Il Pd al Movimento 5 Stelle: le alleanze e le solidarietà non si creano in un giorno
Quando la situazione a Palazzo Mosti diviene ingovernabile, Mastella, anche in assenza della sottoscrizione di una sfiducia nei suoi confronti (“se non vedo 19 firme contro di me”, aveva affermato in conferenza stampa il 4 gennaio, “io vado avanti”), decide di lasciare la carica di sindaco di Benevento: la mattina del 2 febbraio, domenica, convoca un funzionario del Comune presso la propria abitazione per consegnare le irrevocabili dimissioni da sindaco.
C’è da ritenere che, allora, facesse sul serio, poiché aveva calcolato i tempi per ripresentarsi ai cittadini contestualmente alle elezioni regionali, in programma a fine maggio. Aveva pure cominciato a fare la scelta delle persone affidabili, da candidare nelle liste espresse da lui.
Quando, però, ha saputo che non avrebbe avuto l’appoggio della Lega e di Fratelli d’Italia, indipendentemente dal fatto che il 48% degli intervistati da Antonio Noto lo avrebbe votato al primo turno senza che gli intervistati conoscessero ancora i suoi concorrenti, Mastella ha preferito non rischiare. Alle 22,30 del 21 febbraio, ha presentato, infatti, presso il Comando di Polizia Municipale, la revoca delle dimissioni, spiegandone le motivazioni ai cittadini, alle ore 13 del giorno successivo, a reti unificate, attraverso due emittenti locali.
Insomma, Mastella ha preferito far decantare la situazione politica, scegliendo di rimanere alla guida della città per un altro anno abbondante, maggioranza consiliare permettendo. Al momento, in una situazione rimasta ancora molto fluida, non è certo che Mastella disponga di una maggioranza, anche se è molto probabile che resti in sella, ritenendo ricevibile anche il voto del forzista Nanni Russo, poiché, a modesto avviso di chi scrive, a nessuno, tra quelli che lo hanno sostenuto finora, al netto di coloro che ne hanno già preso le distanze, conviene andare a casa con più di un anno di anticipo, senza avere la certezza di essere rieletto.
Il rimpasto di Mastella in giunta
Da abile manovriere, anche se non se ne conosce il proposito, Mastella la mattina del 24 febbraio ha provveduto anche a fare un rimpasto della sua giunta, inserendo tre assessori esterni al posto della forzista Anna Orlando, dimessasi prima che egli ponesse in essere la sua sceneggiata ma quando già l’aveva annunciata; al posto di Luigi De Nigris, dimessosi per solidarietà nei suoi confronti ma ben disposto a rientrare se il sindaco fosse ritornato sulle sue scelte e a ricandidarsi in caso contrario; e al posto, infine, di Felicita Delcogliano, cui il pomeriggio ha dato il benservito, speriamo nel senso originario del termine. Ma gli andò storta la manovra di aver fatto cadere, nel 2008, il governo Prodi, perché pensò che Berlusconi gli avrebbe steso un tappeto rosso per accoglierlo.
Sono entrati in giunta Raffaele Romano, un generale delle Fiamme Gialle in pensione, cui il sindaco ha affidato la delega all’Urbanistica, trasferendo il precedente titolare, Antonio Reale, all’Ambiente, una branca curata dal dimissionario De Nigris, e trattenendo per sé il Picus e il Bando Periferie; Carmen Coppola, una docente del Liceo Scientifico cui è stato affidata la delega al Personale, moglie di Gianfranco Ucci, vice sindaco nell’amministrazione di centro destra (2001-2006), concorrente di Mastella nel 2016; Maria Carmela Mignone, un avvocato che ha assunto la delega alle Attività Produttive, precedentemente detenuta da Oberdan Picucci, il quale si occuperà solo di Cultura, Spettacoli, Sistema Museale e altro.
