Giovannina Piccoli, una sindaca che si era posta al di sopra della maggioranza che l’aveva eletta
Tutti a gridare contro la congiura che sarebbe stata ordita dal Pd di Sant’Agata dei Goti, per far decadere dalla carica di sindaco l’avv. Giovannina Piccoli, una indipendente, non iscritta al Pd, come precisa il vice segretario provinciale di questo partito, Giovanni Cacciano, in un comunicato nel quale si afferma che il Pd interviene solo in difesa e in sostegno di propri iscritti che rivestano la carica di sindaco, anche se eletti in liste civiche. Giovannina Piccoli, eletta con i voti raccolti dal Pd sulla lista da lei guidata, avrebbe dovuto, sì, anteporre, come ha dichiarato a Vincenzo De Rosa nell’intervista pubblicata sul Mattino del 27 maggio, il bene della collettività rispetto al proprio bene, ma il bene della collettività deve corrispondere all’indirizzo programmatico scelto dagli elettori, sicché la soluzione dei problemi deve corrispondere a tale indirizzo.
Impossibilitati, si deve ritenere, a presentare una mozione di sfiducia, in un momento in cui i consessi elettivi non si riuniscono, a causa del distanziamento sociale dettato dall’emergenza Covid, 9 consiglieri del Pd su 11 hanno pensato di sfiduciare la sindaca Piccoli con un atto sottoscritto, nella notte tra il 25 e il 26 maggio, dinanzi al notaio Gerardo Santobuono. La fretta, però, di pervenire subito ad un atto di sfiducia era stata determinata da voci, circolate nella giornata del 25 maggio, secondo cui si starebbe ponendo in essere un tentativo di ribaltone, eventualità, questa, che si rivelerà irreale poiché 4 consiglieri di opposizione (impossibilitato il quinto da motivi di lavoro), partendo da premesse diverse dai consiglieri del Pd, sono pervenuti alle stesse conclusione di questi ultimi; ma era stata determinata anche dalla necessità di far sciogliere il Consiglio, prima che venisse indetta la data di convocazione dei comizi elettorali, per le elezioni regionali e comunali, prevista per il prossimo settembre, affinché, in tale tornata elettorale, potesse essere chiamata anche la cittadina saticulana ad eleggere sindaco e Consiglio comunale.
E’ poi da escludere che l’adesione della minoranza, non determinante, all’iniziativa di sfiduciare la sindaca di S.Agata dei Goti, sia stato un modo come gettare le basi al preteso connubio tra Mastella e il Pd, dopo che il sindaco di Benevento ha scelto di presentare, per le regionali, sue liste collegata alla ricandidatura di Vincenzo De Luca, il presidente uscente della Regione Campania, poiché, ammesso che sia stato Mastella, che tuttavia esprime il gruppo di opposizione a S.Agata dei Goti, o un suo faccendiere ad indicare il nome del notaio disponibile, Antonio Frogiero, competitore di Giovannina Piccoli nelle elezioni dell’anno scorso e punto di riferimento di Mastella, ha dichiarato, sempre allo stesso Vincenzo De Rosa in una intervista pubblicata sul Mattino del 28 maggio: “Il nostro gruppo sarà della partita. Saremo compatti e riproporremo la stessa formula di un anno fa. L’unica certezza è che non sarà candidata in lista con noi Giovanna Razzano”. Un’altra mastelliana, questa donna, che sarà candidata al Consiglio regionale insieme a Luigi Abbate, il presidente della Gesesa, che lascerebbe il posto, nell’azienda che gestisce i servizi idrici, a Oberdan Picucci, attuale assessore al Commercio del Comune di Benevento.
