Un racconto tra mitologia e realtà, l’esibizione de le Assurd e la scuola di danza di Carmen Castiello
Continua la rassegna di Benevento Città Spettacolo, con una kermesse,“Terre”, al Teatro Romano, che, la sera del 26 agosto, ha attirato tantissimo pubblico non solo beneventano, grazie, anche alle musiche eseguite dal vivo dal gruppo musicale Assurd. Le coreografie di Carmen Castiello e Giselle Marucci, hanno visto protagoniste il corpo di ballo della famosa scuola, con Odette Marucci, prima ballerina, il tutto con la regia di Linda Ocone, che ha curato anche i testi.
Una presenza quella delle “Assurd”, nate, come gruppo, nel 1993: tre donne che nel riprendere i canti e le musiche tradizionali popolari, hanno conservato un immenso patrimonio musicale, che così sicuramente non andrà perduto. Il gruppo ha studiato tutte le ricerche che sono state fatte in passato da musicisti che hanno raccolto tutto il materiale possibile, del secondo dopo Guerra. Le artiste hanno così creato il loro repertorio che unisce le tammuriate campane, con le pizziche pugliesi, le tarantelle, le serenate ed i canti contadini legati alle lotte contro il latifondismo, per realizzarne la distribuzione ai braccianti ed ai contadini.
Ad esso si sono aggiunte nel tempo le composizioni originali del gruppo, composto da donne: Cristina Vetrone, che con la sua voce e con l’organetto, sottolinea i contenuti delle canzoni; Lorella Monti, napoletana, ed ottima danzatrice di tammurruiate; infine Chiara Carnevale, che ha dato prova, insieme al canto, delle sue grandi abilità di percussionista.
Un lavoro teatrale che ha avuto la donna al centro della sua attenzione, perché terra e donna, sono entrambe fonti di vita.
Infatti, ci sono state presentate tre diverse donne: Medea, che indossa uno splendido abito rosso a voler ricordare appunto il sangue del fratello, Apsirto, da lei ucciso per aiutare il suo amato Giasone a portare in patria il famoso Vello d’oro, capace di guarire le ferite. Medea, per coprire la fuga sua con Giasone, sparse le membra del fratello ovunque, costringendo così il padre a raccoglierle e a rallentare il loro inseguimento.
Penelope, simbolo da sempre della donna fedele, che non voleva sposare un altro uomo, con il suo telaio tesseva di giorno e disfaceva il tutto di notte, indossava un abito beige ed infine Didone con uno splendido abito nero.
Quest’ultima, vedova di Sicheo e regina fondatrice di Cartagine, si innammorò perdutamente di Enea, l’eroe troiano,che riuscì a fuggire dalla città di Troia in fiamme, portando sulle spalle il padre Achise e tenendo per mano il figlio Ascanio. Gli dei però avevano per lui previsto un altro destino e lo convinsero ad abbandonare Cartagine e continuare il suo viaggio verso l’attuale Lazio, dove i suoi discendenti fonderanno Roma. Didone, però, non sopravvisse a questo abbandono e preferì uccidersi con la spada regalatale da Enea. Prima di morire ne maledirà la stirpe, predicendo la vendetta da parte del suo popolo. Didone, però, si pente del tradimento fatto alla memoria del marito e muore invocando il suo nome.
Ognuna di essa rappresenta quelle che sono le possibili vicessitudini della vita di una donna, che può arrivare a compiere qualunque misfatto, pur di aiutare l’amato ad essergli fedele ad oltranza, di uccidersi non sopportandone l’abbandono. Ogni donna é una diversa storia d’amore. Tre tipi di donne che con la danza sono state presentate ad un pubblico entusiasta, attento e partecipativo.
Bellissimo é stato poi il quadretto in cui abbiamo visto sei ballerine, che, vestite di bianco, rappresentavano le lavandaie nel ricordare un momento della vita di un tempo delle nostre nonne.
Non poteva mancare il momento dei canti religiosi dedicati alla Madonna, un’invocazione alla donna e madre per eccellenza: Maria, in particolare alla Madonna dell’Arco a cui i napoletani sono particolarmente devoti.
Chi ha modo di visitarne il santuario non può non rimanere colpito da una intera parete ricoperta da un particolare ex voto: le siringhe dei ragazzi che sono usciti dal tunnel della droga, un segnale della presenza mariana, nei mali della nostra società.
Abbiamo curiosato per conoscere le origini del culto alla Madonna dell’Arco, sito nel comune di Sant’Anastasia.
Il santuario é sorto dove dal 1450 era presente un muro affrescato dall’immagine di una Madonna ritratta con il Bambino Gesù, contro il quale un giovane che aveva perso la partita a palla-maglio, bestemmiando, scagliò la palla di legno, dopo di che l’icona della Madonna iniziò a sanguinare. Per questo misfatto, il giovane fu impiccato sullo stesso tiglio, che però si seccò due ore dopo la sua morte. Il santuario fu oggetto anche di un altro miracolo, accaduto un secolo dopo e precisamente nel 1589. Vicino al santuario viveva una contadina, Aurelia Del Prete, che un giorno, mentre era intenta a spaccare legna, si ferì ad un piede e fece un voto alla Madonna dell’Arco, promettendole che in caso di guarigione, avrebbe donato una coppia di piedi di cera. La Del Prete, una volta guarita, con il marito si avviò verso la chiesetta, portando l’ex voto, ma ebbe però la felice idea di portare con sé anche un porcellino, con l’ intenzione di venderlo al mercato. L’animale si smarrì, poco prima di arrivare in chiesa, e la donna cominciò a bestemmiare contro l’immagine sacra e buttò per terra l’ex voto.
L’anno successivo fu colpita da una malattia ai piedi, che la costrinse a letto fino a quando, nonostante le cure, nella notte tra la domenica di Pasqua e il lunedì, i piedi della donna si staccarono definitivamente dalle gambe. Da allora la donna visse nel rimorso ed a testimonianza di quanto le era accaduto, gli arti inferiori sono conservati, in una gabbietta di ferro, proprio nel santuario.
Di qui, la grande fede dei napoletani, che è stata sintetizzata nella bellissima canzone eseguita dalle Assurd.
Lo spettacolo dunque è stato all’insegna della buona musica, allegra, coinvolgente, accompagnata dalle danze e dai colori brillanti dei costumi delle ballerine.
Ancora una volta dobbiamo ringraziare Carmen Castiello, perché continua a regalarci spettacoli, di grande livello artistico e culturale, che ha voluto con questo lavoro ricordaci che dobbiamo far pace con la “Terra”, la madre per eccellenza, intesa come colei che da la vita, proprio come la donna.
Maria Varricchio