Ma, appena rientrate le dimissioni del sindaco, è arrivata la mozione di sfiducia da parte delle due consigliere pentastellate, Marianna Farese e Anna Maria Mollica, una iniziativa non destinata ad avere successo. Vediamo perché. Per avere validità, ai fini di determinare la convocazione del Consiglio comunale, non tanto per mettere in minoranza il sindaco, ma quanto per costringere il primo cittadino a spiegare le ragioni per cui avere presentato le dimissione e quelle per cui, sebbene inderogabili, le aveva ritirare, avrebbero dovuto sottoscriverla i due quinti del consesso elettivo, cioè 13 consiglieri.
Sicché, quand’anche ci fosse stato l’apporto del Pd (6 consiglieri, compreso anche Di Dio), e quand’anche ci fosse stato pure l’apporto dei 4 pattisti, disposti peraltro a mettere in minoranza Mastella soltanto se questi dovesse allearsi con De Luca, un’alleanza ancora in via di decantazione, anche perché mancano due mesi alla presentazione delle liste, il totale dei sottoscrittori della mozione sarebbe arrivata a 12. Ci sarebbe dovuto essere almeno l’apporto del gruppo misto, composto dalla leghista Pina Pedà e dalla indipendente Delia Delli Carri. Se poi ci fosse stato l’apporto del gruppo “Cittadini protagonisti”, composto dal capogruppo Angelo Feleppa (eletto nella lista “Del Vecchio sindaco”, schierata nella coalizione di centro sinistra, passato poi in un gruppo mastelliano in cambio di una delega a Verde, e infine nell’Alleanza di centro di Francesco Pionati), da Anna Rita Russo e da Adriano Reale, si sarebbe potuto anche mandare a casa Mastella.
Ma questa è ancora fantapolitica, poiché si tratterebbe di mettere insieme forze molto eterogenee tra di loro e poiché nessun consigliere almeno nell’ambito della (ex) maggioranza mastelliana, come dicevamo, sarebbe disposto ad andare a casa anzitempo. A dire del sindaco, le due consigliere pentastellate, Anna Maria Mollica e Marianna Farese, avrebbero presentato la mozione di sfiducia, per favorire, numeri permettendo, lo scioglimento del Consiglio comunale, un passaggio, questo, necessario perché Marianna Farese potesse candidarsi al Consiglio regionale.
Mastella dice a Marianna Farese quel che dovrebbe dire a se stesso
Ma Mastella, che si era dimesso proprio per favorire lo scioglimento anticipato del consesso cittadino, avrebbe dovuto rivolgere contro se stesso ciò che ha indirizzato a Marianna Farese in una dichiarazione del 25 febbraio: “E’ davvero incredibile e vergognoso che, nel momento in cui sono tornato alla guida della città con umiltà, pazienza e determinazione per fronteggiare l’emergenza coronavirus (non ancora conclamata il 21 febbraio –ndr) e altri urgenti problemi, gli esponenti locali del Movimento 5 Stelle, a differenza di quanto accade a livello nazionale (dove è in atto un raffreddamento e contenimento dell’aspro conflitto che contrapponeva maggioranza e opposizione), presentino addirittura un’istanza di scioglimento del consiglio comunale con il conseguente rischio di paralisi Amministrativa. E lo è ancora di più se si considera che questa scelta deriva dal fatto che una politicamente insignificante consigliera comunale del Movimento 5 Stelle potrebbe candidarsi alle prossime elezioni regionali solo se si sciogliesse anzitempo il Consiglio comunale, anteponendo in questo modo gli interessi personali a quelli della città. Personalmente, invece, penso solo all’interesse dei cittadini e per questo motivo continuerò a lavorare sodo per il bene della città che, in questo drammatico momento, è chiamata ad affrontare con spirito di solidarietà non solo l’emergenza coronavirus ma anche le tante altre urgenti problematiche attualmente sul tappeto”.
