Il coronavirus, l’aborto e i peccati contro la vita
Caro Direttore,
vorrei tornare nuovamente sulla questione importantissima del Coronavirus come castigo di Dio, non soltanto sotto il profilo spirituale, aspetto già analizzato nel precedente articolo, ma anche sotto il profilo sociale, collegando questa drammatica epidemia come castigo divino della diffusione su larga scala di peccati sociali gravissimi contro la vita come la legalizzazione dell’aborto in tantissimi Paesi e l’attacco virulento all’obiezione di coscienza, compreso naturalmente l’Italia.
Sorge in tal senso una domanda, che è al contempo una riflessione: Perché in questi giorni drammatici si pensa unicamente ai soggetti deceduti con il Coronavirus, mentre dei 42 milioni di bambini uccisi con l’aborto nel solo anno 2019 non si parla mai? Perché i Governi si impegnano a tutelare la salute pubblica con misure restrittive molto invasive delle libertà personali in drammatici periodi come questo, mentre non fanno nulla per aiutare le mamme a non fare questa drammatica scelta, che ha conseguenze gravissime sulla loro esistenza e non solo?
Alcuni mesi fa, sulla Nuova Bussola Quotidiana, è stato pubblicato un interessante articolo, nel quale si recita: “La prima causa di morte violenta al mondo, che appunto non sono i conflitti armati, ma è l’aborto volontario. Una pratica che lo scorso anno è costata la vita a 42.4 milioni di esseri umani, sempre secondoWorldometers: che non è, lo si ripete, un ente cattolico bensì un sito accessibile a chiunque, per la cui affidabilità ha ricevuto riconoscimenti, tra gli altri, dall’American Library Association e che vanta collaborazioni con la Bbc. Gli oltre 42 milioni di vittime rappresentano un numero enorme e superiore, per capirci, a quello di tutte le vittime civili e militari in Europa della Seconda Guerra Mondiale, quando il nostro continente era dilaniato da distruzione, bombe e lager.
Ne consegue come non ci siano davvero dubbi sul primato mortifero globale dell’aborto volontario, primato peraltro appurato ormai da tanti anni. Anche perché le altre cause di decesso sono, a livelli di classifica, molto distaccate dal momento che si parla, per il 2019, di 8.2 milioni di persone morte per cancro, di 1.7 milioni per Hiv e di 13 milioni per malattie. Tutte frontiere, beninteso, estremamente drammatiche e da contrastare il più possibile con il progresso medico, l’assistenza e gli investimenti necessari.
Viene tuttavia da chiedersi per quale ragione, nonostante i numeri agghiaccianti di cui sopra, dell’aborto si continui a non parlare come dell’emergenza planetaria che invece, dati alla mano, è. La sensazione è che dietro questo omertoso silenzio vi siano almeno due tipi di spiegazioni.
La prima, più generale e immediata, riguarda la natura intrinseca dell’atto abortivo che, nonostante tutte le pressioni culturali e mediatiche per normalizzarlo, viene tutt’oggi percepito dalla maggior parte delle persone come un atto immorale, ingiusto, tremendo. In una parola, ripugnante. Per questo si preferisce, d’istinto, evitare l’argomento.
Una seconda ragione per cui dell’aborto quale prima causa di morte al mondo non si parla – o, meglio, si evita deliberatamente di parlare – deriva dall’approccio che la cultura dominante ha, da decenni, sulla questione. Nello specifico, la strategia è la seguente: promuovere il «diritto» di abortire, ma non parlare mai dell’aborto in quanto tale, deviando sempre l’attenzione sui massimi sistemi: l’autodeterminazione, il Medioevo che ritorna, il patriarcato, eccetera”.
Infatti, mi ha indignato particolarmente, tenendo presente soprattutto il mio notevole impegno profuso in questi ultimi tre anni negli ospedali più abortisti del centro-sud per salvare il maggior numero di vite umane e, per chi cristiano, di ricevere il Santo Battesimo, la decisione scandalosa e gravissima di differire tutti gli interventi chirurgici per l’emergenza Coronavirus, fatta eccezione per le IVG, come è stato sottolineato in questo articolo di Fan Page: “Tutte le attività che possono aspettare vengono rinviate. Questo può riguardare interventi ortopedici (operazioni all’anca, al ginocchio o altro già in programma), interventi oculistici (per esempio quelli di cataratta), in alcuni casi anche pazienti oncologici, ma solo se gli interventi possono essere rimandati senza rischi. In caso contrario è garantito lo svolgimento dell’operazione come previsto. Differite in alcuni casi anche attività come vaccinazioni, prelievi del sangue, esami della vista per la patente, screening di primo livello. Per quanto riguarda le interruzioni volontarie di gravidanza, vengono fatte perché non sono differibili, quindi rientrano nelle urgenze. Si tratta comunque di un intervento in day hospital o farmacologico e che non comporta l’impiego di letti per la notte. L’aborto può essere rimandato di qualche giorno, ma deve essere fatto entro il limite previsto”.
