Rosso Vanvitelliano evoca la Repubblica napoletana e la Restaurazione borbonica
Lo Scabec spa della Regione Campania ha portato a Benevento una tappa de ”Il grande tour“ di Rosso Vanvitelliano, un’indimenticabile viaggio nel tempo dei siti storici della Campania, creando così l’occasione per conoscerli o approfondirli o semplicemente ritornarci, per rivederli, riviverli.
E grazie ancora al Direttore Prof. Ferdinando Creta, per averci dato modo, il 22 agosto, in questa estate molto particolare, di assistere ad uno spettacolo di insolita bellezza.
Lo spettacolo è stato ideato e diretto da Patrizio Ranieri Ciu, autore anche delle musiche originali, realizzata da Ali della Mente con Fabbrica Wojtilia &, Compagnia della Città.
Il pubblico è stato amenamente intrattenuto da un settecentesco musicista che è stato affiancato da Pulcinella, che in questo caso indossava un costume rosso.
La famosa maschera napoletana ha dialogato con l’architetto Luigi Vanvitelli, che si rivolge a Dio affinché lo aiuti nella sua opera.
Di qui la narrazione della vicenda d’amore che vien descritta nel momento della rivoluzione francese, nella Repubblica napoletana ed infine della Restaurazione.
Il giovane Napoleone Bonaparte ha conquistato ormai quasi tutta l’Europa e le truppe francesi si accingono ad entrare nel Regno di Napoli, costringendo Ferdinando, detto amichevolmente “Re Nasone”, a stringere l’alleanza con l’Inghilterra, acerrima nemica della Francia.
Ricordiamo che proprio la grossa inimicizia, tra quest’ultima nazione e l’Inghilterra, costò molto cara alla Francia, che avendo sostenuto economicamente le colonie americane, nella guerra di indipendenza contro l’Inghilterra, dissanguò così ulteriormente le proprie casse. Il sovrano francese si vide costretto ad imporre nuove tasse al popolo, che ad un certo punto, stremato dalla fame, si ribellò. Gli ideali rivoluzionari di libertà, uguaglianza e legalità fecero presa su tutti i ceti meno abbienti e rimasero nella memoria di tutti anche dopo il Congresso di Vienna. Proprio in questo contesto storico, nell’alleanza tra Borboni ed Inghilterra, e precisamente nell’autunno del 1798, si inserisce il racconto, “Se queste mura potessero parlare..”.
Sir Douglas, un nobile inglese giunge a Napoli, accompagnato dalla sua unica ed adorata figlia, Lizzy, che affida ad un Maestro affinché le insegni la lingua del luogo, il napoletano, e le faccia conoscere un po’ la città.
Il Maestro l’accompagna nei posti più caratteristici di Napoli, in mezzo ai lazzari, agli scugnizzi, ai musicisti e tra questi ve ne è uno in particolare, Mattia, che è letteralmente innamorato della musica. La nobile ragazza incontrò gli occhi del popolano e, sebben ciascuno di loro non conoscesse la lingua dell’altro, si capirono immediatamente e si innamorarono.
Questo dimostra che l’amore nasce anche tra due persone che parlano lingue diverse, ma ricordiamo la rivoluzione è alle porte ed anzi coinvolge ben presto i due innamorati. Infatti Mattia è amico fraterno di Ascanio, un giovane che ha visto fucilare suo fratello e che ha deciso di vendicarlo, continuando l’opera di cospirazione. Cerca e trova il giovane Mattia e gli chiede rifugio nella sua casa, perché insieme ad altri cospiratori hanno appena compiuto la liberazione di trenta prigionieri ed é pertanto ricercato. Mattia lo accoglie e lo nasconde. Il Maestro però riesce a vedere e sentire il nuovo complotto che i due amici stanno organizzando, e quando l’attentato riesce, con l’esplosione della polveriera, il Maestro fa recapitare al Capitano delle guardie borboniche una lettera sulla quale indica in Mattia l’autore del sabotaggio. Costui viene dunque prontamente arrestato e non appena Lizzy lo saprà cade nell‘angoscia e nello sconforto più
profondo. Il Maestro interviene cercando di confortarla e preso dal rimorso le confessa di aver denunciato Mattia affermando: ”I must confess… Only for you..”.