Certamente, queste sono parole molto offensive, soprattutto se usate contro una donna, parole che saranno successivamente usate, con la stessa durezza e lo stesso tono, da capigruppo e consiglieri delegati della maggioranza (qualcuno, dopo aver plaudito alle dimissioni del sindaco, ha detto poi che il primo cittadino ha fatto bene a ritirarle), in una dichiarazione diffusa il 2 marzo: “E’ davvero irresponsabile che in un momento così drammatico per la nazione, la realtà campana e la città di Benevento un gruppo di persone corrose da una smodata ambizione personale faccia appello per sfiduciare il sindaco e l’amministrazione in carica. Mentre altrove c’è un raffreddamento dei contrasti tra maggioranza e opposizione (ecco, questo pappagallismo dà l’idea di quanto questi signori siano dei lustrascarpe del sindaco e di quanto manchino di fantasia nello scrivere – ndr) in conseguenza della pesantezza e drammaticità dell’emergenza del coronavirus che ha investito il paese, a Benevento invece si assumono atteggiamenti irresponsabili per puro spirito di protagonismo”.
“Evidentemente – fa rilevare Marianna Farese, nel rispondere al sindaco in una nota diffusa il 25 febbraio – dopo aver usato tutti gli epiteti possibili per la sua maggioranza (“lillipuziani”, “arruffoni”, “voltagabbani”, “succhiaruote”) non ha avuto il tempo di coniarne uno nuovo per me. Ma stia sereno sindaco, già sabato (22 febbraio, due giorni prima che venisse presentata la mozione di sfiducia – ndr), dopo il suo monologo a reti unificate, ho comunicato la mia incompatibilità per cui, a prescindere da ciò che accadrà d’ora in poi, il mio nome non sarà sulla scheda elettorale”. Certamente, però, “un attacco così scomposto sembra il ruggito di un leone ferito”, ammesso che Mastella sia un leone.
Il Pd, relegato all’opposizione dai cittadini di Benevento, vuole continuare ad esercitare questo ruolo, con fermezza
Intanto, il Pd, al termine della riunione congiunta, il 3 marzo, dei suoi organismi (direzione provinciale, coordinamento cittadino e gruppi consiliari nei maggiori enti) ha diffuso un documento, approvato all’unanimità, in cui ha fatto sapere di non essere disposto a reiterare l’iniziativa del gruppo pentastellato, dichiarata irricevibile, per deficit di firme, dal presidente del Consiglio comunale, Luigi De Minico.
Il Pd, infatti, è scritto nel suo documento, “ha mantenuto un profilo alto e coerente: alto perché non ha partecipato alle risse dichiarative tra gruppi che hanno animato il dibattito in Consiglio Provinciale e in quello della città capoluogo; coerente perché gli elettori hanno collocato il Pd all’opposizione dove continuerà a rappresentare l’Alternativa”, per rendere la quale “ampia, plurale, solidale e competitiva”, profonderà le migliori energie, esercitando “il vigile ruolo dell’opposizione, fino alla scadenza della consiliatura, “a prescindere dallo scenario politico nazionale”.
E’ necessaria, quindi “la costruzione di un <campo largo> in grado di coinvolgere tutti i partiti i movimenti e le associazioni che non si riconoscono nelle esperienze di governo cittadino e provinciale che stanno per concludersi”, esperienze che, “a partire del giugno 2016, hanno occupato, talvolta devastato, tutti gli Enti e le Società/Aziende che di questi ultimi sono diretta emanazione“.
Lo stesso <campo largo> viene proposto da Umberto Del Basso De Caro per le elezioni regionali, ma anche da Diego Ruggiero, che lo ha ribadito nel corso della riunione della direzione regionale del Pd, di cui è componente, un <campo largo>, che, a dire del segretario del circolo Pd di Airola, deve escludere Mastella, in ossequio all’orientamento della Federazione del Pd di Benevento, della cui direzione provinciale è pure componente, dove “nessuno sostiene un’alleanza Mastella-De Luca”.
Il deputato dem si augura che De Luca riesca a creare “una coalizione tra diversi”, considerato che “fare sintesi tra diversi è sempre complicato”. Del Basso De Caro riconosce a De Luca la capacità di fare una coalizione tra diversi, ma è convinto che bisogna creare un <campo largo> che consenta al Pd di “scendere in campo non solo con i 5 Stelle ma anche a fianco di De Magistris e Sinistra Italiana”, insomma “con tutte quelle forze antisovraniste”. Del Basso De Caro è convinto, altresì, del fatto che, essendo la Campania la seconda regione d’Italia, gli organi nazionali del Partito debbano essere coinvolti, lavorando parallelamente con quelli regionali, per costruire una coalizione del tipo di quella proposta da lui.