Nell’analizzare questo articolo, vorrei porre tre riflessioni: Si puo’ definire uno Stato civile un Paese che, in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo, ritiene differibili interventi che riguardano pazienti oncologici, mentre gli aborti non sono differibili, in quanto l’uccisione di un essere innocente deve effettuarsi comunque, senza dare alcuna possibilità di ripensamento alla mamma, che potrebbe anche contrarre il Coronavirus in ospedale, come sta purtroppo avvenendo negli ospedali del Nord Italia, dove sono stati contagiati anche diversi medici ed infermieri?
Quale futuro ha un Paese come l’Italia che, invece di puntare sulla difesa della Vita dal concepimento alla morte naturale, continua ad uccidere i suoi figli in una situazione drammatica come questa, poi fingendo di tutelare la nostra salute, dopo aver tagliato 37 miliardi di euro nella sanità in questi ultimi anni, di cui paghiamo oggi le nefaste conseguenze, con ospedali al collasso senza macchinari e senza personale sanitario, mentre i nostri soldi vengono comunque utilizzati per finanziare gli aborti?
Come si puo’ pensare che Dio continuerà a tacere dinanzi a questo abominevole genocidio di innocenti, perpetrato nell’indifferenza generale da uno Stato ateo, massonico, scristianizzato, che ha dimenticato qualsiasi barlume di pietà e di umanità verso i piu’ deboli, in primis verso i bambini concepiti nel ventre delle loro madri?
Quanto sono profetiche pensando ai giorni tragici che stiamo vivendo reclusi nelle nostre abitazioni queste parole durissime ma veritiere del nostro amato San Pio sull’aborto: «Il giorno in cui gli uomini, spaventati dal, come si dice, boom economico, dai danni fisici o dai sacrifici economici, perderanno l’orrore dell’aborto, sarà un giorno terribile per l’umanità. Perché è proprio quello il giorno, in cui dovrebbero dimostrare di averne orrore». «L’aborto non è soltanto omicidio, ma pure suicidio. E con coloro che vediamo sull’orlo di commettere con un solo colpo l’uno e l’altro delitto, vogliamo avere il coraggio di mostrare la nostra fede? Vogliamo recuperarli sì o no?!». «Capiresti questo suicidio della razza umana, se, con l’occhio della ragione, vedessi “la bellezza e la gioia” della terra popolata di vecchi e spopolata di bambini: bruciata come un deserto. Se riflettessi, allora sì che capiresti la duplice gravità dell’aborto: con l’aborto si mutila sempre anche la vita dei genitori. Questi genitori vorrei cospargerli con le ceneri dei loro feti distrutti, per inchiodarli alle loro responsabilità e per negare ad essi la possibilità di appello alla propria ignoranza. I resti di un procurato aborto non vanno seppelliti con falsi riguardi e falsa pietà. Sarebbe un’abominevole ipocrisia. Quelle ceneri vanno sbattute sulle facce di bronzo dei genitori assassini. A lasciarli in buona fede mi sentirei coinvolto nei loro stessi delitti. Vedi, io non sono un santo, eppure non mi sento mai così vicino alla santità, come quando dico parole forse un po’ forti ma giuste e necessarie a quelli che commettono questo crimine. E sono sicuro di avere ottenuto l’approvazione di Dio per il mio rigore, proprio perché da Lui, dopo queste dolorose lotte contro il male, ottengo sempre, anzi mi sento imporre qualche quarto d’ora di meravigliosa calma. Il mio rigore, in quanto difende il sopraggiungere dei bambini del mondo, è sempre un atto di fede e di speranza nei nostri incontri con Dio sulla terra. Purtroppo, con il passare del tempo la battaglia diventa superiore alle nostre forze, ma deve essere combattuta ugualmente, perché dalla certezza della sconfitta sulla carta, la nostra battaglia attinge la garanzia della vera vittoria: quella della nuova terra e dei nuovi cieli».
Con stima
Gianluca Martone