Lo stesso deputato dem, Umberto Del Basso De Caro, che non vede alcuna congiura nel comportamento posto in essere per sfiduciare la sindaca, ha ribadito ad Antonio Tretola, in un’altra intervista pubblicata da “Il Sannio” il 29 maggio: “Ciò che accadrà per le regionali non avrà ripercussioni sugli equilibri politici a Palazzo Mosti. Non c’è nessun automatismo. Di questi tempi, l’anno prossimo i cittadini di Benevento giudicheranno un’amministrazione comunale con cui il Pd non ha avuto nulla a che fare. Se c’è qualcuno che per storia personale, professionale e politica non ha mai fatto il ‘cameriere’ politico di Mastella, quello sono io. Non so quanti altri, in questa provincia, possono proferire questa affermazione senza tema di essere smentiti”. Poi, a proposito del fatto che Mastella abbia paragonato alla coppia Boccia-De Girolamo il suo rapporto con la propria moglie, che rimane senatrice di Forza Italia, mentre lui si schiera in sostegno di un candidato presidente dem alla Regione, Del Basso De Caro ha precisato: Nunzia De Girolamo e Francesco Boccia erano ambedue già parlamentari quando si sono conosciuti e sposati. In secondo luogo, la prima faceva politica nel Sannio, il secondo, l’attuale ministro per le autonomie, in Puglia. (…) la senatrice Lonardo non può restare in Forza Italia se il marito, sindaco di Benevento, si allea con il centrosinistra alle regionali campane. A non capirlo sarebbero le persone, e non potremmo dar torto poi a chi guarda alla politica con sempre maggiore distacco”.
Il malessere nella maggioranza del Comune di S.Agata dei Goti, a dire di Del Basso De Caro, si trascina da quando Carmine Valentino, attuale segretario provinciale del Pd, si è dimesso da capogruppo unico della maggioranza consiliare, un inequivocabile segnale, questo, di ciò che avrebbe portato all’attuale epilogo nel Comune di S.Agata, un segnale e una spia che nessuno degli autori dell’attuale fracasso mediatico ha saputo cogliere allora.
Solo Mastella ha potuto sottoporre alla sua volontà, non senza tuttavia subire defezioni, una maggioranza creata da lui
A leggere il comunicato del gruppo consiliare del Partito Democratico di S.Agata dei Goti, in cui si afferma che “l’ostinato diniego della ex sindaca Piccoli di avere un costruttivo confronto all’interno della maggioranza era chiaro già dalla fine del 2019”, si ha la percezione di come l’avv. Giovannina Piccoli si fosse posta al di sopra della maggioranza consiliare, un esercizio, questo, in cui si è potuto cimentare solo Mastella da quando questi si è insediato, nel giugno 2016, come sindaco di Benevento, a Palazzo Mosti. Per portare avanti il suo disegno, Mastella ha strumentalizzato la maggioranza creata da lui in campagna elettorale,riducendo i consiglieri alla mera funzione di alzare la mano per approvare le sue proposte, non senza subire defezioni: Adriano Reale e Annarita Russo, due consiglieri eletti in liste mastelliane che nel mese di gennaio scorso avevano costituito insieme ad Angelo Feleppa (un transfuga eletto in una lista del Pd) il gruppo di “Cittadini protagonisti”, sono rientrati all’ovile per garantire continuità amministrativa ma anche per assicurare a Mastella il loro sostegno rispetto all’iniziativa del sindaco di presentare, come dicevamo, una lista collegata al presidente uscente della Regione Campania, nella prossima competizione regionale; Antonio Puzio (eletto in Forza Italia dal cui gruppo si defila subito per passare in un gruppo mastelliano), Angela Russo e Mimmo Franzese (entrambi eletti in liste mastelliane), hanno dato