25 marzo – “Dantedì”, che fregatura: incasina i giovanili cervelli
Il 25 marzo del 1300 fu il primo dei sette giorni di viaggio che Dante Alighieri fece (poeticamente, s’intende) attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Come gli specialisti siano arrivati a stabilire la data della partenza e come altri la contestino fissandola all’8 aprile, è possibile scoprirlo cliccando sul web e perciò salto questo punto. Ciò che, invece, mi preoccupa grandemente è l’iniziativa governativa di festeggiare ogni anno il “Dantedì”. Questo primo 25 marzo è stato… influenzato dal Covid-19 e perciò ha fatto poco rumore; il prossimo si prevede sarà scoppiettante assai.
Perché mi preoccupa questo “Dantedì”? Perché penso ai cattivi insegnamenti che ai nostri giovani virgulti il Sommo Poeta fa arrivare dai “secoli bui”, come gli illuminati definiscono il Medio Evo.
Mentre televisione e maestri di opinioni (maître à penser, mi pare definizione esagerata) insegnano le regole della civile convivenza, non possiamo seminare confusione e creare sbigottimento nelle vergini menti di socialdipendenti avvezzi all’uguaglianza, alla parità dei sessi, al rispetto degli orientamenti sessuali et caetera ecceterone.
Dante fu un maschilista, bacchettone, vendicativo e violento. Con quale coraggio lo si va a ripescare come modello? Per il fatto che fu un poeta? Può darsi pure, concediamolo (se l’ironia non traspare nemmeno qua, allora è meglio che cambi mestiere), ma scrisse in una lingua sconosciuta. L’italiano che si parla quotidianamente è tutt’altra cosa. A quel povero fiorentino – se fosse possibile riportarlo in vita – l’italiano d’oggi sembrerebbe una lingua barbara frammista di ok, on, off, enter e via nippoamericando. Mettiamoci una mano sulla coscienza e ammettiamolo: quanti sono in grado di comprendere le parole dantesche? Se non ci fossero le note a piè di pagina, benedette loro, chi capirebbe che «mirabilmente apparve esser travolto / ciascun tra ‘l mento e ‘l principio del casso; / ché dalle reni era tornato il volto, / ed in dietro venir li convenìa…» sono parole che raccontano la punizione degli indovini costretti a camminare con la testa rivolta all’indietro talché «…’l pianto delli occhi / le natiche bagnava per lo fesso»?
Le bolge infernali traboccano di fraudolenti, ruffiani, indovini e maliardi. Se dovessimo seguire la lezione dantesca, dovremmo cancellare la quasi totalità dei programmi tv, tappare la bocche a maghi e cartomanti, mettere una zappa in mano ai fattucchieri che ci strizzano l’occhio dalle pagine patinate. Ma lo sapete quanto vale in Italia il mercato dei fessacchiotti, pardon, dei maturi e responsabili cittadini? Soltanto per il settore dei “guaritori” si calcola un fatturato annuo di circa 8 miliardi di euro.
Vogliamo buttare nel cesso tutti questi soldi per andare appresso a un visionario di più di sette secoli fa? Ma siamo seri! I soldi so’ soldi. Per di più, getteremmo sul lastrico segretari, autisti, centraliniste, ghoswriter e tutto un comparto di fabbrichette di oggetti salvifici: corni, cornetti, medaglie, ampolle…
E i ruffiani? Qua la cosa si fa spinosa. La ruffianeria – in molti inconsapevole perché viene loro naturale – è diffusa in alto quanto in basso. Applicare le antiquate pene dantesche causerebbe una vera desertificazione, con la chiusura di giornali, emittenti tv, partiti, movimenti, sodalizi d’ogni genere… lasciamo stare; è meglio.
Mica finisce qua. Come la mettiamo con quelli che un tempo venivano indicati come “terzo sesso” e oggi sono LGBTQI (lesbian, gay, bisexual, transgender, queer, intersex)? Nelle bolge infernali i sodomiti (antiquato nonché offensivo termine) corrono su sabbia rovente sotto una pioggia di fuoco. E gli usurari? E i giudei?
Non si può. Sono troppe le controindicazioni. Meglio lasciarlo perdere questo cavolo di Dante. Le librerie traboccano di opere firmate da comici, calciatori, mezzi busti… libri facili da leggere perché scritti in una lingua elementare (a volte più di quella già terra-terra della tv).
E poi chi si crede di essere? Dante Alighieri! Bella roba. Uno squattrinato, costretto a scendere e salire le altrui scale e a vivere dell’altrui carità; brutto esempio per le giovani speranze d’Italia. Perfino un tronista sta meglio di questo sconclusionato (stava con i guelfi, sia pure neri, e fu bandito dal papa) che straparlava di angeli e demoni. Ma a chi vuol darla a bere? Adesso zitti e fermi: comincia il programma in tv e vediamo stavolta chi è stato scelto.
Giuseppe Spezzaferro
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