Il Ritorno a Scuola e la Pazzia dell’Occidente
Sarà un anno scolastico difficile, tormentato. L’esercizio delle difese sanitarie contro il Covid-19 ha sconvolto la normalità dei processi di socializzazione e alterato le modalità della relazione interpersonale e civile.
Si è sconnessa la consueta organizzazione degli spazi e dei tempi della partecipazione alla vicenda didattica e alla gestione del sistema dei servizi. Nell’esperienza quotidiana delle giovani generazioni, convocate dalla necessità istituzionale della formazione culturale, è stata introdotta una permanente condizione di allarme, di controllo, di disagio e di difficoltà, che dalle famiglie si riversa nei rapporti pubblici e contamina la relazione emotiva, affettiva e cognitiva nel “gruppo dei pari” e tra alunni e docenti.
Certamente in questa penosa emergenza vengono modificate le dinamiche e le motivazioni di desideri, di paure, di sogni che prima si animavano nelle tracce consuete del vivere, nei ritmi della condivisione e dell’accoglienza e nel dialogo dell’io, all’interno e all’esterno di sé. Ma se sono stati corrosi con le misure socio-sanitarie i codici organizzativi e gestionali della Scuola, e non è difficile verificarne l’evidenza, più complessa è la valutazione dello statuto genetico dell’ “essere-Scuola” nella Civiltà contemporanea e nel nostro Paese.
Nei processi, nelle forme e nei contenuti dell’offerta culturale, nei vissuti dell’etica educativa, negli orientamenti e nelle finalità pedagogiche e dentro le valenze specifiche della pluralità degli insegnamenti è in corso, negli ultimi decenni, una evoluzione contraddittoria e confusa, una neutralizzazione delle questioni decisive dell’essere, del vivere e del morire.
Se si potesse raccogliere in un concetto essenziale il ruolo profondo, di competenza e di servizio, della Scuola così come si è costituito nella Civiltà dell’Occidente, si potrebbe condividere questa definizione: “La Scuola è il luogo della comunicazione nella ricerca della Verità, della comunità nel cammino della Libertà, della comunione nella testimonianza d’Amore!”. Nella comunicazione, nella comunità, nella comunione agisce un unico “munus”, un dono, un carisma umano-divino che rende vero il dialogo tra maestri ed alunni, tra le generazioni del passato e le nuove; un “munus” che compone la coscienza dialogica tra le persone nella libera convivialità culturale, etica e spirituale; un “munus” che genera nell’intimità dell’io ̶ memoria intelligenza volontà ̶ la vitale energia dell’Amore!
Ma nell’esperienza della ricerca, nei rischi del cammino, nella testimonianza del bene, si agitano le potenze della contraddizione, si muovono le pulsioni aspre e dolorose del conflitto, si insinuano le debolezze, le confusioni, le menzogne, gli inganni. In tutti gli scenari della vita del nostro Paese è avvertita e sofferta la crisi dell’Educazione che era stata tessuta, da due millenni, sull’impianto ebraico-ellenico-cristiano, che ora, rovinosamente smantellato, cede per la dissoluzione dei legami teologali tra ragione e Fede, tra storia e Speranza, tra vita e Amore. La Divinizzazione dell’umano, con la centralità del Vero del Buono del Bello, è sempre più sopraffatta dalla supremazia del “corpo animale” e dalla pretesa del piacere, dell’avere e del dominio. Ed ecco perché il compito educativo è stato consegnato alla potenza, alla seduzione e alla baldoria elettronica e alla teatralizzazione mediatica delle agenzie mondiali della cultura di massa che celebra il trionfo seducente e inquietante della pedagogia del Neopaganesimo.
E’ la rivincita dello “spirito del mondo” e della sua triplice idolatria: la Ragione senza fede, la Carne senz’anima, il Denaro senza cuore. L’imperialismo del razionalismo moderno, raggiunta “la barbarie della riflessione”, pretende ora, nella follia del dominio assoluto, di realizzare il sogno malvagio della scienza del male: “la fine perversa di tutte le cose” che, sulle orme di Emanuele Kant, evocava Benedetto XVI nella Enciclica “Spe salvi”.
Ora noi, adulti e vecchi, che abbiamo dimenticato la Verità dell’uomo ̶ chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo ̶ noi, che abbiamo tradito la passione del cuore rinunciando alla libertà e lottando contro il Bene, noi che abbiamo svilito l’Amore, l’innocenza e la purezza dell’Amore, offesa la nostra trascendenza divina e lacerata la nostra amorosa identità relazionale, siamo diventati cattivi maestri, cinici esempi di ipocrisia per i nostri figli. La Comunità da tempo non è più Comunità educativa ed educante, non ha più valori né umani né divini da promuovere, non ha più discernimento tra Verità e menzogna, tra Bene e male, tra Amore e odio. E’ forse caduta nelle tenebre la Trinità dell’Amore, della Misericordia e del Perdono? No! Anche con l’ispirazione di alcuni versi di un poeta francese, possiamo tornare con più forza, con più coraggio, con più fedeltà, soprattutto con umiltà, a credere, a sperare ad amare:
“Vogliamo ritornare all’antica dimora
in cui i nostri padri sono vissuti sotto l’ala di un arcangelo,
vogliamo ritrovare quella morale strana
che santificava la vita fino all’ultimo istante.
Vogliamo qualcosa come una devozione,
come una stretta di dolci dipendenze,
qualcosa che superi e contenga l’esistenza;
non possiamo più vivere lontano dall’eternità”.
Davide Nava