vita al gruppo de “I Moderati” per contrattare potere nell’ambito della maggioranza; Pina Pedà e Delia Delli Carri (elette pure in liste mastelliane), ponendosi all’opposizione, hanno costituito il gruppo misto; Vincenzo Sguera, Luigi Scarinzi, Marcellino Aversano (eletti in liste promosse dal Pd) e Luca Paglia (eletto in una lista mastelliana), hanno fatto nascere il gruppo “Patto Civico”, ponendosi all’opposizione.Ma Mastella, non potendo destituire i consiglieri della maggioranza a lui non servili, perché eletti dai cittadini, costringe alle dimissioni, perché nominati da lui, gli assessori a lui non funzionali. Infatti, gli allontanamenti forzati dalla giunta sono iniziati dopo meno di due mesi dall’insediamento del sindaco. Il primo ad essere stato costretto a dimettersi, nel mese di agosto 2016, pena l’esonero, è stato Gerardo Giorgione, assessore all’Urbanistica in quota Forza Italia. Poi, nel mese di marzo 2017, è stata la volta di Amina Ingaldi, cui, nel successivo mese di luglio, hanno fatto seguito, sollecitate da Mastella, le dimissioni della vice sindaca, Erminia Mazzoni. Su sollecitazione di Forza Italia nei confronti del sindaco, viene costretta alle dimissioni, nel mese di maggio 2018, Patrizia Maio. Mentre la carica di vice sindaco viene delegata da Mastella, a rotazione tra gli assessori, gli altri tre, costretti a lasciare la giunta per evitare l’onta della destituzione, vengono sostituiti da Antonio Reale e da due donne esterne, la prof.ssa Rossella Del Prete e l’avv. Felicita Delcogliano.Poi, il 26 gennaio 2020, arrivano le dimissioni, volontarie per quanto è dato di sapere, di Anna Orlando, e, il 5 febbraio 2020, per solidarietà al sindaco che si era dimesso, quelle di Luigi De Nigris, l’assessore all’Ambiente, quest’ultimo, che sarebbe stato disposto a rientrare in giunta qualora Mastella, come è poi avvenuto, avesse ritirato le dimissioni da primo cittadino. Invece, Mastella, dopo aver ritirato le dimissioni alla scadenza del ventesimo giorno, nella prima riunione di giunta, il 25 febbraio, chiama, nell’esecutivo, Maria Carmela Mignone, titolare di un affermato studio legale, Carmen Coppola, docente presso il Liceo Scientifico, e Raffaele Romano, un generale delle Fiamme Gialle in pensione, por coprire i posti lasciati liberi dai Anna Orlando, Luigi De Nigris e Felicita Delcogliano. Noi, in quella occasione, pensiamo che Mastella abbia voluto aggregare altre forse politiche e/o aprirsi alla società civile, in considerazione soprattutto del fatto che la prof.ssa Coppola è moglie di Gianfranco Ucci, un ex militante dell’Udc di Mastella, che non seguì il capo nella costituzione dell’Udeur, vice sindaco nell’amministrazione di centro destra guidata da D’Alessandro, candidato sindaco nelle amministrative del 2016, una persona che dispone di una considerevole dote di voti.
Non riusciamo a spiegarci, però, la capacità di aggregazione elettorale di Raffaele Romano, come pure quella dell’avv. Maria Carmela Mignone”, benché sia impegnata anche nel sociale come dirigente della Fidapa (Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari). Quando, però, a termine dell’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica, veniamo a sapere che il Gip, la dott.ssa Loredana Camerlengo, ha accolto la richiesta di porre sotto sequestro 12 depuratori, di cui 3 nella città di Benevento, gestiti dalla Gesesa, e quindi dall’Acea che detiene il 58% delle azioni in Gesesa, mentre il rimanente 42% è detenuto dal Comune di Benevento (38%) e da altri enti locali, cerchiamo di darci una spiegazione.
