Ceniccola: ai tempi di Bettino Craxi l’Italia era la quinta potenza industriale del mondo
Il dott. Amedeo Ceniccola, presidente del Circolo Craxi di Benevento, indirizza a Marco Travaglio e Andrea Scanzi una vibrata “lettera aperta” contestando quanto scritto sul portale InfoSannio in merito all’azione politica dell’ex segretario politico del Psi e Presidente del Consiglio negli anni ’80. Pubblichiamo volentieri il testo della nota del dott. Ceniccola, profondamente convinti che sia forse giunto il tempo di rivalutare la figura politica di Bettino Craxi, unico capro espiatorio della cosiddetta prima repubblica.
“Scrivo a caldo dopo aver letto l’articolo di Andrea Scanzi: “La farsa della rivalutazione Craxiana” pubblicato oggi su Infosannio in cui si fa scempio della vicenda politica di quel grande statista, di quel grande socialista che diede un contributo significativo alla difesa dell’Occidente, al consolidamento della pace ed allo sviluppo economico e civile del Paese che risponde al nome di Bettino Craxi e dove si riporta anche quanto da Lei scritto: “Durante i quattro anni del suo governo (1983-87) il debito pubblico passò da 400 mila a 1 milione di miliardi di lire e il rapporto debito-Pil dal 70 al 92%, di pari passo con l’impazzimento della spesa pubblica e dell’abusivismo selvaggio (anche grazie al suo mega-condono edilizio)”
D’impeto mi è venuta voglia di mandarla a quel paese assieme al dott. Andrea Scalzi. Ma è stata solo la tentazione di un momento. Subito dopo ho pensato a quello che mi hanno sempre insegnato: la politica non si fa con i risentimenti. E per far parlare i fatti che devono segnare e caratterizzare il giudizio su Bettino Craxi vale la pena ricordare che dal dopoguerra fino al crollo del muro di Berlino il 99% delle leggi di spesa che hanno portato il debito pubblico a livelli impressionanti ed allarmanti sono state approvate in Aula e/o in Commissione sempre con il voto favorevole o con l’astensione contrattata della DC e del PCI (che negli anni 70-80 raccoglievano circa il 70% dei voti) e vale la pena ricordare a chi lo avesse dimenticato che quando nell’agosto del 1983 il primo Governo Craxi iniziò ad operare, la situazione e le prospettive dell’economia italiana apparivano a molti osservatori già estremamente gravi. I deficit di bilancio superavano 50.000 miliardi di lire. La produzione industriale era crollata del 7%. Le quotazioni azionarie crollavano, al punto che, solo pochi mesi prima, si era stati costretti ad un intervento assolutamente eccezionale: la sospensione per tre giorni dell’attività di Borsa per evitare un vero e proprio tracollo. Inoltre, è vale la pena ricordare quello che scriveva l’on. Luigi Spaventa nel settembre 1984 e la Banca Centrale nell’analizzare l’indebitamento pubblico in Italia: “…A partire dalla metà degli anni sessanta il debito pubblico ha mostrato una tendenza alla crescita; questa tendenza è accresciuta negli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta” quando, cioè, in Italia imperava il cosiddetto consociativismo catto-comunista.
Infine, per chiarire in modo inequivocabile quale è stato il ruolo svolto da Craxi sull’economia del Paese vale la pena riportare qualche stralcio delle considerazioni finali del Governatore Carlo Azeglio Ciampi alla 93° assemblea della Banca d’Italia (che nessuno può sospettare di essere un craxiano): “…Nel 1986 si sono concentrati i frutti di una azione tenace e di tendenze positive come non era più avvenuto da quando la prima crisi petrolifera, unendosi a squilibri interni, serrò l’economia italiana nelle strette dell’inflazione e ne minò la possibilità di sviluppo. La produzione e soprattutto la domanda interna hanno accelerato la crescita al 2,6% dell’una, al 3,2% dell’altra; il fabbisogno statale è stato contenuto entro i 110 mila miliardi, al netto degli interessi e delle regolazioni di debiti pregressi è sceso da 47.000 a 36.000 miliardi di lire. Soprattutto, l’inflazione è stata piegata. Quei progressi sono stati il risultato ultimo dell’azione del Governo, che si oppose alla deriva a cui, all’inizio degli Anni ’80, i prezzi e il sistema produttivo stavano abbandonandosi e che affrontò le cause interne dell’inflazione. L’economia italiana è stata sottratta a squilibri irreparabili. L’ampliarsi del disavanzo pubblico veniva contrastato, la politica delle tariffe e dei prezzi amministrati cercava di contemperare le esigenze allocative e distributive con quella di non alimentare l’inflazione”.
Infine, per dare a tutti i lettori la possibilità di conoscere, una volta per tutte, come sono andate le cose nella tanto vituperata prima Repubblica, non può essere sottaciuto che alla fine di quella azione di governo messa in atto dal Presidente Craxi, le maggiori società di rating internazionali attribuirono al nostro Paese la valutazione massima, la cosiddetta tripla A. Questa posizione non è stata mai più riconquista (anzi, siamo scivolati in serie C). Lo sviluppo era stato del 3%, il tasso di inflazione era sceso dal 16% al 4%, la conflittualità ridotta al minimo. L’Italia era diventata la quinta potenza industriale del mondo. Poi è scoppiata la cosiddetta rivoluzione di “Mani Pulite”, il presidente Craxi è stato costretto a scappare in Tunisia per salvare la pelle, il Presidente Andreotti è stato fatto fuori facendolo apparire come “quello che baciava in bocca ai mafiosi” e l’Italia… è diventata una barzelletta internazionale e un gustoso boccone da mangiare senza spendere troppo.
Ai posteri l’ardua sentenza!”
Amedeo Ceniccola
Presidente Circolo “B. Craxi”- Benevento
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