Sul piano locale, i 5 Stelle non avrebbero potuto aspettarsi la condivisione della loro iniziativa, peraltro unilaterale, da parte del Pd, dopo la dichiarazione della senatrice Danila De Lucia, pubblicata dal Mattino il 5 febbraio, quando, in seguito alle dimissione del sindaco, si pensava alle elezioni comunali anticipate nella città di Benevento, anche da parte del Pd, che il 18 febbraio ha incontrato, nella sua sede, “tutti i partiti/movimenti del progressismo e del riformismo italiano presenti su territorio (Articolo 1/Leu, Centro Democratico, Dema, Italia Viva, Psi, Più Europa, Sinistra Italiana, Verdi e Volt) in funzione del rinnovo di 9 consigli comunali in provincia di Benevento.
“E’ inoltre attivo un canale di comunicazione e attenzione reciproca con i 5 Stelle locali, opportunamente informati della riunione”, è scritto nel comunicato di convocazione della riunione medesima, quando la senatrice De Lucia aveva già reso la sua dichiarazione: “Un conto è collaborare al governo nazionale, dove tu fai una cosa e io un’altra, ma avere un’alleanza con il Pd ed eleggere un sindaco del Pd non ce la faccio. Sarebbe innaturale, non riuscirei neanche a chiedere il voto”.
“Le solidarietà politiche”, quindi, come giustamente ha osservato Del Basso De Caro al cospetto di chi lo intervistava subito dopo la riunione del 3 marzo, “non si possono invocare nelle ultime 24 ore, ma vanno costruite nel tempo. Il documento di questa sera farà chiarezza sul nostro ruolo: noi siamo e rimarremo all’opposizione” Infatti, il documento, dopo aver constatato che “non si conoscono le regioni delle dimissioni del sindaco e ancor meno la decisione di revocarle con motivazioni che suscitano ilarità”, nella parte finale ribadisce il concetto di Del Basso De Caro: “Consci che le alleanze e le solidarietà non si creano in un giorno ma si realizzano attraverso un impegnativo percorso pubblico, trasparente e credibile”, la direzione provinciale e il coordinamento cittadino del Pd sono convinti che “la condizione di Benevento merita un impegno eccezionale e una passione politica ben superiore alle risse da cortile o alle estemporanee iniziative”.
Nelle risse si sono distinti soprattutto i quattro consiglieri che, eletti in liste schierate nella coalizione di centro sinistra, sono poi passati nei gruppi di maggioranza. Si tratta di Luigi Scarinzi, di Marcellino Aversano, del nominato Angelo Feleppa e di Vincenzo Sguera. Quest’ultimo, rispetto al fatto di essere considerato un transfuga, ha precisato che la sua candidatura è avvenuta nelle file dell’Ncd, quando questo partitino era alleato del Pd. Quando, però, l’Ncd si è sciolto, egli, Sguera, si sarebbe sentito libero di scegliere la collocazione politica più consona ai suoi orientamenti, cioè Forza Italia, divenendone segretario cittadino, prima di costituire, insieme a Scarinzi, Luca Paglia e Aversano, il Patto civico, di cui è capogruppo.
I fatti non stanno proprio come li ha raccontati lui. Sguera, infatti, è stato eletto in una lista di centristi, denominata “Benevento Popolare”. Questa lista, oltre a Ncd, comprendeva, tra gli altri, anche persone di rilievo che avevano seguito il casiniano Gennaro Santamaria, dopo che questi, pervenuto ad una rottura, in sede locale, con Oberdan Picucci (un altro esponente dell’Udc), aveva fondato un’associazione, divenendo poi segretario particolare di Luca Galletti, nominato Ministro dell’Ambiente nei governi Renzi e Gentiloni, in quota Udc. Quella lista ottenne 2.137 voti, mentre lui, Sguera, unico eletto, conseguì 547 preferenze, la terza parte, grosso modo, dei voti richiesti per totalizzare un quoziente in una lista che, schierata in una coalizione perdente, è penalizzata dal premio di maggioranza, attribuito alla coalizione vincente. Ma, ora che Santamaria, non più collocato nel centro sinistra dopo la perdita di quell’incarico, è passato alla corte di Mastella, lì da dove era venuto, assumendo la direzione degli affari generali e della polizia municipale del Comune di Benevento, anche per continuare a beneficiare del distacco dal posto di lavoro (l’Inps), Sguera può dire di avere la copertura politica dei candidati espressi da Santamaria in quella lista.