Tra i 33 indagati, oltre agli a.d., attuale e precedente, della Gesesa, a dirigenti e dipendenti di questa azienda, a dirigenti del Comune di Benevento, a un sindaco e due ex sindaci della provincia, vi è anche il marito di Maria Carmela Mignone, Piero Porcaro. Questi, incaricato ad effettuare analisi, quale proprietario del laboratorio Tecnobios, sulle acque depurate, avrebbe prodotto “certificati di analisi omissivi…per evitare alla Ge.Se.Sa SpA i controlli e le sanzioni previste nel caso di accertata ecotossicità”. Il capo di accusa precisa anche: “L’analisi delle conversazioni telefoniche intercettate ha fatto emergere la palese ‘complicità’ esistente tra elementi rappresentativi della Ge.Se.Sa. Spa e del laboratorio privato di analisi cui la predetta società affidava le analisi dei campioni”. Non tanto chi scrive, ma il cittadino che paga le tasse, quello che meriterebbe una spiegazione, è portato a dedurre che Piero Porcaro, per essere stato, secondo l’accusa, compiacente verso l’azienda che gestisce i servizi idrici, avrebbe dovuto meritare un premio, sicché quel cittadino sarebbe anche portato a ritenere che la nomina ad assessore di Maria Carmela Mignone non sarebbe uscita dal cilindro del prestigiatore. In molti, compresa la senatrice Ricciardi, sollevato il conflitto di interesse, hanno chiesto le dimissioni dell’assessora, e, in mancanza di questo atto volontario, la revoca della stessa, da parte dei sindaco. Ma Mastella, che con il presidente della Gesesa, Luigi Abate, dice di non sapere ciò che avveniva in tale azienda rispetto ai fatti contestati, ha lasciato cadere tale richiesta. Ha assicurato, però, che il Comune, in caso di rinvii a giudizio, si costituirà parte civile, quindi anche contro i dirigenti comunali indagati.
Delia Delli Carri: “Una amara vittoria: io non decado! Ma per loro il decadimento morale è conclamato”
Nei confronti di Delia Delli Carri era stata sollevata, per iniziativa del…presidente del Consiglio comunale, l’8 marzo scorso, dopo 4 anni che siede nel consesso elettivo di Palazzo Mosti, una questione di incompatibilità con la carica di consigliera comunale, in quanto svolge la sua attività presso la cooperativa “La Solidarietà” con mansioni di coordinatore di progetto e che tale cooperativa, assieme alla Dea, un’altra cooperativa sociale, si è aggiudicata una gara d’appalto indetta dal Comune per la gestione del progetto Sprar minori. E’ appena il caso di ricordare che Delia Delli Carri aveva cominciato a dare fastidio, oltre ogni misura, all’amministrazione, per aver presentato una interrogazione, non ancora discussa in Consiglio a causa dell’emergenza Covid che richiede ancora il distanziamento sociale, per sapere come si era giunti al rilascio dell’autorizzazione relativa alla demolizione dell’ex sede dell’Inps e alla conseguente costruzione di un immobile da destinare a supermercato, ad uffici e ad alloggi, da parte di una società di Avellino che aveva acquistato, per poco più di 2 milioni di euro (all’Asl erano stati chiesti, pare, 5 milioni), l’ex sede dell’Inps dalla società, cui il grande ministro berlusconiano dell’Economia, Tremonti, per fare soldi, aveva venduto le sedi dell’ente previdenziale, costringendo l’ente medesimo a pagare il fitto ai nuovi proprietari.Di qui, la necessità dell’amministrazione Mastella di sbarazzarsi della Delli Carri. Ma il suo stesso “inquisitore” ha dovuto comunicare le determinazioni cui era pervenuta la segretaria comunale, alla quale era stata posta la questione. Ebbene, rispetto a lieto fine cui era pervenuta la segretaria comunale, la Delli Carri fa rilevare: “ho chiarito e documentato che le mansioni lavorative che svolgo non rientrano tra i casi di conflitto con il ruolo di consigliere comunale e che la cooperativa sociale della quale sono dipendente è regolarmente iscritta in pubblici registri e che pertanto la ipotizzata decadenza è inesistente. Mi avvilisce – aggiunge la Delli Carri – che autorevoli rappresentanti istituzionali utilizzino il proprio ruolo per deprecabili giochi di potere e lo facciano peraltro con modalità che certificano l’assoluta incapacità di esaminare ed applicare norme di legge contenenti prescrizioni di tale chiarezza da non determinare dubbi interpretativi”. Una lancia in favore della Delli Carri è stata spezzata dall’avv. Vincenzo Sguera, allorché il capogruppo di Patto Civico afferma: “Praticamente si è tentato, in modo assai discutibile, di defenestrare un consigliere che ha osato ribellarsi all’azione amministrativa portata avanti dalla maggioranza. La cosa più triste è che tanto è avvenuto sulla scorta di elementi che ictu oculi, a colpo d’occhio, erano evidentemente inidonei a consentire la formulazione di un giudizio di incompatibilità a carico della collega. Credo necessitino delle scuse. Non solo a Delli Carri ma anche a tutti i cittadini. Questo modo di fare è inaccettabile”.