A quel punto però rassicura la donna sulla sua ferma intenzione di salvare Mattia, che è stato condannato alla fucilazione all’indomani all’alba. Molto astutamente si reca dal Capitano Beltè e lo convince a risparmiare Mattia, qualora egli gli dica i nomi degli altri cospiratori ed in particolare del capo.
Ottenuto il consenso del Capitano, si reca in carcere dove propone a Mattia uno scambio: la propria vita, contro il nome del capo cospiratore, suo amico.
Mattia non cede e l’indomani viene fucilato. con pallottole a salve. Il Maestro, che ben conosceva il nome di Ascanio, si reca da lui e gli racconta del tradimento ordito da Mattia a suo danno e lo invita a recarsi con lui al molo, travestito con il mantello di Lizzy. Quando i due amici si troveranno l’uno di fronte all’altro, in presenza del Maestro e del Capitano, Ascanio, preso da furore, pugnala Mattia ed il Capitano a sua volte lo uccide con la pistola. Come promesso dal Capitano, il Maestro ottiene un incarico a corte e riesce alla fine a sposare Lizzy, ormai rassegnata alla perdita del suo amato. Dopo vent’anni, il Maestro, divenuto Console inglese presso la corte borbonica, con la consorte torna a Napoli, e la porta in quei luoghi in cui si sono conosciuti.
Qui trovano due donne che raccolgono le offerte per un chitarrista. Egli da quando era divenuto cieco, si guadagna da vivere, cantando e raccogliendo elemosine. La Signora gli offre molto danaro, ma quando sente la voce del chitarrista, riconosce quella di Mattia, il suo vecchio amore. A questo punto il finale sarà una sorpresa per tutti, e sarà pirandelliano: ”Così è… se vi pare”.
Sia durante la rivoluzione, che nel periodo della Restaurazione, assistiamo alla processione per il Santo patrono della città, S. Gennaro, a testimonianza dell’affetto imperituro, che i napoletani da sempre riservano al santo di origine beneventana.
Uno spettacolo imperdibile, che, non essendo forse adeguatamente pubblicizzato, non ha registrato il sould out, come forse avrebbe meritato.
Il Prof. Creta ha voluto ringraziare la compagnia per il bellissimo spettacolo, che ha subito apprezzato per due motivi: il primo perché ha avuto un legame personale con la Reggia di Caserta, dove ha lavorato dal 1982 al 2018; il secondo perché la figura dell’Architetto Luigi Vanvitelli è molto legata alla nostra città. Infatti, il famoso architetto, nel 1753, arrivò nella valle Caudina, e nella lettere indirizzata a suo fratello, Monsignor Urbano, racconta che è arrivato in quei luoghi alla ricerca delle sorgenti di acque per alimentare la cascata della costruenda Reggia di Caserta, Nel suo racconto, ricorda le strade piene di buche, in quella che definisce l’”abbastanza umile Via Appia”, mentre sia l’Arco di Traiano che il Teatro Romano egli dice: ”sono invasi dalla costruzione di abitazioni private”. Più tardi, nel 1763, viene chiamato per progettare il ponte sul fiume Calore, che prenderà il nome di Ponte Vanvitelli e non volle cedere ai ricatti del sindaco di allora, che avrebbe voluto qualche ducato per sé. “Un uomo di grande levatura morale”, conclude Creta.
Lo spettacolo ha visto attori, cantanti, ballerini, che hanno indossato di volta in volta, dei magnifici vestiti, di una bellezza straordinaria, sia nei colori che nei modelli.
La Compagnia ha voluto salutare il pubblico in un abbraccio ideale, di fatto impossibile per via del Covid-19, con l’espressione “Come se vi avessimo stretti uno a uno”.
Maria Varricchio