegno di Manfredi, a Salerno contro De Luca, a Benevento e a Caserta non presenta proprio la lista. Tre atteggiamenti differenti in una medesima regione, ed è anche la regione di Di Maio e di Fico. Poi, hanno creduto di salvarsi l’anima il giovedì sera, 30 settembre, con quel comunicato in cui invitavano gli iscritti e i simpatizzanti a votare per noi.
Se avessero presentato una lista, forse l’esito sarebbe stato differente. E lo stesso è stato per tanti altri che non hanno fatto la lista ma pure sono venuti da noi a indicare una posizione. Però, è venuto a Benevento Rosato, a parlare a favore del candidato sindaco dell’altra parte. Non si capisce la ragione. E poi c’è questo atteggiamento del sindaco che è alla ricerca di un protagonismo: cerca le luci della ribalta. Beato lui. Io, in questo, sono esattamente l’opposto. Io non ho mai dichiarato niente, io amo stare per fatti miei. Però, non è che uno è prima per il Conte ter, poi per Berlusconi, poi per Casini, poi chissà per quale altra cosa.
Allora, noi dobbiamo fare la nostra parte. Siamo all’opposizione. Dobbiamo farla e dobbiamo farla come sta facendo il gruppo consiliare al Comune e alla Provincia con molto impegno, in maniera documentata, senza dare sponda per avere mezza attenzione. Bisogna sapere anche rinunciare a piccole cose, sapendo che ci attende una grande cosa, che è una prospettiva, quella di lavorare per essere alternativi. Lo ha detto Enrico Borghi, in apertura del dibattito. Adesso, abbiamo perduto, fra 4 anni vedremo se ci toccherà in sorte lo stesso destino. Io penso di no. Spero di essere ancora vivo, per dare almeno il contributo del mio voto. Lo dico sinceramente, perché c’è un tempo per tutto. Consentite ad un laico di citare un ecclesiastico: c’è un tempo per parlare e uno per tacere, e non bisogna mai perdere le buone occasioni per tacere, non per parlare. Questo è il tempo in cui il partito deve parlare, e deve parlare con la maniera consona a questo partito, in maniera argomentata. Guardate, io la politica urlata non l’ho mai apprezzata. Io ho sempre apprezzato la solidità delle argomentazioni, che vive perché, prima o poi, in politica vince l’intelligenza, e chi ne ha vince sempre.
E badate che la politica, se potesse essere paragonata ad uno sport, non sarebbe mai paragonabile ai 100 metri, ma ad una maratona di 15.000 metri. Occorrono gambe buone, polmoni buoni, occorre forza, resistenza e capacità di soffrire. I 100 metri danno un vantaggio immediato, ma molto effimero. E la furbizia è un surrogato dell’intelligenza: come tutti sappiamo, dà la possibilità di ottenere un vantaggiato immediato. Noi dobbiamo costruire una classe dirigente per i prossimi anni. Gli organi che questo pomeriggio avete eletto durano 4 anni. E’ un tempo lungo, è un tempo dinanzi al quale passeranno le elezioni politiche, quelle regionali, e poi di nuovo le amministrative, ed è un tempo nel quale una classe dirigente si misura proponendosi, si segnala distinguendosi. Io penso che ci siano tutte le condizioni per entrare nel cuore delle persone. Io sono stato segretario provinciale, la prima volta nel 1983, del PSI. So, quindi, misurare il tempo, e so bene che un tempo sufficientemente lungo è un banco di prova ampio per verificare lo spessore di una classe dirigente e la sua legittimazione per porsi alla guida di una provincia come la nostra. Dobbiamo soltanto proporre, in maniera intelligente, non lasciarci suggestionare dall’applauso, dal documento, dalla conferenza, dall’ansia, da che cosa esce dalla televisione. Questo non è decisivo, è decisiva la capacità di parlare alla gente, è decisiva la capacità di interpretarne le esigenze, i sogni, i tormenti, gli affanni, i quali sono quotidiani, Ed è questo che siamo chiamati a fare, tutti insieme”.
Giuseppe Di Gioia