Alcuni commenti sulla vicenda di S.Agata che fanno discutere
Però, lo stesso Vincenzo Sguera, insieme al suo gruppo, dal quale si è poi staccato Marcellino Aversano per sostenere l’avventura di Mastella, ha preteso di fare la morale al Pd, rispetto alla vicenda che ha portato alla decadenza da sindaco di Giovannina Piccoli, sostenendo: “Quello che è successo a S.Agata ha dell’incredibile”. Ma ancora più incredibile, e poco morale sul piano politico, è stata la sua vicenda, allorché, abbandonata l’opposizione di centro sinistra, in cui era schierata la lista nella quale era stato eletto (lista espressa da alfaniani e da Santamaria, il casiniano nominato poi da Mastella dirigente di un settore del Comune), è passato a Forza Italia, assumendo la funzione di coordinatore cittadino del partito, per poi dare vita al gruppo del “pattisti”, insieme a Luigi Scarinzi (eletto nella lista del Pd), che gli aveva fatto compagnia nel partito di Berlusconi, e agli altri due.Nella vicenda, ha pensato di dire la sua anche Federico Paolucci, il coordinatore di Fratelli d’Italia, secondo cui “nessuna avvisaglia di rottura si era apertamente consumata in Consiglio comunale”; “nessuno degli interessati ha smentito che la regia sia stata concordata” con Mastella; nessuna mozione di sfiducia sarebbe stata promossa”; “in questa vicenda emerge solo il cinismo dei giochi di potere e di scacchiere”. Questo signore, evidentemente non sa che Carmine Valentino, in polemica con il sindaco, si era dimesso da capogruppo della maggioranza nel mese di gennaio scorso, come ha sottolineato Del Basso De Caro; che, a dire di Arturo Mongillo, un santagatese non iscritto al Pd, “i segnali si avvertivano da tempo” da parte di un partito, il Pd, “unica realtà politica oggi organizzata che non avrà problemi alle amministrative”; che la stessa Giovanna Razzano, ricondotte all’assenza di inciuci le dimissioni dei consiglieri di minoranza, ritiene paradossale l’accusa secondo la quale ci sarebbero stati accordi “nelle segrete stanze di qualche appartamento”; che il Consiglio comunale, a causa dell’emergenza Civid-19, non poteva essere convocato per discutere una mozione di sfiducia; che, nel 2011, un mese prima che scadesse il primo mandato di Fausto Pepe, Alleanza Nazionale, allora riferimento politico di Paolucci, fu promotrice, insieme ad altri consiglieri di opposizioni e da alcuni transfughi della maggioranza, di una analoga iniziativa, quella di dimettersi davanti al notaio Romano (pare), per far decadere il sindaco di Benevento che poi venne rieletto al primo turno.
D’altra parte, quando Matteo Renzi, nell’ottobre 2015, fece decadere, appena 2 anni dopo dalla elezione, Ignazio Marino da sindaco di Roma, per la storia degli scontrini relativi a cene pagati dal Comune, ebbe anche l’apporto delle opposizioni, nel far sottoscrivere dinanzi ad un notaio le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali. L’apporto delle opposizioni allora fu determinante poiché non tutti i consiglieri di maggioranza avevano raccolto l’invito del segretario nazionale del Pd di cacciare il noto chirurgo dal Campidoglio, un iscritto al Pd, che, lasciato lo scranno di Palazzo Madama, venne eletto nel giugno 2013 sindaco di Roma, con il 64% dei voti. Nessuno, allora, parlò di inciucio tra le opposizioni e Renzi. Si sa però che Renzi non ha fatto le scuse a Marino, dopo che l’ex sindaco di Roma è stato assolto in Cassazione, nell’aprile 2019, quando Marino, già da 3 anni, era tornato alla Thomas Jefferson Universiry di Philadelfia, dove era stato direttore dell’Istituto Trapianti di Organi. L’operazione di far decadere Marino consentì l’avvento di Virginia Raggi al Comune, così come Walter Veltroni, interessato a correre per Palazzo Chigi, aveva favorito l’avvento di Gianni Alemanno.