Dopo quattro anni, Mastella ritiene incompatibile l’attività professionale di Delia Delli Carri con il suo ruolo di consigliere comunale. Altrabenevento denuncia la coincidenza della incompatibilità con la interrogazione presentata dalla Delli Carri
Ora, è stato convocato il Consiglio comunale per il 10 marzo. Ma si discuterà di question time. All’ordine del giorno vi è una interrogazione che, presentata da Scarinzi, riguarda il Palaferrara, in via Adua.
Ma vi è anche una interrogazione presentata da Delia Delli Carri, la consigliera comunale che, eletta nella “Lista Mastella”, ne ha preso poi le distante, quando si è accorta che, nella maggioranza, era considerata un numero, un utile idiota.
L’interrogazione della Delli Carri riguarda l’abbattimento della ex sede dell’Inps per far posto alla costruzione di un immobile, destinato a un centro commerciale di 5.000 metri quadrati, ad uffici e ad appartamenti. La società avellinese CARBET srl – denuncia ancora una volta Altrabenevento – ha acquistato la ex sede dell’Inps, dalla società INVESTIRE SGR SpA, “per soli due milioni e centomila euro”, mentre l’immobile era stato “offerto in precedenza alla ASL per cinque milioni di euro”. L’amministrazione Mastella “ha già autorizzato questo ennesimo scempio, nonostante le numerose difformità al piano commerciale, al piano urbanistico e a quello della mobilità”. Ma non tutti i cittadini sanno che il Ministro berlusconiano dell’Economia, Giulio Tremonti, per fare cassa a modo suo, da grande economista, vendette tutte le sedi di proprietà dell’Inps a privati, costringendo l’ente previdenziale a pagare il fitto ai nuovi proprietari, i quali dopo pochi anni sono rientrati nel capitale investito. Perciò, ora, gli uffici dell’Inps di Benevento si trovano nel palazzo della ex Enpdap, in via Martiri D’Ungheria.
Altrabenevento, nella nota del 6 marzo, fa capire che l’interrogazione della Delli Carri avrebbe attivato la notifica, da parte della segretaria generale del Comune di Benevento, relativa alla pretesa incompatibilità tra l’attività professionale della Delli Carri medesima (coordinatrice di un progetto e responsabile di una comunità alloggio per minori da dipendente di una cooperativa) ed il suo ruolo di consigliera comunale.
Dal canto suo, la Delli Carri fa rilevare, nella nota diffusa il 5 marzo: E’ paradossale che questa presunta incompatibilità, che persisterebbe dal primo giorno del mio mandato comunale, esca fuori durante le battute finali di questa amministrazione”. Infatti, riflette: “Dopo 4 anni cosa è cambiato? Nel mio lavoro nulla”. Ma lo strano poi è che “il procedimento è stato avviato il giorno 24 febbraio, un singolare primo atto del (traballante) Mastella 2”.
Ma lei è tranquilla: “Non ho timori per me, la mia posizione è chiara e il mio ruolo pienamente legittimo”. Evidentemente, chi le dovrebbe succedere, nella “Lista Mastella”, Nazzareno Fiorenza, anche se “si era allontanato dai lidi mastelliani”, scrive il Mattino, dovrebbe dare qualche certezza a Mastella nel rimanere in sella, in quanto, se è vero quello che scrive Delli Carri, “in Consiglio comunale è venuta meno la maggioranza”.
Il banco di prova sarà il voto sul bilancio, soprattutto quello di previsione, che richiede la maggioranza qualificata di 17 voti, mentre, per approvare quello consuntivo, basta la maggioranza dei presenti. Del Basso De Caro ha anticipato il voto contrario del Pd.
Giuseppe Di Gioia