Chissà se anche il deputato pentastellato, Pasquale Maglione, vedrebbe l’inciucio, allorché si augura che Giovannina Piccoli “faccia chiarezza” rispetto agli “inaccettabili compromessi”, cui Giovannina Piccoli non avrebbe ceduto!? Ma la ex sindaca, quando è stata chiamata in Questura, per dare una spiegazione della sua pesante affermazione, ha detto che i compromessi erano riconducibili a ragioni politiche.
Le ragioni di Carmine Valentino
Ma quell’affermazione è grave e offensiva per tutta la “ex maggioranza del sindaco che nella quasi totalità l’ha sfiduciata”, scrive Carmine Valentino in un suo lungo comunicato, in cui denuncia “tanta tattica e strumentalizzazione nel voler imputare una responsabilità politica a chi, come me, si è messo in questi mesi ai margini ed allontanato da ogni interlocuzione in ambito amministrativo”. Da parte della ex sindaca, “si è palesata da subito, all’indomani delle elezioni, la volontà di avviare un percorso amministrativo spesso ‘solitario’, privo di confronto e di ascolto verso tanti, forse verso tutti”. Infatti, “la linearità comportamentale per aver fornito un contributo alla elezione dell’ex sindaco, mi avrebbe dovuto portare da subito a formalizzare e stigmatizzare tale atteggiamento, dalle prime decisioni e scelte a cui tutti noi siamo stati costretti ad assistere, ma così non è stato e, né io né gli altri, mai siamo venuti meno alla realtà e al sostegno, senza rinunciare però alla critica costruttiva”.Valentino, fatto cenno alle predette ragioni che avevano portato alle sue dimissioni da capogruppo unico di maggioranza, denuncia che i consiglieri di tale gruppo erano stati “sminuiti a ratificatori di altrui scelte”, sicché vi sarebbe stato “l’approccio superficiale su percorsi significativi a difesa delle prerogative della nostra comunità”. In sostanza, vi è stata “una scelta quasi sistematica di abdicare ad un ruolo centrale della nostra città, in assoluta discontinuità con un protagonismo costruito ed apprezzato nell’ultimo decennio”, quello in cui Valentino è stato sindaco, quando “una squadra che andava ‘a mille’ si è ritrovata con il ‘freno tirato’” nell’ultimo anno.Insomma, vi è stato “un lassismo ed un’immotivata volontà di sottrarsi al confronto e all’analisi politico-amministrativa per la definizione di una condivisa strategia”. Di qui, la decisione di sottoscrivere le dimissioni dalla carica, da cui la contestuale decadenza dell’ex sindaco, per rimediare ad una situazione che si era ormai irrimediabilmente strutturata, come inaccettabile, regressiva e dannosa”.Valentino assicura che sarà in campo per dare il suo “contributo con chi vorrà confrontarsi e illustrare la propria proposta di governo per la città”, e, benché rammaricato per “talune esternazioni ingenerose e gratuite”, spesso “farcite di astio e rancore”, conclude: “Sono tuttavia sereno e rispettoso delle altrui opinioni, ma anche, mi sarà consentito, impegnato a contrastare assurde e strumentali ‘prese di posizioni’ il cui obiettivo, da sempre, è, per veemenza e avversione, la mia persona”. Consapevole, però, che “nei giudizi affrettati, prevalgono la rabbia e il livore rispetto alla verità dei fatti”, Valewntino è certo che il tempo, “noto galantuomo”, disvelerà “il velo delle ipocrisie, delle appartenenze autentiche o farlocche e delle presunte coerenze”.
Le motivazioni giuridiche di Luigi Perifano, un avvocato amministrativista
Rispetto a chi ha parlato di agguato, di imboscata e di azione opaca, in merito alla vicenda di S.Agata, l’avv. Luigi Perifano sostiene che quanto è stato posto in essere per far decadere la sindaca della cittadina saticulana non può essere ricondotto in un disvalore etico. E lo scrive in una lunga nota inviata a Sanniopage, poiché anche la direttrice di questo giornale online, Teresa Ferragamo, aveva gridato allo scandalo, facendo trapelare, in una sua nota, una esigenza del consigliere regionale, Erasmo Mortaruolo, di fare chiarezza in seno al Pd, di quanto accaduto a S.Agata. Invece, Mortaruolo, in un comunicato del 31 maggio, nel prendere atto “di una scelta travagliata e difficile nonché di un malessere diffuso”, manifesta il piacere di incontrare i democratici di S.Agata dei Goti e Carmine Valentino, cui egli è “legato da anni di amicizia e condivisione politica”, in quanto conosce bene “il loro senso di appartenenza al Partito Democratico e l’adesione ai suoi valori e ai principi fondanti”. Per tutte queste motivazioni, Mortaruolo sente “di dover chiarire la posizione di distanza da chi strumentalizza la vicenda per colpire l’intera comunità, o peggio ancora, una parte della ‘comunità partito’”.
Perifano chiarisce: “Prima della riforma di cui alla legge 81/1993 il sindaco, come è noto, veniva eletto dal Consiglio comunale fra i propri componenti e, nel corso della consiliatura, in caso di sostanziale modifica degli equilibri politici, poteva essere sostituito. E’ possibile affermare che l’indiscutibile centralità del Consiglio nell’assetto amministrativo degli Enti Locali rendeva molto influente la rappresentatività elettorale dei consiglieri comunali, dalla cui volontà il sindaco era fortemente condizionato”.
L’elezione diretta del sindaco ha modificato radicalmente lo scenario: “Il consiglio”, precisa Perifano, “è chiamato a importanti, ma assai più limitate (rispetto a prima) funzioni, precipuamente di indirizzo e di controllo, mentre i poteri sindacali sono significativamente cresciuti, guadagnando altresì ampi margini di autonomia. Si pensi, tanto per esemplificare, al potere del sindaco di nominare e revocare, su base fiduciaria, gli assessori, e a quante volte questo potere di revoca si sia tradotto nella “decapitazione” di consiglieri tributari di amplissimi consensi popolari, prima obbligati a rinunciare allo scranno consiliare guadagnato sul campo per poter entrare in giunta, e poi “dimissionati” senza tanti complimenti”. Va però considerato, che “se è vero che il sindaco è eletto direttamente dal corpo elettorale, è ancora più vero che ciò è possibile solo in quanto una o più liste di candidati al Consiglio ne propongano la candidatura”. In difetto di tale collegamento, la elezione non sarebbe possibile. “Laddove, poi, non è neanche prevista la possibilità del voto disgiunto”, chiosa Perifano, “il mandato elettorale conferito può dirsi consustanziale (identico – ndr) a quello del sindaco”.
La mozione di sfiducia, prevista nell’art. 52 del T.U.E.L. “sembra essere il rimedio tipico che porta allo scioglimento del Consiglio nei casi di modifica delle maggioranze consiliari uscite dalle urne”, ma l’art. 141 “inquadra invece il caso delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri che, ove presentate contestualmente, si sostanziano nella chiara e legittima espressione di volontà di determinare la cessazione anticipata della consiliatura”. In questo secondo caso, “è statisticamente molto frequente la convergenza nella decisione di esponenti di opposti schieramenti consiliari”, quello che esattamente è successo a Benevento nel 2011, a Roma nel 2015 e ora a S.Agata, “giacché, a differenza della mozione di sfiducia, non è richiesta la formalizzazione di un preventivo comune giudizio politico”.
Giuseppe Di Gioia